La fine di un’illusione
Infatti ecco due capitalismi, l’uno contro l’altro armato
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Infatti ecco due capitalismi, l’uno contro l’altro armato
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• – Redazione
Sembrava volercelo suggerire il presidente ucraino Zelensky, che si si fa applaudire da tutti i senatori americani scattati in piedi, quando annuncia: ”La libertà è più importante del profitto”.
Lui certamente sincero, lo stava sperimentando sulla sua pelle e quella del suo popolo. Per gli altri, molti, forse troppi, allevati con il profitto e difensori del profitto, o era lecita ammissione dopo raggiunta profittevole sistemazione oppure facile accondiscendenza perché a nessuno è mai venuto in mente di opporre libertà a… profitto.
Poi, scendi alla realtà quotidiana, curiosando là dove il profitto maggiormente si manifesta, e t’accorgi di un’altra possibile massima: è proprio quando la libertà diventa più importante del profitto, che il profitto, quasi omeopaticamente, sa scatenarsi. Facciamo un esempio, scelto a caso, neppure tra i maggiori possibili. Thales (che prende il nome dal filosofo e matematico greco Talete!) è un gruppo, leader mondiale dell’elettronica specializzata nell’aerospaziale, nella difesa, nella sicurezza e nelle modalità di trasporto terrestre. È presente anche in Svizzera (ci dice, in inglese: “aiutiamo l’esercito svizzero a ottenere e conservare la sua superiorità tattica e la sua indipendenza strategica contro ogni forma di minaccia”). Il titolo del gruppo è aumentato in poco tempo del 50 per cento, le trattazioni quotidiane sono lievitate; ci si attende, anche per l’attuale rafforzamento militare dell’Europa e per i contratti già moltiplicatisi, un raddoppio certo (ci dice un analista).
Non è quindi lecito dedurre che si ricorre anche alla difesa della libertà (rivestita di sicurezza) per generare maggior profitto, o che l’armamento è sempre stato un metodo per suffragare un’economia in difficoltà, o che c’è un antagonismo sistematico tra libertà e profitto, e che è da lì che scaturiscono tutti i mali che poi ci fanno naufragare?
Il profitto è il perno del capitalismo (Max Weber indicava la peculiarità del capitalismo nel calcolo razionale del profitto). Tra le grandi illusioni vendute a buon mercato, soprattutto dopo il crollo del muro di Berlino trent’anni fa, un muro che separava due organizzazioni societarie distinte (comunismo / capitalismo) oppure con la fine dell’Unione sovietica, c’è stata quella non solo di dare il capitalismo vincente (contro il comunismo), sistema senza alternativa, ma quella di farci credere che il capitalismo e l’economia di mercato avrebbero portato con sé la libertà, la democrazia, la pace. Ed era quindi da esportare, anche con le armi. Oppure, in termini pratici, che lo spirito della libera iniziativa, mosso dalla ricerca del profitto, era la migliore e unica garanzia per una completa libertà. Oggi, con quanto sta capitando e con le conseguenze, anche economiche, che tutti subiamo, non c’è più nessun dubbio che la Russia è fortemente imbrigliata nel capitalismo mondiale, tanto da condizionarci tutti, così come lo sono d’altronde anche altri regimi dittatoriali. Oggi, mediante l’orrore della guerra in Europa, dobbiamo constatare che l’economia di mercato e la dottrina capitalistica si sono adeguati con una efficacia impressionante ai regimi totalitari.
È quindi anche la fine di una grande illusione. Che facciamo fatica ad ammettere o di cui nessuno vuol parlare, forse perché mette in discussione noi stessi, il nostro modo di vita, il nostro capitalismo.
O forse perché il capitalismo è diventato, paradossalmente, un modello mondiale unico, grazie anche alla globalizzazione. Che sta però sviluppando in sé stesso, sia nella maniera libertaria sia in quella autoritaria, i suoi elementi distruttivi (basterebbe pensare al clima, allo sfruttamento della natura, al limite o alla fine delle risorse naturali) ed anche, sempre più, autodistruttivi: basterebbe pensare all’antagonismo tra libertà e libertà di mercato, tra libertà e liberà di scambio, tra libertà e profitto, all’iniqua ripartizione delle ricchezze, alle ineguaglianze inabissali anche nei paesi cosiddetti liberali, alla libertà d’espressione oggetto ovunque di una concentrazione-capitalistica senza precedenti dei media e dei mezzi di informazione, alla sconnessione assurda tra finanza e bisogni dell’economia reale, alla deregolamentazione pressoché totale del settore finanziario con la creazione di zone senza nessun controllo, ma in completa legalità e permissività collettiva, come ad esempio le criptomonete, i paradisi o le isole per i quali non ci sono sanzioni che tengano e dove continuano a trovarsi in compagnia e in barba a tutti i miliardari russi, cinesi, americani, europei e fors’anche qualche svizzero.
Ed è tutto questo bailamme di incongruenze, tensioni, antagonismi, che sta portando ad un capitalismo contro l’altro armato, tanto da chiamare in causa anche il “profitto nucleare”, forse di chi arriva primo. E c’è da scommettere ormai più sui tempi dell’umanità che su quelli del pianeta Terra.
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