Il partito sono io
Anche in politica si fa sempre più strada il particolarismo. Ma dove ci porta?
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Anche in politica si fa sempre più strada il particolarismo. Ma dove ci porta?
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Anche in politica si fa sempre più strada il particolarismo. Ma dove ci porta?
Il principio della differenza seduce e mobilita, ma non è sempre sinonimo di progresso. Anzi, spesso finisce per collidere con l’altro cardine-chiave dei movimenti di sinistra: l’uguaglianza. Insistere acriticamente sulla diversità vuol dire anche enfatizzare concezioni conservatrici come il caso particolare («Sonderfall») e come la via solitaria nelle relazioni con l’estero («Alleingang»), zoccoli strategici su cui la destra nazional-populista ha costruito le sue fortune. L’iniziativa per ancorare nella Costituzione il principio della «neutralità permanente» va in questa direzione. Ed è molto probabile che popolo e cantoni la accoglieranno in votazione popolare. Di qui la costernazione delle vecchie famiglie politiche, costrette a fare i conti con una discendenza che parla un’altra lingua e sfoglia un altro vocabolario, fitto di «-ismi» dall’aria minacciosa, come populismi, nazionalismi, sovranismi.
Ma torniamo all’irruzione del «particulare» nella vita politica. Una tendenza favorita sia dal voto proporzionale (un sistema che premia anche i gruppi minori), sia dall’esplosione delle tecnologie dell’informazione. Onnipresenti e pervasivi, i media digitali consentono a tutti di intervenire nel dibattito pubblico; di esprimere opinioni, organizzare petizioni, avviare campagne di mobilitazione. Ognuno può dire la sua e quindi sentirsi in qualche modo protagonista, aggirando i filtri predisposti dalle gerarchie dei partiti e delle associazioni. Un processo chiamato «disintermediazione», praticato con l’intento di mettere fuori gioco i funzionari-sensali, i dirigenti che non ascoltano, i capibastone che ordinano senza consultare la base. Ma anche qui, come nel caso della differenza, i risultati non sono sempre positivi, come sostengono gli alfieri della democrazia diretta via telematica. Gli esperimenti condotti in Italia dal Movimento Cinque Stelle (piattaforma Rousseau) consigliano prudenza e vigilanza per non fare in modo che dalle ceneri dei vecchi attori – partiti, sindacati, corporazioni – non nascano oligarchie ancor più sorde ed esclusive.
Il sistema dei partiti, così come si è andato formando dall’Ottocento in poi, fatica a reggersi in piedi, e non soltanto perché le forze concorrenti, autodefinitesi libere e prive di condizionamenti, lo bersagliano da ogni lato. Le accuse (autoritarismo, meccanismi di cooptazione, poltronismo, scarsa trasparenza) sono spesso giustificate. Non è però detto che le alternative finora messe in campo, fondate sull’esaltazione delle rivendicazioni settoriali e sul leaderismo digitale, siano migliori e più democratiche. Azzardiamo affermare che in passato giornali, congressi e conferenze programmatiche garantivano un confronto qualitativamente migliore, più ragionamenti e meno slogan. Ma forse è solo nostalgia…
Articolo pubblicato anche da laRegione
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