Contro la democrazia diretta?
Dopo l'esito della votazione sulla nuova Legge di polizia per la lotta al terrorismo
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Dopo l'esito della votazione sulla nuova Legge di polizia per la lotta al terrorismo
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• – Marco Züblin
Dopo l'esito della votazione sulla nuova Legge di polizia per la lotta al terrorismo
Non parlo dei temi di politica economico-agraria e di sostenibilità ambientale, anche se ho il sospetto che la gente sia stata preoccupata più dai loro privatissimi finemese che non dalla fine del nostro povero mondo per collasso da inquinamento; il meccanismo è quello, banale e umano, secondo cui l’interesse che portiamo al futuro di cose e di persone è inversamente proporzionale alla distanza (fisica, affettiva, temporale) che ci separa da loro. Comunque, mi consola sapere che il mondo e la natura sopravviveranno alla nostra specie, a dispetto di tutto l’impegno che mettiamo a oltraggiarli e a distruggerli, e che la nostra presenza sul pianeta non sarà che una piccola e isterica parentesi in un tempo infinito.
Mi riferisco invece alla legge che conferisce poteri alla polizia in caso di sospetti di “attività terroristiche”. Da queste spiagge abbiamo detto, in molti e chiaramente, come questa legge sia giuridicamente assurda, inutile e potenzialmente antidemocratica, non solo perché punisce anche i ragazzini di dodici anni ma anche perché sostituisce al tribunale penale il giudizio poliziesco; e quanto è la polizia ad amministrare la giustizia siamo molto mal messi, non soltanto perché la garanzia offerta dalla separazione dei poteri è cosa fondamentale in un sistema che non si vuole autoritario. Come sopra, qui i borghesi benpensanti hanno “pensato” che la legge non li toccherà mai, né loro né i loro discendenti; vedremo che opinione avranno quando, e se, invece gli capiterà. Non hanno invece né sentito, né (se l’avessero sentita) capito, l’argomentazione giuridica. Mi auguro che, alla prima applicazione, la Corte dei diritti dell’uomo darà una bella svegliata alla Svizzera, ricordandole principi democratici fondamentali che abbiamo a lungo praticato e che dimentichiamo troppo facilmente.
I pifferai che ora gongolano a reti unificate, parlando di pragmatismo e di valori elvetici, sono coloro che vivono “intercettando” le pulsioni più basse e irragionevoli della popolazione, facendosene portavoce (anzi megafono) e quindi vincendo tutte le volte in cui si va a votare. Come nella fenomenologia di Mike Bongiorno di Umberto buonanima, la gente li segue perché li riconosce, e si riconosce in loro, addirittura riuscendo a guardarli con un minimo di superiore condiscendenza (chi non ha avuto un moto di umana compassione per il povero Chiesa, in abito nuziale e con tono tra il puerile e il pretesco, a ricuocerci la solita vecchia e ipocrita zuppa?).
La democrazia diretta in un mondo globalizzato e complesso è uno strumento che deve essere esaminato con lucidità, e riorganizzato; le proposte di legge e le conseguenze di un voto sono tante e spesso gravi, e occorre avere gli strumenti intellettuali e culturali per capirle. Uno non vale uno, o almeno non lo vale nella maggioranza dei casi. I pifferai di cui sopra usano, con quella rozzezza che ci aspettiamo da loro, gli strumenti facili della demagogia, con la certezza del risultato vista la qualità dell’humus popolare in cui seminano i loro argomenti di grado zero. La politica è comunque altra cosa dalla capacità di ascoltare; è soprattutto capacità di avere proposte che aprano la mente, cioè avere qualcosa di nuovo da dire ed essere capaci di educare le persone ad ascoltare, e a capire le proposte. Non chiediamo questo nobile esercizio a coloro che ci sorridono oggi dal video o dalle pagine dei giornali.
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