Le eccelse disinvolture della diplomazia svizzera
No all’UE, viva l’Elvetistan!
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No all’UE, viva l’Elvetistan!
• – Silvano Toppi
Un voto controcorrente a livello continentale; un paese dominato dal narco-traffico e con metà della popolazione ridotta in povertà cerca una nuova strada
• – Gianni Beretta
A Lugano, Piazza Riforma intasata da casette natalizie e nuovi punti ristoro
• – Enrico Lombardi
Dopo due anni si può dire: senza i populisti la pandemia sarebbe stata combattuta meglio – Lo afferma la nota virologa italiana Ilaria Capua nel suo nuovo libro
• – Redazione
E altri aumenti arriveranno a cascata
• – Franco Cavani
Con il Polo, liscio o gassato, a Lugano un futuro all’acqua… di rose
• – Redazione
I paesi ricchi si tengono i vaccini, ne restano pochi per i paesi del Sud del mondo: da dove poi arrivano in Occidente le varianti del Coronavirus
• – Aldo Sofia
Non è una serie TV. Il Grande Gioco ci fa marciare in fila nel cortile della prigione
• – Lelio Demichelis
A dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul
• – Françoise Gehring
Dopo l’accettazione di ‘cure infermieristiche più forti’ non dimentichiamo che i salari svizzeri nel settore sono al penultimo posto in Europa
• – Redazione
Se UE sembra verso che suona male per il Consiglio federale, com’era un tempo quello della civetta annunciatrice di morte, Stan, anche se è suono di campana fessa, lo esalta promettendogli pace e felicità. Ue è l’Europa, democratica ma irriducibile, con la Svizzera al centro, presente per affari e assente per il resto. Stan (suffisso di derivazione indoeuropea che vuol dire “luogo di”, “terra di”) è la coda nel nome di una sequela di paesi, tutti posti ad Oriente, un tempo vecchia Urss, trattabili per denaro, intolleranti su tutto il resto.
Se con l’Ue è sempre notte, con i vari Stan è sole nascente. Tanto che c’è da chiedersi se non sia il caso, per distinguerci meglio dall’Europa e farla finita una volta tanto, con quell’arrogante UE, di attrupparci agli Stan e chiamarci ELVETISTAN.
Non è uno scherzo. È diplomazia elvetica sonante, disinvolta, praticata. Veniamo ai fatti, che ne sono la conferma.
Lunedì il presidente della Confederazione Guy Parmelin incontra il presidente del Kazakistan. Non è cosa da poco: il Kazakistan da solo equivale, come superficie, a quella dell’Europa occidentale, anche se conta molto meno abitanti. La Svizzera mira grosso, quindi, più di superficie che di contenuto. Un comunicato ci dice che si è discusso di rapporti economici, di cooperazione nelle organizzazioni internazionali, di sfide mondiali. Si sono sottoscritti due accordi per promuovere gli scambi commerciali tra i due paesi. Si deduce, dal resoconto, che uno degli aspetti più importanti degli accordi sia stato “il riconoscimento reciproco dei marchi ufficiali impressi sui lavori dei metalli preziosi”. Quanto a dire, insomma: siamo seri, non bariamo, tutto originariamente punzonato, carati sinceri.
Parmelin non ha mancato di elogiare il presidente kazako Qasym-Jomart Toqaev per la partecipazione del suo paese quale “osservatore” (!) all’ultima Conferenza di revisione della Convenzione sulle munizioni a grappolo, presieduta dalla Svizzera; Parmelin “ha sottolineato l’importanza di un mondo senza questo tipo di munizioni”. Come dargli torto. Che la dura repressione dell’opposizione nel suo paese quel presidente a vita la eserciti anche senza quel tipo di munizioni è quindi già buona cosa per gli svizzeri.
Una quindicina di giorni fa (17 novembre) il Consiglio federale ha adottato il messaggio concernente il rinnovo del decreto sull’aiuto monetario internazionale al Fondo monetario Internazionale, di cui la Svizzera è membro dal 1992. Da orgogliosi e grandi finanzieri abbiamo subito aspirato a un seggio permanente nel Consiglio esecutivo del FMI. L’abbiamo ottenuto con manovre incredibili, costituendo un gruppo con l’Azerbaijan, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan, il Turkmenistan, l’Uzbekistan e poi la Polonia, la Serbia. Tanti «stan» che hanno fatto un «Helvetistan» con voce in capitolo.
Si è così avviato, come contropartita, un programma di sviluppo a suon di milioni… per facilitare il passaggio alla democrazia di quella strana compagnia di paesi dove imperversano dittature camuffate in regimi presidenziali, violazioni dei diritti fondamentali, assenza di libertà politiche, economia in mano ai clan familiari di chi governa, povertà generalizzata. Da quelle parti arriva però anche abbondanza di fondi, depositati nelle nostre banche, accompagnati da figli, figlie, generi e familiari vari degli oligarchi che acquistano fior di ville o appartamenti plurimilionari attorno al Lemano e persino al Ceresio, con qualche imbarazzo politico a Ginevra, niente di niente a Lugano (che ha bisogno di eventi).
Dunque, la differenza tra Ue e vari Stan, starebbe tutta qui: l’Ue minaccerebbe e sgretolerebbe la nostra democrazia e la nostra sovranità: ferma lì, quindi, ma ci lasci fare i nostri affari; nei vari PaesiStan noi vogliamo portare la democrazia e con loro accettiamo pure una sovranità… condivisa (nel Consiglio esecutivo del FMI): loro facciano poi quel che vogliono, purché ci siano utili nei nostri affari.
Qualche possibile candidatura per un premio all’irragionevole approssimazione, fra presunte responsabilità e tesi discutibili
A cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini