Roger Köppel, l’inconciliabile connubio tra giornalismo e politica
Dopo due legislature in Parlamento il noto direttore ed editore della Weltwoche lascia l’attività parlamentare: un “pezzo da novanta” Udc che non si ripresenterà in autunno
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Dopo due legislature in Parlamento il noto direttore ed editore della Weltwoche lascia l’attività parlamentare: un “pezzo da novanta” Udc che non si ripresenterà in autunno
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Lui comunque ha ripagato i suoi mentori in tutti i modi: dapprima mettendo a disposizione della politica filo-UDC la sua testata, poi dando suggerimenti su diverse campagne e aiutando a impostare la comunicazione democentrista (forse qualcosa in più, visto che molti lo consideravano la vera eminenza grigia e il vero stratega del partito), infine – era il 2015 – decidendo di schierarsi apertamente. Forse, se non l’ unico, il suo più grande errore.
Perché è vero che fu eletto trionfalmente in Consiglio nazionale – mai nessuno prima di lui e dopo di lui ha ricevuto così tanti voti preferenziali – ma è anche vero che il Köppel politico, al contrario del giornalista, non ha lasciato granché il segno nella Berna federale: in otto anni ha presentato in Parlamento solo 9 atti parlamentari (probabilmente solo Attilio Bignasca, con un intervento in otto anni, ha fatto peggio di lui), mentre recentemente il Blick lo ha incoronato per la seconda legislatura consecutiva come il parlamentare più assente (peggio di Lorenzo Quadri, il che è tutto dire). Negli ultimi tre anni ha infatti disertato quasi una seduta su cinque senza chiedere scusa, quindi senza percepire gettoni di presenza. «Faccio risparmiare soldi al contribuente», ha ironicamente replicato al giornale, giustificando questa classifica poco lusinghiera con il suo ruolo di direttore della Weltwoche.
Ci risiamo: la Weltwoche, il suo trampolino di lancio verso la fama, la gloria, la politica e al tempo stesso il suo tallone di Achille e la sua giustificazione (“Lascio perché devo concentrarmi sullo sviluppo del settimanale”) per spiegare la sua decisione di non ricandidarsi il prossimo autunno per un terzo mandato. Alle illazioni di molti quotidiani svizzerotedeschi, che hanno apertamente parlato di un caloroso invito da parte dei vertici UDC a farsi da parte visto le sue posizioni filoputiniane nella guerra in Ucraina e il suo atteggiamento estremamente critico e destabilizzante tenuto in occasione della campagna per la successione di Ueli Maurer in Consiglio federale che gli ha garantito l’aperta ostilità del neoeletto Albert Rösti e di buona parte degli attuali vertici, Köppel ha risposto sabato in una conferenza stampa bollandole di fake news, prima di ribadire le sue opinioni sul conflitto, ossia che si tratta di una guerra russa di autodifesa che non viola il diritto internazionale.
Poco importa quali siano i veri motivi del suo abbandono, poco importa pure che lo si ricordi più per i video che girava nel corridoio dei passi perduti di Palazzo federale per la Weltwoche Daily che per i suoi rari interventi dalla tribuna (memorabile comunque quando attaccò la consigliera federale Simonetta Sommaruga per la politica migratoria per poi abbandonare l’aula assieme a tutto il suo gruppo), o per l’ultimo scandalo che lo ha visto coinvolto, una fuga di notizie dalla commissione esteri della Camera – guarda caso, riguardavano ancora la Russia – che ha rischiato di costargli l’immunità parlamentare e un conseguente procedimento penale: Köppel, se mai lo si ricorderà, sarà soprattutto come la più lampante dimostrazione dell’impossibilità di gestire il connubio tra giornalismo e politica.
Perché adesso anche per lui è chiaro: o fai il giornalista, e quindi pur essendo schierato diventi e resti una specie di radar, uno scanner puntato sul potere, oppure fai il politico, dunque entri nei meccanismo proprio di quel potere che dovresti vagliare, esaminare ed eventualmente criticare (e buonanotte al cane da guardia). Tertium non datur, soprattutto ai livelli più alti.
Un’inconciliabilità che è diventata lampante anche grazie allo stile estremamente polemico, provocatorio e sulfureo di Köppel: una decina di anni fa il direttore Köppel titolò un numero della Weltwoche “I greci della Svizzera – Ecco perché i romandi lavorano meno e ricevono pensioni migliori” (foto di prima pagina, un impiegato con la barba lunga, bianchino in mano e piedi sulla scrivania). Fu uno choc, e le polemiche fioccarono alte e copiose. Qualche anno dopo il politico Köppel un titolo e un servizio del genere non se lo sarebbe potuto permettere. Senza dimenticare che da parlamentare deteneva informazioni che non poteva pubblicare; per un giornalista, non c’è forse peggior cosa.
Sabato scorso, quindi, l’uomo Köppel ha scelto, decidendo di tornare a fare quello che ha dimostrato di saper fare meglio: il giornalista. Liberato dalle pastoie della politica, ricomposte le sue varie anime, Roger Köppel godrà dal prossimo autunno di maggiore libertà. Ne siamo certi: la userà.
Nell’immagine: Roger Köppel, naturalmente
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