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Ginevra, ombelico del mondo?

Grande attesa per il primo incontro tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, a Ginevra. Ma cosa bisogna aspettarsi?


Riccardo Bagnato
Riccardo Bagnato
Ginevra, ombelico del mondo?
• 14 Giugno 2021 – Riccardo Bagnato
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Fili spinati, zone rosse, transenne e tanta tanta polizia. La villa «La Grange» dove si terrà il primo incontro fra Biden e Putin il 16 giugno prossimo, al centro del parco di Eaux-Vives di Ginevra e a due passi dal famoso jet d’eau, si presenta così: più che una villa in un parco, un bunker di lusso. A tal punto che il consiglio di Stato ginevrino ha invitato la popolazione a non uscire se non necessario. Quasi fossimo improvvisamente e di nuovo in piena pandemia, per dire.

Un evento che la maggior parte dei commentatori ha paragonato a quello del 1985 tenutosi a Ginevra fra l’allora presidente statunitense, Ronald Reagan, e il suo omonimo russo, Michail Gorbačëv. Che tutti, Svizzera in prima fila, hanno voluto addobbare di superlativi e caricare di significati per lo più simbolici.

Ma a guardarci bene, qualcosa non quadra. Da quel 1985 il mondo è cambiato. La cosiddetta «guerra fredda» è finita più volte. E le superpotenze non sono più due e non solo quelle due.
La prima impressione, dunque, è che tanto cancan mediatico e politico sia il risultato di una qualche miopia a uno scopo preciso. In altri termini, il revival dei due presidenti nella Ginevra internazionale giova a questo – direbbero i romandi – à remettre l’église au centre du village, a rimettere la chiesa al centro del villaggio. Come a ribadire chi governa il mondo : gli USA, la Russia (con la benedizione dell’ONU che li guarda dall’altra parte del lago). Peccato che il mondo è cambiato (l’ho già detto?) ; non siamo in guerra fredda, e là, in fondo a quello che chiamiamo Oriente, c’è un paese che ha dato del filo da torcere a entrambi i presunti keymaker principali fino a destabilizzarli se non a detronizzarli e negli ultimi 20 anni. Ovviamente parliamo della Cina.

Eppure, la narrazione che vuole Stati Uniti e Russia incontrarsi per la prima volta dopo la elezione di Joe Biden proprio qui e proprio ora fa gioco a molti. Fa bene alla Russia (da anni stretta in questo braccio di ferro fra Pechino e Washington), fa bene all’Unione europea (super-alleati degli Stati Uniti e con un dossier Ucraina e Bielorussia da risolvere), e fa bene all’ONU (reduce da cinque anni di attacchi da parte di Donald Trump). E poi fa benissimo alla Svizzera. Ginevra è contenta, e Berna esulta. A qualche settimana dalla rottura dei negoziati con Bruxelles sull’accordo-quadro era quello che ci voleva. Rimettere la chiesa al centro del villaggio. E se il villaggio si trova sulle rive del Lemano tanto di guadagnato. Poco importa poi se le cose non stiano esattamente così. L’importante è trarne beneficio. La Svizzera che ha rotto con l’Unione europea, la Svizzera che non ha seguito gli altri paesi nelle sanzioni contro la Russia, la Svizzera che incontrerà Biden due volte, martedì e mercoledì, è il luogo simbolico ideale per riproporre un mondo che non c’è più ma che rassicura tutti. Tutti tranne la Cina, s’intende. Ma avete mai visto Pechino inquietarsi per così poco? No, e allora: che il summit possa iniziare e che tutti possano godere della luce riflessa dallo spettacolo offerto.

Purtroppo, ecco la seconda delusione. Non solo si tratta di un prodotto con una data di scadenza stampata sopra (che però si può addirittura ri-piazzare sugli scaffali del mercato globale), ma persino nei contenuti, sfugge di cosa, di quale dossier esatto, e con quali eventuali dichiarazioni altisonanti si possa parlare a summit terminato.

Lo ammetto, in parte sarà pure colpa del sottoscritto che non li ha colti, ma non è davvero chiaro cosa ci sia sul tavolo, oltre al simbolo. Ok, direte: c’è la questione nucleare, ovvero  l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, accordo saltato dopo l’uscita di Washington a guida Trump. C’è poi il trattato New START sulla riduzione delle armi nucleari firmato da Stati Uniti e Russia a Praga nel 2010 che scade nel 2026 (dopo l’ultima e recente estensione) anche se tutto ciò fa tanto «guerra fredda». C’è la questione dell’anno, la pandemia, e relativo impegno per la vaccinazione mondiale, argomento però già affrontato al G7 in Cornovaglia a suon di miliardi di dosi. Ci sono poi questioni più regionali, ma non per questo meno spinose: la Siria (e relativo rapporto con Israele per gli Stati Uniti), la Corea del Nord, dimenticata per qualche tempo ma sempre lì a fare capolino con un redivivo e dimagrito Kim Jong Lu, orfano del suo contraltare Donald Trump. C’è la questione che interessa Bruxelles ma soprattutto Berlino, la costruzione del gasdotto North Stream 2, ora in acque danesi e che dovrebbe rifornire di energia l’Europa.
Se vogliamo credere alle dichiarazioni di Joe Biden, c’è la questione dei diritti umani. Qualcuno, però, durante il colloquio, potrebbe bisbigliare all’orecchio di Biden un non poco giustificato «Da che pulpito…».

Ci sono poi questioni personali da redimere: «caro Joe, sono davvero un assassino secondo te?» potrebbe chiedere Putin a Biden, dopo le dichiarazioni del presidente statunitense in una recente intervista. Biden potrebbe rispondere sbattendo i pugni sul tavolo e chiedendo di smetterla con i continui attacchi informatici contro le infrastrutture americane – a detta di Washington – condotti da Mosca. E potrebbe insistere per vedere estradato l’esperto di Internet e uomo d’affari russo, Vladislav Klyushin, detenuto in Svizzera da due mesi (ma la notizia è uscita solo lo scorso 3 giugno, guarda un po’), accusato di insider trading e cioè di essere entrato in possesso di informazioni riservate sul mercato azionario.
C’e’ infine chi parla anche di uno scambio di spie che potrebbe andare in scena a Ginevra. Roba anche questa da guerra fredda, tanto per aggiungere qualche spennellata anni 80, mi sa.

Ma alla fine, abbiamo il forte sospetto che si parlerà soprattutto di altro. E cioè di chi a quel tavolo non c’è: la Cina. Un problema per entrambi, ma per diversi motivi. Un problema economico, geopolitico e finanziario di prim’ordine. E così, il vertice fra Biden e Putin a Ginevra, invece che diventare il remake di un film già visto e che molti media e governi stanno cercando di proiettare sugli schermi dell’opinione pubblica mondiale, sarà un incontro fra avversari che hanno un problema in comune. E la morale che ne potrebbe uscire alla fine potrebbe essere una sola: il nemico del mio nemico è mio amico.






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