Di Giorgia Audiello, L’Indipendente
Con la riconquista della Camera da parte dei repubblicani, tornano in primo piano i presunti scandali legati alla famiglia del presidente americano, Joe Biden, e in particolare al figlio, Hunter Biden in Ucraina, già emersi durante l’ultima campagna elettorale e insabbiati da buona parte degli esponenti del Partito democratico: mentre, infatti, l’ex presidente Donald Trump era stato sottoposto a impeachment con l’accusa di avere esercitato pressioni sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky per ottenere informazioni circa gli affari di Hunter Biden all’estero, non è mai stata presa in considerazione l’idea di svolgere indagini approfondite sugli evidenti conflitti d’interesse del secondogenito dell’attuale presidente americano.
I repubblicani hanno, dunque, deciso che il prossimo Congresso dovrà avere come priorità quella di indagare il presidente, Joe Biden, e la sua famiglia, con l’intento di stabilire un collegamento tra le attività del figlio Hunter e il suo ruolo di vicepresidente, prima, o di presidente, adesso. «Voglio essere chiaro: questa è un’indagine su Joe Biden, ed è su questo che si concentrerà il comitato nel prossimo Congresso», ha dichiarato il futuro presidente del Comitato di supervisione James Comer. I democratici sono già pronti a dare battaglia e hanno iniziato a fare circolare una nota su Comer, definendolo un «teorico della cospirazione, adulatore di Trump, comprovato bugiardo».
La vicenda, piuttosto intricata, degli affari di Hunter in Ucraina comincia col ritrovamento del suo portatile – poi mai ritirato – presso un centro di riparazione nel Delaware: tra le tante informazioni e immagini shock trovate al suo interno, sono emerse delle conversazioni e-mail che evidenziano attività illecite di pressione politica in Ucraina, sfruttando il ruolo istituzionale del padre Joe. La notizia fu inizialmente bollata come “propaganda russa” dall’intero coro mediatico mainstream, ma fu infine confermata dal New York Times, il quale in un articolo scrisse che le e-mail estratte dal portatile «sono state autenticate da persone al corrente dell’indagine».
L’avvocato, imprenditore e lobbista statunitense, Hunter Biden, tra il 2014 e il 2019 era stato membro del Consiglio di amministrazione di Burisma Holding, azienda energetica che opera in Ucraina, con il compito di «occuparsi delle questioni legali e offrire supporto alla società nei rapporti con organizzazioni internazionali», per uno stipendio mensile di 50.000 dollari. All’epoca dei fatti, Joe Biden era vicepresidente dell’amministrazione Obama e, a quanto si apprende dalle e-mail, Hunter avrebbe presentato suo padre all’alto dirigente di Burisma, Vadym Pozharskyi: «Caro Hunter, grazie per avermi invitato a Washington e di avermi dato la possibilità di conoscere tuo padre», ha scritto il 17 aprile 2015 Pozharskyi al figlio di Joe Biden.
Precedentemente, in una e-mail datata 12 maggio 2014, era già emersa la richiesta del dirigente di Burisma ad Hunter di sfruttare la sua influenza a favore dell’azienda: «Necessitiamo urgentemente di una tua opinione per come potresti usare la tua influenza», si legge nella mail. L’allora governo ucraino, infatti, aveva richiesto alla società la documentazione concernente le licenza concesse a Burisma e quest’ultima era preoccupata che potesse mettere in pericolo gli affari energetici della compagnia.
Similmente, durante il governo di Petro Poroshenko, il procuratore generale ucraino, Viktor Shokin – attivo tra il febbraio 2015 e il marzo 2016 – stava portando avanti un’indagine nei confronti dell’azienda energetica, accusata di corruzione. Joe Biden avrebbe quindi minacciato Poroshenko di non far emettere dal Governo federale un pacchetto di aiuti da un miliardo di dollari destinato a Kiev nel caso in cui il procuratore non fosse stato immediatamente licenziato, cosa che poi avvenne. La vicenda, è ancora ora definita su Wikipedia come “teoria del complotto”, ma è stata confermata dallo stesso Biden che, durante un discorso al Council on Foreign Relations del gennaio 2018, relativamente alla vicenda avrebbe affermato: «Li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi. Beh, figlio di puttana. È stato licenziato». Il tutto mentre il procuratore indagava sull’azienda nel Cda della quale sedeva anche il figlio dell’allora vicepresidente.
