Il sistema sanitario e l’elogio del carburatore
Fra le diverse “ricette” politiche per contrastare i costi della sanità non se ne intravvede alcuna che si preoccupi davvero dei lavoratori della sanità
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Fra le diverse “ricette” politiche per contrastare i costi della sanità non se ne intravvede alcuna che si preoccupi davvero dei lavoratori della sanità
• – Boas Erez
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• – Redazione
In un recente discorso l'ex presidente e futuro candidato alla presidenza ha usato il linguaggio di Hitler e Mussolini
• – Redazione
Il servizio filmato del nostro collaboratore Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera
• – Lorenzo Cremonesi
Si avvera l’inevitabile, si litiga in parlamento mentre il preventivo cantonale per il 2024 colpisce pesantemente la spesa sociale; e bisogna già pensare se non occorra una nuova iniziativa popolare per abrogare il decreto ed evitare guai futuri anche peggiori - Di Raoul Ghisletta
• – Redazione
• – Franco Cavani
In anteprima l’introduzione al libro “Verità irriverenti” di Dick Marty che sarà presentato alle 18.00 di oggi al LAC di Lugano
• – Redazione
Per non confondere, nella scuola, una pretesa educazione civica con una più appropriata e necessaria educazione alla cittadinanza e alla democrazia
• – Adolfo Tomasini
Se intendiamo affermare ancora davanti a tutti i nostri autentici valori occidentali, occorre smettere di rifiutare la cosa più ovvia: che sono sempre stati avvinghiati al sangue
• – Redazione
Il disprezzo del vivente, da sempre praticato, nella Storia, attraverso le guerre fratricide fra preti, generali e mercanti
• – Silvano Toppi
Le elezioni federali sono passate. Il panorama politico svizzero non è cambiato, e i principali problemi del nostro Paese restano irrisolti. Durante la campagna elettorale, i sondaggi hanno evidenziato la preoccupazione degli svizzeri per l’aumento dei premi di cassa malati.
Il principale partito svizzero non sembra preoccuparsene. Il secondo partito propone da decenni le stesse ricette. L’impressione è che, invece di collaborare con gli altri, ciascuna fazione stia semplicemente sfruttando il problema per i propri fini, ignorandone la vera natura. Il risultato? I lavoratori della sanità non ricevono la considerazione che meritano, e soffrono. La crisi è qui.
Ci sono settori economici in cui il fattore umano non può essere sostituito. Anzi, come molti sembrano aver scoperto solo durante la crisi del Covid, questi sono anche alcuni dei settori più importanti. Nel suo libro, tradotto in francese con il titolo Eloge du carburateur. Essai sur le sens et la valeur du travail (Elogio del carburatore: saggio sul significato e sul valore del lavoro), M. B. Crawford – dottore in scienze politiche, poi passato al settore delle riparazioni di motociclette – elogia il lavoro manuale artigianale, difendendone la dignità, la razionalità e la creatività. La sua critica è rivolta soprattutto a un sistema educativo che dà troppo valore al lavoro intellettuale. Questa critica è certamente più pertinente negli Stati Uniti che in Svizzera, ma è interessante ben oltre la questione di ciò che costituisce un’educazione sensata. Memorabili sono le pagine del libro in cui l’autore descrive i dubbi che lo attraversano quando si sente costretto a spiegare a un cliente che non vale la pena riparare la sua amata moto, perché il costo della riparazione sarebbe irragionevolmente alto e sicuramente al di là delle sue possibilità finanziarie. La riparazione si potrebbe fare, e lui capisce l’attaccamento del motociclista al suo mezzo, ma ciò malgrado pensa sia meglio rinunciare. Nonostante questo tipo di considerazioni, Crawford non entra nel merito degli aspetti economici.
Per questi, possiamo rivolgerci al lavoro dell’economista americano W. J. Baumol, che fin dagli anni Sessanta del secolo scorso si è interessato ai settori dell’economia in cui la produttività sembra stagnante, come le arti, la sanità, l’istruzione e – appunto – le riparazioni di auto e moto. Vi sono settori, come quello industriale, dove la produttività può essere fortemente aumentata. In quelli invece dove il fattore umano è cruciale questo non è proprio possibile. Il principio evidenziato da Baumol, noto come “malattia dei costi”, è semplice da enunciare: se la ricchezza complessiva cresce, cresce anche la quota relativa dei costi in (ciascuno di) questi settori. Non si afferma quindi che il mestiere di infermiera sia come quello del riparatore di moto (artigianale), ma soltanto che in entrambi i mestieri la presenza umana è cruciale, e che bisogna tenerne conto nelle considerazioni economiche, se non si vuole snaturarli. In un opuscolo del 2012 intitolato The cost disease (La malattia dei costi), Baumol riprende le sue analisi precedenti, indicando che (per gli Stati Uniti) la spesa sanitaria potrebbe passare dal 15% del PIL nel 2005, al 25% nel 2025, per arrivare al 62% nel 2105!
La malattia dei costi di Baumol non è una considerazione teorica marginale, essa viene regolarmente presa in considerazione in vari rapporti previsionali, come quelli del Dipartimento federale delle finanze o di Avenir Suisse. Va poi detto—come notato da Baumol stesso—che un’eventuale (totale) privatizzazione del settore sanitario, nel tentativo di farlo beneficiare delle presunte virtù del libero mercato, non riuscirebbe a curare la malattia dei costi, per il semplice motivo che il settore non rimarrebbe a lungo libero da ingerenze: le autorità pubbliche si sentiranno in dovere di intervenire in un modo o nell’altro.
