La maledizione della ricchezza
Sfruttamento e ingiustizia: le materie prime finiscono in Occidente, e l’Africa che le esporta rimane con tassi spaventosi di povertà
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Sfruttamento e ingiustizia: le materie prime finiscono in Occidente, e l’Africa che le esporta rimane con tassi spaventosi di povertà
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Sfruttamento e ingiustizia: le materie prime finiscono in Occidente, e l’Africa che le esporta rimane con tassi spaventosi di povertà
Secondo la Banca mondiale, la proporzione della popolazione in povertà assoluta, calcolata in base alle persone che vivono con 1,25 dollari al giorno e corretta in base a ciò che quella misera somma permette di comprare in ogni nazione, è del 68 percento in Nigeria e del 43 per cento in Angola, rispettivamente il primo e il secondo produttore africano di petrolio e gas. Nello Zambia e in Congo, il cui confine condiviso taglia in due la Copper belt africana (la famosa regione mineraria), il tasso di povertà estrema è rispettivamente del 75 e dell’88 per cento.
L’Africa rappresenta il 13 per cento della popolazione mondiale e solo il 2 per cento del prodotto interno lordo cumulativo, ma è depositaria del 15 per cento delle riserve di petrolio greggio del pianeta, del 40 per cento dell’oro e dell’80 per cento del platino. In Africa si trovano le miniere di diamanti più ricche, oltre a depositi importanti di uranio, rame, minerale di ferro, bauxite (il minerale usato per produrre l’alluminio). Il Congo è la sede di alcuni dei depositi più ricchi del pianeta dei minerali essenziali per la produzione delle batterie dei telefonini.
L’Africa è il continente che risulta più povero al mondo, ma è anche il più ricco. Ricchezza di risorse = povertà. Questa è l’assurdità.
Le esportazioni di combustibile e minerali dall’Africa valgono più di 350 miliardi di dollari, più di sette volte gli aiuti che viaggiano nella direzione opposta (e questo prima ancora di considerare le enormi somme sottratte al continente dalla corruzione e dalle frodi fiscali).
Potremmo individuare almeno tre motivi per questa situazione.
1) un saccheggio modernizzato: se un tempo ci volevano le armi per espropriare gli abitanti dell’Africa delle loro risorse, oggi ci sono eserciti di avvocati che rappresentano compagnie petrolifere e minerarie con introiti annuali dell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari a imporre la loro avidità ai governi africani e a usare la frode fiscale per estorcere profitti.
2) una distorsione economica, a causa dell’afflusso di dollari dovuto all’esportazione. Gli Stati si limitano ad autorizzare società straniere, ricevono quindi dei redditi che sono considerati delle “rendite”, una riserva di ricchezza a disposizione di chi controlla lo Stato. Quanto basta per non produrre una gestione oculata delle risorse e per produrre cose spiacevoli.
3) una sottrazione di proprietà e potere: le risorse naturali del continente confluiscono in un mercato globale i cui prezzi vengono fissati dagli operatori Londra, New York, Hong Kong e non certo a favore della popolazione africana. Il risultato è che i redditi provenienti dalle risorse naturali concentrano la ricchezza e il potere nelle mani di pochi. Al posto dei vecchi imperi coloniali ci sono reti nascoste di multinazionali e altri potentati che assommano potere statale e aziendale.
Le conseguenze di questa situazione sono in sostanza tre. Per cominciare, quella che è stata definita “una lotta per la sopravvivenza a livello più alto”; la sopravvivenza significa quindi aggiudicarsi da parte di pochi il patrimonio (così si spiega anche la successione dei colpi di Stato). Seconda conseguenza, quella che è stata definita da altri, un poco cinicamente, “un modo di votare con i loro piedi”, è cioè l’emigrazione verso altri paesi, in particolare l’Europa. Infine, quella del mancato riconoscimento di un diritto fondamentale da parte di tutti: “il diritto di non emigrare, cioè di essere in condizione di rimanere nella propria terra” (Papa Francesco!) L’Africa dal 1990 ha raddoppiato la sua popolazione, da 640 milioni a 1,2miliardi, ed è un continente molto giovane. Si calcola che i cittadini africani subsahariani in Europa siano circa 850 mila, concentrati soprattutto in cinque paesi, Belgio, Spagna, Francia, Inghilterra, Portogallo. Il Fondo Monetario Internazionale (dato del 2016), prevede che entro il 2050 ben 34 milioni di africani si sposteranno nei paesi Ocse, 26 in Europa.
In conclusione: il problema non è la ricchezza, che esiste, e neppure la possibilità di reddito; il problema è il sistema politico-economico che alimentiamo, l’avidità e la rapacità per la ricchezza, la sua accumulazione o l’uso improprio della ricchezza e la sua mancata ridistribuzione. I problemi che crea l’immigrazione africana in Europa li hanno creati in massima parte l’Europa stessa con gli Stati Uniti (ora ci si mette anche la Cina) nello sfruttamento delle ricchezze africane o nel portare la guerra là dove, con il pretesto di voler esportare la democrazia, ci si voleva in realtà solo assicurare rendite di posizione sulle risorse naturali e dominio politico nel “gioco del mondo”.
Bisogna resistere all’idea che questa guerra sia irrisolvibile, e agire di conseguenze: anche come cittadini
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