Ma gli affari di Biden Junior in Ucraina non si limitano solo al settore energetico. Sembrano, infatti, confermate anche le accuse russe relative al finanziamento di laboratori di armi batteriologiche in Ucraina da parte del suo fondo d’investimento Rosemont Seneca. Le accuse di Mosca troverebbero conferma sempre nelle e-mail contenute nel laptop portato in riparazione e poi sequestrato dall’FBI: da queste, emerge il progetto per garantire milioni di dollari di finanziamenti a Metabiota, un’azienda californiana appaltatrice del Pentagono, specializzata nella ricerca su malattie che causano pandemie da utilizzare come armi. Dalle mail risulta che Hunter presentò Metabiota a Burisma, per un “progetto scientifico” relativo a laboratori di biosicurezza in Ucraina. Il vicepresidente di Metabiota, in un’e-mail inviata a Hunter, nel 2014 evocava progetti per «affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia».
Le mail sono state pubblicate prima dal New York Post (NYP) – lo stesso quotidiano che aveva divulgato per primo la notizia del laptop di Hunter Biden – sia dal Daily Mail. Secondo quanto scritto dal NYP, che ha potuto visionare le mail, «Rosemont Seneca Technology Partners ha investito 500.000 dollari nella società di ricerca sui patogeni di San Francisco Metabiota e ne ha raccolti altri milioni attraverso aziende che includevano Goldman Sachs».
Mosca ha accusato esplicitamente gli USA e, in particolare, la famiglia Biden, di finanziare laboratori biologici in Ucraina. Il portavoce della Duma di stato russa, Vyacheslav Volodin, ha affermato che «Lo stesso presidente degli Stati Uniti Joe Biden è coinvolto nella creazione di laboratori biologici in Ucraina». «Un fondo di investimento gestito da suo figlio Hunter Biden ha finanziato la ricerca e l’attuazione del programma biologico militare degli Stati Uniti. È ovvio che Joe Biden, in quanto suo padre e Capo di stato, era a conoscenza di tale attività», ha proseguito Volodin.
Conferme sul coinvolgimento USA nei biolaboratori in Ucraina arrivano anche dalla vicepresidente di Metabiota, Mary Guttieri che, sempre in base a quanto rivelato dal NYP, avrebbe scritto a Hunter in merito a questioni geopolitiche che coinvolgono la ricerca dell’azienda nell’ex repubblica sovietica nell’aprile 2014: «Come promesso, ho preparato la nota allegata, che fornisce una panoramica di Metabiota, del nostro impegno in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e i nostri concetti per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la continua integrazione in Società occidentale».
Con la riconquista della Camera da parte dei repubblicani, tutti i fascicoli scomodi a carico della famiglia Biden potrebbero essere riaperti. I membri repubblicani del Comitato di supervisione, infatti, pochi giorni fa hanno inviato lettere al Dipartimento del Tesoro, agli Archivi nazionali e all’FBI, tra gli altri, chiedendo la documentazione in loro possesso sulla famiglia Biden. I repubblicani ritengono che l’attuale presidente abbia ingannato i suoi elettori quando durante la campagna elettorale del 2020 aveva sostenuto di non essere a conoscenza delle attività del figlio e che continui tuttora a mentire. Eventuali indagini approfondite sugli affari esteri della famiglia Biden avrebbero ripercussioni sia sugli equilibri politici interni americani che sulla politica estera. Da un lato, infatti, potrebbero non solo comportare danni a livello d’immagine al Presidente, ma anche l’eventuale richiesta di impeachment; dall’altro la vicenda contribuirebbe a mettere in evidenza gli enormi interessi americani in Ucraina che hanno destabilizzato la regione e fomentato in larga parte l’attuale conflitto. Si tratta, dunque, di una questione della massima rilevanza, i cui sviluppi sono ora nelle mani dei repubblicani alla Camera.
Nell’immagine: i due Biden