La colpa di essere poveri
La povertà raccontata in modo sobrio e partecipe nella recente serie Neflix Maid
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
La povertà raccontata in modo sobrio e partecipe nella recente serie Neflix Maid
• – Simona Sala
Incontro con Laurence Boone, la donna a capo dell’ufficio economico dell’OCSE: crescita, ma restano molte insidie
• – Redazione
Il rafforzamento continuo della nostra moneta è un rischio o ci mette al riparo dalla galoppante inflazione a livello internazionale?
• – Aldo Sofia
Un libro importante ed un film di cui tutti parlano per pensare al futuro del Pianeta
• – Enrico Lombardi
Di Andrea Sala, Maurizio Cerri, Mauro Piazza, Fiorenzo Ardia Siamo quattro cittadini del Luganese, abbiamo superato da poco i sessant’anni. Siamo preoccupati per quanto sta...
• – Redazione
La condanna della dittatura dei Talebani non esclude la critica all’abbandono del popolo afghano anche alla fame e alla povertà: la politicizzazione dell’aiuto umanitario è intollerabile
• – Aldo Sofia
Responsabilità morale e calcoli politici. Perché aiutare gli afghani nella grave emergenza umanitaria e alimentare
• – Aldo Sofia
Intervista a Mahbouba Seraj, attivista afghana per i diritti delle donne
• – Filippo Rossi
Dopo la rioccupazione dell’ex-Macello e lo sgombero a sorpresa si torna ai comunicati dai toni piccati di chi, naturalmente, è senza colpa
• – Enrico Lombardi
Per I Verdi di Lugano capire le ragioni degli autonomi è la condizione necessaria per iniziare un dialogo
• – Redazione
La povertà raccontata in modo sobrio e partecipe nella recente serie Neflix Maid
Oggi, in ogni parte del mondo, chi vive nell’indigenza è costretto a rivolgersi ai servizi sociali, spesso condannata/o a un’esistenza in equilibrio tra la costante paura di subire un senso di umiliazione e la speranza di riuscire a uscire al più presto da una condizione debilitante a ogni livello. È anche la situazione in cui si ritrova Alexandra, una straordinaria e bellissima (è testimonial di molti brand dell’haute couture) Margaret Qualley, protagonista della serie Netflix Maid.
In fuga da un marito reo di abuso emotivo, Alexandra scappa (vivono in una mobile home nel bosco) portandosi appresso solo la piccola Maddy (definita una delle migliori attrici bambine di sempre) e rendendosi presto conto di non potere contare né sulla madre (interpretata da un’Andie McDowell che oltre ad essere la madre biologica della Qualley, ci offre un’interpretazione memorabile), né sullo Stato, e tantomeno sull’altruismo del prossimo. Il target per la giovane donna è chiaro da subito: riuscire a mettere da parte un importo sufficiente per potere, un giorno, stare sulle proprie gambe, senza dovere più dipendere da un entourage povero quanto il suo, ma ulteriormente zavorrato da una serie di problemi personali come l’alcolismo o i debiti, e proprio per questo in grado di riempirle il percorso di guai e ostacoli.
Maid ha il pregio di mostrare, senza cadere mai nel pietismo né diventare noioso, come si possa affrontare una vita in cui ogni scelta e ogni spesa devono essere minuziosamente ponderate. Basta il minimo imprevisto infatti, un contrattempo, un colpo di sfortuna, un incidente, per ritornare alla prima casellina, in una sorta di crudele gioco dell’oca dell’indigenza.
Si fa dunque subito il tifo per Alexandra, perdonandole la cocciutaggine anche quando sviene per la fame, o getta alle ortiche l’àncora che qualcuno le lancia, perché il suo desiderio di emanciparsi attraverso il lavoro, l’indipendenza economica, è in fondo il motore dell’esistenza di una moltitudine di donne nel mondo, e se ce la fa la protagonista di Maid, che all’inizio deve accettare lavori sottopagati e a volte è costretta a mettere a rischio la salute della propria figlia, c’è ancora speranza per molte.
Infatti ecco due capitalismi, l’uno contro l’altro armato
La Dichiarazione di Lugano fra ovvietà e ambiguità