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Il conflitto fra la bellezza e l’idealismo dello sport e chi lo gestisce per tornaconto personale, anche per nascondere crimini efferati, l’abbiamo vissuto più volte negli ultimi 50 anni, in modo estremo – molto più estremo di quello che viviamo in questi giorni a poche ore dai Mondiali del Qatar – nel 1978 in Argentina.

Narrano i pochi sopravvissuti alle torture fatte in un capannone di Buenos Aires a 600 metri dallo stadio principale, che alla vittoria degli ‘albiceleste’ per 3 a 1 sull’Olanda priva di Cruyff (aveva ricevuto minacce di morte) i torturati esplosero in  un selvaggio grido di liberazione. Il generale Jorge Videla, che aveva ordinato di torturarli a cicli di 4 ore, era seduto trionfante in tribuna d’onore, accanto a Massera e Agosti, gli altri membri della Giunta militare. Subito dopo i detenuti sarebbero stati caricati su elicotteri e buttati a mare, cibo per i pescecani.

I generali, che volevano assolutamente la vittoria argentina per consolidare il loro  potere, raggiunsero lo scopo attraverso truffe e minacce: dopo lo 0 a 0 con il Brasile, l’Argentina aveva bisogno di 4 reti per andare in finale: ci andò al termine di una serie di gravi scorrettezze: in primo luogo la sua partita contro il Perù invece di essere concomitante con quella del Brasile, fu spostata di 3 ore, per conoscere il risultato dell’avversario diretto.

Nello spogliatoio dei peruviani entrarono Videla e il segretario di Stato americano Kissinger: «cari peruviani, siamo qui per ricordarvi la grande amicizia che lega i nostri Paesi». Un avviso di stampo mafioso, come quello mandato da Kissinger ad Allende: «se continua così potrebbe accaderle qualcosa di spiacevole».

Il portiere peruviano Quiroga, argentino di nascita, fu battuto 6 volte. Ma, come rivelò nel 2018 José Velasquez al quotidiano peruviano “Trome”, non fu il solo ad essere stato nutrito con la ‘marmelada peruviana’, secondo la definizione dei brasiliani, ‘cornuti e mazziati’. Sei giocatori erano stati pagati per perdere. Velasquez non era fra questi: fu sostituito nella ripresa perché giocava onestamente la sua partita.

Il Qatar della famiglia Al Thani, legata a doppio filo alla Patria di Blatter e Infantino, la nostra, ne ha fatte di tutti i colori, arrivando a pagare sino a 1 milione di dollari a voto attraverso l’agenzia di marketing argentina ‘Torneos y Competencias’ di Alejandro Buzanco, come rivelato sotto giuramento a New York dallo stesso titolare, Buzanco;  trattando gli operai – privati di passaporto e alloggiati in misere baracche, pagati 300 dollari al mese per 10 ore al giorno – come bestie.

Punire il principe qatariota impedendo alle squadre qualificate, ai loro giocatori, il sogno di una vita, che per molti non si realizzerà mai più?

Sarebbe stato un gesto forte: la Svizzera alta e pura, paladina dei diritti umani resta a casa per protesta. Punto.

Andando avanti con questa logica, i nostri figli vanno ritirati dalle scuole-calcio giovanili. Iscrivetevi a un club di paddle, sport alla moda, altro che inseguire il sogno di diventare un Ronaldo, un Messi, e se il papà ricorda i vecchi tempi, un Pelé, un Maradona. Maradona? Come si può invitare il piccino a diventare un Maradona  se diamo un’occhiata, anche solo distratta, all’uomo che ha impiegato 20 anni a riconoscere un suo figlio napoletano? Che passava il lunedì e il martedì dopo la partita nei bordelli del camorrista Giuliano consumando droga?

Eccoci di nuovo al punto di partenza: l’arte sublime di Maradona non corrisponde alla sua statura umana, come la sublime arte poetica di Ezra Pound e D’Annunzio, ammiratori di Mussolini e Hitler, è del tutto estranea alle loro prese di posizione ‘politiche’.

A questo dolorosissimo conflitto, nessuno, ha dato una spiegazione convincente.

Un conflitto che ho vissuto sulla mia pelle a Monaco di Baviera, nel 1972, in particolare alla cerimonia funebre in onore degli atleti israeliani periti all’aeroporto di Fürstenfeldbruck. Siamo stati ingannati. Poco oltre mezzanotte ci è stato comunicato che tutto è andato bene. Alle prime luci dell’alba siamo convocati per una conferenza stampa: quasi tutti morti: 11 israeliani, 5 palestinesi e un poliziotto tedesco. Era una trappola, i fedayn avevano reagito uccidendo gli ostaggi. Non si voleva che si sapesse subito della strage: se i giornali europei fossero usciti subito con la notizia, la gente, d’impeto, avrebbe preteso la fine dei Giochi.

Davanti a 80’000 spettatori, Avery Brundage, 36 anni prima a Berlino capodelegazione degli americani, anche lui ammiratore dichiarato di Mussolini e Hitler, aveva pronunciato la storica frase: «THE GAMES MUST GO ON». Giusto sarebbe stato, lo ‘SHOW’, deve continuare.

Io i Giochi li avrei chiusi. Ma continuarono, e i giovani di tutto il mondo continuarono a inseguire per altri 4 giorni il loro sogno, il sogno di una vita: la vittoria olimpica in una sfida leale, senza spargimento di sangue. Non erano colpevoli. Avevano questo diritto?

Nei prossimi giorni, al posto dei rossocrociati, di Svizzera-Brasile, seguire le avventure del Gatto Silvestro? Si può. Mettere sullo schermo casalingo un cartone con scritto: ‘principe Al Thani, ti boicotto’. Si può, molti mi hanno chiesto un parere. Rinunciare al grande schermo nelle città? Ha già maggior senso.

Niente festa in onore del Qatar. Ma anche, niente festa in onore della palla descritta dall’illuminato Rinpoche. Un giovane discepolo gli chiede: «perché  rotola?» »Perché è ineffabile». Ineffabile come Maradona quando la gioca.

«Tu, lettore ipocrita, mio simile, mio fratello” – osserva Baudelaire. Come la mettiamo? Sepp Blatter, l’uomo che ha fatto il  diavolo a quattro per portare i mondiali nel ricchissimo deserto a 45 gradi ha parlato: “È stato un mio grande errore, il paese è troppo piccolo e fa troppo caldo». Da buon cattolico vallesano si è confessato, ha salvato (forse) l’anima.

A proposito di ipocrisia: quando pochi giorni fa il colonnello rossocrociato ha fatto outing,  pensavo che la stampa di tutto il mondo avrebbe messo in grande risalto la sua clamorosa uscita. Invece? Invece niente; meno rumore di quando una star fa il suo outing in materia di orientamento sessuale. Si è passati all’acqua bassa, trattando Blatter come un vecchio perso.

Un gesto semplice e ragionevole potrebbe essere sottoscrivere la petizione di ‘Amnesty International’: la ricchissima FIFA dovrebbe devolvere l’equivalente del montepremi alle squadre, 440 milioni di dollari, alle famiglie dei lavoratori periti nella costruzione degli stadi.

Non metterò un cartone di protesta tipo “Al Thani, i tuoi Mondiali non li guardo” sul televisore, come chi lo mette vero o simbolico, e augura, con perfetta coerenza, buona fortuna ai rossocrociati…






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