Quindi, non solo i settori in cui esiste una dimensione “artigianale” significativa dovrebbero avere un posto più importante nelle nostre società, ma dovremmo prendere atto del fatto che non possiamo mantenere queste attività senza pagarne i costi crescenti. In Svizzera si è prestata molta attenzione ai costi della sanità, ma soprattutto per denunciare che sono troppo alti. Di fatto, il problema non sono i costi del sistema.
Da un lato, i premi delle casse malati aumentano più rapidamente dei costi: negli ultimi 25 anni, i costi sono aumentati dell’80% e i premi del 145%. D’altra parte, dato che non siamo certo pronti a fare a meno di un sistema sanitario efficiente, il principio di Baumol ci dice che dobbiamo avere il coraggio di destinarvi le risorse necessarie. Certo, dobbiamo anche tenere conto degli sviluppi tecnologici, dell’invecchiamento della popolazione, della specificità dell’assistenza a lungo termine e dei costi specifici dell’assistenza ai grandi anziani, ma tutti questi fattori non fanno che aggravare il conto. Più fondamentalmente, il principio di Baumol richiama la nostra attenzione su un aspetto ampiamente trascurato: l’importanza del fattore umano nel (corretto) funzionamento del sistema sanitario. (Ragionamanti analoghi si possono fare per quel che riguarda l’istruzione, la cultura e anche … la riparazione delle moto).
Concentrarsi sui costi porta ad alcune proposte aberranti. Cominciamo dalla più ingiusta: la proposta di far pagare di più chi ha più bisogno, violando così il più elementare principio di solidarietà.
C’è poi la proposta di tornare alla non obbligatorietà dell’assicurazione malattia, per consentire a chi la ritiene troppo costosa di scegliere di non sottoscriverla. Questo può interessare i sani, e forse i giovani, ma anche questa proposta solleva la questione della solidarietà, tipicamente a copertura dei costi di assistenza agli anziani.
C’è poi l’idea di aumentare le franchigie, che di fatto abbasserebbe i costi, perché le persone sarebbero riluttanti a farsi curare, ma che in realtà peggiorerebbe il loro stato di salute. Questo meccanismo è già all’opera per le cure dentistiche.
Alcuni manager propongono di comprimere i salari negli ospedali, che rappresentano di gran lunga la parte più consistente dei loro bilanci. Purtroppo, in linea con le analisi di Baumol, non ci sono reali possibilità di aumentare di molto la redditività del lavoro in questo settore: il carico di lavoro negli ospedali è già molto pesante. Restano i licenziamenti, che sono già stati decisi in modo spettacolare, ad esempio negli ospedali del cantone di San Gallo, dove 440 persone su 9.000 perderanno il lavoro nel prossimo futuro.
Poi ci sono le proposte “reattive”. I premi sono in aumento? Proponiamo di limitarli al 10% del reddito disponibile o di limitarne l’aumento in base a vari criteri. I farmaci sono troppo cari? Ci opponiamo al principio delle trattative segrete tra il Consiglio federale e le case farmaceutiche. Le casse malati si arricchiscono? Denunciamo le loro perdite dovute a investimenti rischiosi. Troppi ospedali? Promuoviamo la concentrazione in grandi strutture. La percentuale di cure stazionarie negli ospedali è troppo alta rispetto alle pratiche di altri Paesi? Aumentiamo l’assistenza ambulatoriale. La sanità è un mercato dell’offerta? Proponiamo di ridurre il numero di medici. E via dicendo.
Non ci attardiamo sulle proposte di cambiamento radicale del sistema, come quella di creare un’assicurazione sanitaria unica; la revisione completa del sistema di computo delle tariffe mediche; o la proposta dello Swiss Medical Network dello sviluppo di un sistema sanitario integrato (vedi il loro Réseau Arc).
Tutte queste proposte sono oggetto di grande discussione, ma non mettono al centro gli operatori sanitari.
Eppure la situazione di questo personale è critica. A livello nazionale, ogni mese lasciano il settore tra le 300 e le 400 persone. Secondo Jobradar, ciò fa sì che vi siano circa 15.000 posti vacanti. La presidente della Federazione svizzera dei medici ha recentemente avvertito che in Svizzera si forma ancora un numero insufficiente di medici. Due terzi dei nostri medici provengono dall’estero.
Molti concordano sulla necessità di rafforzare il ruolo dei medici di famiglia, ma il sistema non lo favorisce. I fisioterapisti sono scesi in piazza per denunciare le riforme che mettono a rischio la loro attività. L’iniziativa “Per un’assistenza infermieristica forte”, ampiamente accettata dal popolo nel 2020, dovrà attendere il 2027 per essere attuata!
Non è questa la sede per formulare proposte, ma ci è sembrato utile richiamare l’attenzione sull’urgenza di (ri)creare le condizioni per rendere nuovamente attraenti le professioni sanitarie. Forse se smettiamo di sognare di frenare l’aumento della spesa riusciremo a prendere le decisioni giuste. Per il momento, solo il Canton Vallese sembra aver colto la portata del problema e ha deciso di destinare 42 milioni di franchi svizzeri al miglioramento delle condizioni di lavoro del personale infermieristico del suo ospedale cantonale (aumentando gli stipendi e creando 60 nuovi posti di lavoro). Un esempio da seguire.
Articolo apparso in francese in “Bon pour la tête” e proposto qui in traduzione italiana con la supervisione dell’autore
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