La banalizzazione dell’UDC indebolisce la Svizzera
È dannoso raccontare la natura e l’azione di un partito eversivo con eufemismi rassicuranti
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È dannoso raccontare la natura e l’azione di un partito eversivo con eufemismi rassicuranti
• – Redazione
Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
• – Simona Sala
Anche nella Diocesi di Lugano
• – Franco Cavani
Tra pochi giorni sarà un anno da quando Mahsa Amini è stata ammazzata dalla polizia religiosa per una ciocca fuoriuscita dal velo
• – Redazione
Il ciclone Daniel ha colpito una terra già martoriata da continui scontri armati sotto la bandiera nera del Califfato
• – Redazione
Fra i banchi di parlamentari e governi, rispetto a un qualsiasi ragionamento si preferisce spesso e volentieri il ricorso a slogan e retorica da comizio
• – Saverio Snider
Un ampio comunicato del SOA Il Molino si esprime sulla vicenda della tentata conferenza di Massagno
• – Redazione
I risultati del rapporto sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica devono indurre i prelati elvetici a superare la paralisi imposta da tradizione e direttive vaticane
• – Redazione
Rapporto della commissione indipendente d'inchiesta: 1.002 casi di abusi dall'inizio degli anni Cinquanta, "ma è solo la punta dell'iceberg"; distrutti documenti nella diocesi di Lugano; sei vescovi indagati, anche l' attuale amministratore apostolico in Ticino
• – Aldo Sofia
Ovvero quando un tunnel bloccato ci fa stare fuori dal mondo, come piace a Lega e Udc
• – Enrico Lombardi
È dannoso raccontare la natura e l’azione di un partito eversivo con eufemismi rassicuranti
È curioso, gli svizzeri amano osservare con occhio critico i paesi vicini. Nulla li diletta di più che scrutare con intransigenza la politica francese o le strategie tedesche. L’inquietante diffusione di teorie semplificatrici e di posizioni radicali sul nostro continente di certo non sfugge loro, mentre l’impatto dell’UDC non sembra invece preoccuparli più di tanto. Eppure, le convergenze tra i populisti svizzeri e l’estrema destra dei paesi vicini non sono casuali. Xenofobia, eurofobia, attacchi alle istituzioni, ammirazione per gli autocrati e compiacenza nei confronti della Russia sono ossessioni comuni.
Di fronte a questa realtà, gli svizzeri s’impegnano a banalizzare la natura dell’UDC e dei suoi fantasmi. Un giornale lo definisce il partito agrario, un altro avvalora la sua pretesa di incarnare la volontà popolare. Una provocazione indegna è accettabile quando proviene da populisti svizzeri, ma scandalizza quando proviene da colleghi europei. In altre parole, si sta facendo uno sforzo collettivo per dipingere l’UDC come un semplice partito conservatore, iscritto nei geni elvetici e innocuo per il successo del nostro paese.
A ben guardare si tratta invece di un’immagine ingannevole. L’UDC è tutto fuorché uno schieramento conservatore. Disgregativo, che è ciò che ne costituisce il valore mediatico, sta operando una lenta ma accurata distruzione del pragmatismo che ha contribuito al successo della Svizzera. A livello europeo ha fatto scivolare una Confederazione prudente ma aperta, verso un irragionevole autocompiacimento che gli europei rinunciano a capire. Impregnando la cultura politica e contaminando persino i sindacati, il suo sterile sovranismo ha favorito una rottura insensata dei negoziati con l’Unione europea. Oggi, la Svizzera è esclusa dai programmi di ricerca e dalle reti europee così preziose per una fattiva collaborazione nel campo dell’innovazione. E nessuno sa né quando né come questi danni saranno riparati.
Sul fronte demografico, l’UDC ha instillato e poi strutturato una paura dell’immigrazione che pagheremo a caro prezzo. Inneggiando a un paradiso alpino paesano, ha trasformato la crescita della popolazione in un tormentone. Domani, quando i paesi vicini attireranno la manodopera necessaria alla loro economia, la Svizzera si dividerà nuovamente su una presunta sovrappopolazione invece di rallegrarsi del proprio dinamismo. Infine, in materia di democrazia, ha imposto la favola delle élite che ignorano il popolo ben sapendo che viviamo in un sistema nel quale il popolo stesso può esprimersi e votare a tutto spiano e a tutti i livelli. Di fatto, la tecnica è quella di rendere colpevole qualsiasi istituzione che non avalli la sua narrazione. Non per niente l’UDC si ostina a voler tarpare le ali alla SSR nonostante il forte sostegno che quest’ultima ha ricevuto alle urne dai cittadini.
Siamo perciò ben lontani da un tradizionalismo che si limiterebbe semplicemente a frenare il progresso preservando quanto è già stato raggiunto. La moderazione e, soprattutto, la capacità di adattamento che hanno tanto servito il paese sono sostituite da crociate ideologiche che lo stanno lacerando. Di fronte a quest’insidia ci si può interrogare sulla banalizzazione di una forza che aggrava durevolmente i problemi. La risposta sta nella volontà di preservare il sistema senza doverlo mettere in discussione. Se si guardasse l’UDC sotto la luce della sua pericolosità, alcune domande sorgerebbero. Si giustifica il suo posto nel Consiglio federale? Indipendentemente dalla propria appartenenza politica, ci si può sedere al suo fianco o fare alleanza con essa? Qual è il valore di una concordanza diventata puramente formale se contribuisce a legittimare l’estremismo?
L’opinione pubblica vive nell’illusione che l’integrazione dei nazionalisti nel governo li neutralizzi e garantisca la prosperità. Purtroppo, l’UDC può esistere solo attraverso proposte brutali contrarie al bene comune. In altre parole, il sistema protegge i populisti svizzeri che in cambio lo demoliscono. «Nominando male le cose, si partecipa all’infelicità del mondo», scriveva Albert Camus. Fintanto che si continuerà a raccontare la natura e l’azione dell’UDC con eufemismi rassicuranti, si contribuirà ad assicurarne il successo e a indebolire quello della Svizzera.
Traduzione dal francese di Gaby Naef
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