Le iniziative vanno sempre… troppo in là
Le tattiche per neutralizzare le iniziative scomode sono sempre le stesse. Funzioneranno anche questa volta?
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Le tattiche per neutralizzare le iniziative scomode sono sempre le stesse. Funzioneranno anche questa volta?
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Le tattiche per neutralizzare le iniziative scomode sono sempre le stesse. Funzioneranno anche questa volta?
Una delle fughe per la tangente “democratiche” sempre più imperanti in Svizzera (o nel suo Consiglio federale o nel Consiglio Nazionale o nel Consiglio degli Stati o, di riflesso, nelle votazioni popolari) consiste nel definire iniziative su temi o problemi innegabilmente presenti, calzanti e importanti, spesso presentate da gruppi, associazioni, movimenti extrapartitici che sanno ancora animare la Politica (con la P maiuscola), come qualcosa che sarà anche buono e fors’anche utile… ”ma che va troppo in là”. Pretendono troppo, insomma; scombussolano il nostro impareggiabile assetto istituzionale o giuridico; adottate come proposte generano gravi problemi all’economia (e si tira sempre fuori, ad effetto, l’occupazione); a ben pensarci esistono già leggi o strumenti per porre rimedio ai problemi sollevati, basta applicarli. E quindi si mette in atto tutto il bataclan istituzionale-partitico-finanziario per farle respingere. E quasi sempre ci si riesce.
Questo atteggiamento divenuto sistematico porta a due considerazioni.
La prima tradisce l’estrema povertà della politica “ufficiale”. La quale, se non fosse mossa e provocata dalle iniziative, faticherebbe ormai a esistere. Poiché è spesso difficile se non impossibile negare la validità intrinseca delle iniziative, si assume di solito un duplice atteggiamento: si deve ammettere che il problema sollevato esiste (e non se ne può fare a meno se non si vuol passare per ciechi o stupidi); si tenta di riprendere in mano il gioco politico, difendendosi in maniera piuttosto fanciullesca: così non si può, si va troppo in là; ci pensiamo noi, più giudiziosi e pragmatici, con un controprogetto. Il quale annacqua, seziona l’iniziativa togliendo la sostanza non gradita al sistema politico-economico imperante (v. migliorare ad esempio le condizioni di lavoro e le retribuzioni del personale infermieristico, cui non bastano più i battimani), cerca fughe per la tangente ipocrite (spetta ai cantoni). Promettendo un po’ di soldi per far fronte al problema sinora sottovalutato, sollevato dall’iniziativa (mancanza di personale infermieristico, formazione, futuro drammatico ecc.).
La seconda considerazione potrebbe essere definita “la politica della tagliola”. Capita infatti spesso, da qualche anno, che ciò che non si accetta in patria con le varie fughe per la tangente “nazional-democratiche”, finisce per essere imposto dall’esterno con la classica tagliola dell’accettazione o dell’imposizione, pena perdite. Si pensi a numerose iniziative passate e recenti definite sempre “troppo in là”, sempre respinte, e a quel che è poi avvenuto. Ad esempio al granitico segreto bancario, al bengodi istituzionalizzato della fuga fiscale, alle informazioni fiscali che bisogna fornire, al basta ai privilegi delle multinazionali o dei milionari a imposta forfettaria, all’utopistico reddito di base incondizionato rimesso in vita dal coronavirus, all’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse oppure anche al vassallaggio e ai capestri messi alle nostre banche o finanziarie dal Dipartimento di Giustizia americano o ancora all’eterno se prendi qualcosa devi anche lasciare qualcosa dell’Unione europea cui siamo legati, volenti o nolenti, dal mercato… troppo in là di capitali, merci, uomini.
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