Ipocrisie diplomatiche e partitiche elvetiche
E… quel famoso “il futuro di Lugano è nel Kazakistan”
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E… quel famoso “il futuro di Lugano è nel Kazakistan”
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E… quel famoso “il futuro di Lugano è nel Kazakistan”
Regnano così sovrani il silenzio o l’indifferenza o il calcolo ipocrita su ciò che capita nel Kazakistan. Sia dell’ufficialità istituzionale, sia del partito che si vuole unico difensore della nostra sovranità e identità democratica. Preoccupa invece un po’ di più, perché dietro ci sono anche gli Stati Uniti, cui ligi e succubi per motivi economici più che politici siamo sempre pronti ad accodarci, o forse (paradosso politico di paese neutro) anche l’Alleanza Atlantica, su quel che capita in Ucraina.
“No all’Ue, viva l’Elvetistan”, scrivevo su Naufraghi/e, più di un mese fa (3 dicembre). “Se con l’Ue è sempre notte, con i vari (paesi) Stan è sole nascente”. E la spiegazione è semplice. Lo scorso 17 novembre il Consiglio federale adottava un messaggio concernete il rinnovo del decreto sull’aiuto monetario internazionale al Fondo monetario Internazionale, di cui la Svizzera è membro dal 1992. Da orgogliosi e grandi finanzieri abbiamo subito aspirato a un seggio permanente nel Consiglio esecutivo del FMI. L’abbiamo ottenuto con manovre incredibili, alquanto abili ma ipocritamente svizzere, costituendo un gruppo con l’Azerbaijan, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan, l’Uzbekistan e poi la Polonia, la Serbia. Tanti «stan» (che significa paese) che hanno quindi fatto un «Helvetistan» con un posto a sedere nel Fondo Monetario Internazionale.
Scrivevo allora sulla nostra Zattera: “Si è così avviato, come contropartita, un programma di sviluppo a suon di milioni… per facilitare il passaggio alla democrazia di quella strana compagnia di paesi dove imperversano dittature camuffate in regimi presidenziali, violazioni dei diritti fondamentali, assenza di libertà politiche, economia in mano ai clan familiari di chi governa, povertà generalizzata. Da quelle parti arriva però anche abbondanza di fondi, depositati nelle nostre banche, accompagnati da figli, figlie, generi e familiari vari degli oligarchi che acquistano fior di ville o appartamenti plurimilionari attorno al Lemano e persino al Ceresio, con qualche imbarazzo politico a Ginevra, niente di niente a Lugano (che ha bisogno di eventi). ”Niente a Lugano, perché imparentato con qualche ‘stan’ ”.
A questo punto è anche utile e significativo ricordare (come lo ricordava opportunamente ieri un puntuale articolo su Forum Alternativo) che il giornale che va per la maggiore nel Ticino proclamava in un titolo nel 2016: ”Il futuro di Lugano è in Kazakistan”, spiegando l’accordo di cooperazione siglato tra il sindaco di allora, Marco Borradori, e il suo omologo di Almaty, la capitale economica del paese, ora centro di ribellione alla dittatura e luogo di repressione più cruenta, con 160 morti secondo stime ufficiali. Dietro quell’accordo c’era tutta la Lugano fumigante di potere politico ed economico, con un ex-presidente del Consiglio degli Stati, ora municipale, che portò pure la consigliera federale Leuthard e il consigliere di stato Vitta alla corte del clan kazako.
Ammettiamo, il municipio di Lugano ha attualmente altre gatte da pelare e molt’altra confusione da cui uscire, ma potrebbe perlomeno dirci o spiegarci se il suo futuro è ancora e sempre in Kazakistan. Ma, a pensarci bene, non è poi così necessario. Anzi, sarebbe quasi auspicabile che non ce lo dicesse perché troveremmo facili spiegazioni per un’infinità di altre cose.
Nell’immagine: gli ambiti Tenge, la moneta del Kazakistan
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