Zan e ingerenza del Vaticano
Per la prima volta, sulla legge anti-omofobia la Chiesa interviene sul piano statale sostenendo che ‘si viola il Concordato’
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Per la prima volta, sulla legge anti-omofobia la Chiesa interviene sul piano statale sostenendo che ‘si viola il Concordato’
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Per la prima volta, sulla legge anti-omofobia la Chiesa interviene sul piano statale sostenendo che ‘si viola il Concordato’
Quello che invece non ci sta, che non è accettabile, ed è anzi intollerabile, è che la Chiesa intervenga non come espressione di un pensiero religioso ma come entità statale: accade infatti che il Vaticano ‘entra nel parlamento’ italiano per delegittimare un dibattito, sostenendo che l’idea del nuovo ordinamento sia contraria agli accordi fra i due Stati, e questo in base al Concordato voluto prima da Benito Mussolini e poi rinnovato nel 1984 da Bettino Craxi , in realtà nell’indifferenza quasi generale. Qui non si tratta più di confronto democratico, in cui la Chiesa ha sempre giocato pesante facendo valere (e a volte imponendo indirettamente) le proprie convinzioni. Qui si tratta di pura ingerenza di uno Stato straniero nelle faccende di un altro Stato.
Non era mai accaduto. Per esempio: non nel caso della legge sull’aborto, e nemmeno sulla legge che introdusse il divorzio. Dal pulpito, i sacerdoti inutilmente le bersagliarono entrambe con ammonimenti durissimi e richiami alla ‘sicura’ degenerazione di presunti imbarbarimenti morali della società, con automatici e implacabili castighi divini (una profezia ancora in attesa di conferma). Tuttavia, nemmeno allora la diplomazia vaticana si attivò ufficialmente e politicamente come entità statale. Benché con vistosi strappi alla regola, prevaleva timidamente e sempre a fatica il concetto di ‘libera Chiesa in libero Stato’, la felice espressione del pensatore francese Charles de Montalembert, politico e filosofo francese, più volte ripresa da Cavour: formula che intendeva esprimere la visione del liberalismo italiano nei confronti del problema dei rapporti fra Stato e Chiesa. Come detto, pur con progressive, eccezioni e vistose contraddizioni, fra cui appunto il Concordato, che accoglie tutta una serie di rivendicazioni ecclesiali.
Perché, invece, lo Zan ha provocato oltre Tevere una reazione diversa e più ‘invasiva’? E perché proprio nell’epoca di un papa, Francesco, che ha messo la difesa dei diritti umani fra le priorità del suo mandato pontificio, visto che, ha esclamato, in questa società “c’è gente di prima, di seconda, di terza categoria, e addirittura persone considerate scarti”? Si dice che la motivazione principale stia nell’articolo 7 della proposta di Legge, che introduce anche nelle scuole private cattoliche, “una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”. Cosa vi sia di sbagliato, anche per la Chiesa, nel contrasto a queste “fobie” non si capirebbe: se non che una mobilitazione del genere non avrebbe senso se non venisse accompagnata dalla spiegazione, ad alunne e alunni, di cosa sia l’universo LGBT. Povere orecchie innocenti. Che potrebbero reagire con turbamento, e soprattutto qualche indesiderata curiosità. Esattamente quello che ha spinto il governo ungherese di Orban, per auto-definizione ‘illiberale”, a proibire nelle scuole e in tv fino a tarda sera, di trattare il tema dell’omosessualità.
Che altro c’è di inquietante nella legge Zan? Il timore che religiosi e fedeli non possano esprimersi liberamente contro le esperienze di vita LGBT senza ritrovarsi davanti a un giudice; mentre l’articolo 4 del progetto stabilisce che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti e opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alle libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori e violenti” (qualcosa evidentemente che vada oltre l’infelice omofoba battuta di una Meloni, “preferisco non avere figli piuttosto che un figlio gay”). Immediata l’obiezione: trattasi di una formulazione che un magistrato potrebbe interpretare in modo troppo estensivo. Ma vi sono vari modi anche sul piano giuridico per impedire che ciò avvenga. Del resto, sono forse finiti in tribunale i numerosi medici che, vantando i propri convincimenti religiosi, in Italia e altrove si rifiutano di eseguire un aborto, contravvenendo così alla legge?
Lo afferma, in questa intervista, Massimo Filippini, professore di economia politica all’USI e al Politecnico di Zurigo
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