Il tempo delle pesche
Uno spot pubblicitario sta facendo discutere tutta Italia (a cominciare, naturalmente, dai politici)
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Uno spot pubblicitario sta facendo discutere tutta Italia (a cominciare, naturalmente, dai politici)
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Uno spot pubblicitario sta facendo discutere tutta Italia (a cominciare, naturalmente, dai politici)
Il frutto proibito non è la mela, è una pesca. Quella dello spot televisivo di una catena italiana di supermercati: lo spot è in realtà un cortometraggio narrativo, protagonista una bambina, figlia di genitori separati, che costringe sua madre a comperare una pesca per consegnarla nel pomeriggio a suo padre facendola passare per un regalo di mamma. Il commovente proposito di ricucire il rapporto tra i genitori è affidato alla piccola bugia della pesca.
C’era un tempo in cui Pasolini scriveva sul «Corriere della Sera» un’invettiva contro uno slogan dei jeans Jesus che parafrasava uno dei Comandamenti: «Non avrai altri jeans all’infuori di me». Un altro diceva: «Chi mi ama mi segua», sopra una fotografia che mostrava il posteriore di una giovane donna con un pantaloncino corto molto succinto. Era il 1973 e Pasolini colpiva duramente non solo il cinismo volgare del consumo borghese, ma anche la levata di scudi dei vescovi e la lagna vittimistica con cui aveva reagito l’«Osservatore Romano»: il Vaticano era, per Pasolini, complice silenzioso dello Stato neocapitalistico e irreligioso, com’era stato complice silenzioso del fascismo. Si trattava dunque, secondo il «corsaro», di una nemesi di blasfemia che si abbatteva sulla Chiesa come conseguenza naturale di un declino di religiosità cui la stessa Chiesa aveva contribuito («il clericalismo strumento del potere»).
Naturalmente l’editoriale sollevò una discussione feroce da destra, da sinistra e dal centro democristiano. Cinquant’anni dopo, il caso politico è incarnato da una pesca. Dai jeans come oggetto del desiderio si passa alla pesca miracolosa. Secondo alcuni (di sinistra) lo spot santificherebbe il matrimonio demonizzando il divorzio, secondo altri insinuerebbe un senso di colpa nei genitori separati, secondo altri lo spot strumentalizza cinicamente il malessere di una bambina, secondo altri lo rappresenta con dolcezza, secondo altri ne esce a pezzi la figura materna (è lei la più distaccata), secondo altri ne esce a pezzi il padre (debole come sempre), secondo altri ne escono a pezzi le conquiste civili, secondo altri ne esce a pezzi la pesca (fuori stagione), secondo altri ne esce a pezzi il fisco (la pesca è stata davvero pagata?), secondo altri ne esce a pezzi la salute (nello spot la pesca viene toccata senza guanti), secondo altri ne escono a pezzi i pubblicitari che hanno ideato un video diseducativo, secondo altri i pubblicitari sono invece geniali interpreti del presente, secondo altri ne esce a pezzi il «modello aspirazionale» attuale (sic!), secondo altri ne esce a pezzi la sinistra che insinua che ne escono a pezzi i diritti, la pesca, i pubblicitari, il supermercato in questione (notoriamente di destra), la salute, il modello aspirazionale.
In definitiva il sospetto è che ne esca non a pezzi ma triturata come in un frullato di pesca la qualità del dibattito pubblico e la qualità della classe politica, che non ha mancato di dare il suo contributo, perché tacere non è più un’opzione valida. Tant’è vero che, in mancanza di un Pasolini, nel frullato di pesca va registrato, tra gli altri, l’intervenuto social del vicepremier Salvini che esalta lo spot come «splendido messaggio di Amore e Famiglia». Amore e Famiglia maiuscoli addolciscono il frullato. E siccome un vicepremier non basta per prendere la parola su un tema così cruciale come una pesca fuori stagione, è salita sul pulpito social anche la premier in persona perché non ci fossero dubbi sulla linea ideale del suo governo: «Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante». Molto bello e toccante anche il suo post. Ogni giorno una fesseria, ha detto Paolo Mieli commentando in tv il più importante frullato culturale dell’ultimo anno. In attesa che si levino alte, sull’argomento, le voci dei sottosegretari, tutti i corsari tacciono.
Una versione ridotta di questo articolo è pubblicata dal Corriere della Sera
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