Dal nostro corrispondente da Mosca
La condanna in appello a cinque anni di prigione a Boris Kagarlitsky, per “incitamento al terrorismo” da parte del tribunale di Mosca, giunge come un mezzo fulmine a ciel sereno, dopo che in prima istanza l’intellettuale russo era stato condannato “solo” a una pesante multa e all’interdizione perpetua all’insegnamento universitario. Kagarlitsky – a cui ‘Naufraghi’ ha chiesto in diverse occasioni di commentare la situazione nel suo paese – è un sociologo noto non solo in patria ma anche a livello internazionale. Infatti la notizia della sentenza è diventata subito top-news di tutti i portali e siti d’informazione russi.
Boris Kagarlitsky ha sempre fatto parte di quella sinistra democratica che iniziò a conoscere la prigione ai tempi di Leonid Breznev, quando, era il 1982, fu condannato per “attività antisovietiche (aveva fondato un club marxista all’università già nel 1977), venendo poi graziato, dato la sua giovane età, dopo aver scontato un anno di prigione.
Successivamente, per aver sostenuto criticamente la perestrojka e la glasnost di Gorbaciov, partecipando ai movimenti sociali di quegli anni, non aveva cambiato linea quando le speranze di una riforma in senso umanista e democratico dell’URSS erano naufragate. Negli anni della presidenza Eltsin si era opposto prima alla guerra in Cecenia e al degrado del capitalismo delle gang criminali che dominò gli anni ’90 in Russia. E aveva contrastato, in anni più recenti, il regime iper-nazionalista, instaurato da Putin. contestandolo anche quando nei primi anni dei suoi mandati il leader del Cremlino era coccolato nei circoli che contano in Occidente.
Allo stesso tempo Kagarlitsky aveva sviluppato la sua carriera professionale come docente di sociologia all’Università di Mosca, scrivendo molti saggi, alcuni dei quali pubblicati anche all’estero. Kagarlitsky è sempre stato rispettato anche da chi non condivide le sue idee per l’equilibrio e la serietà delle sue argomentazioni: negli anni ’90 per lungo tempo fu per esempio autore di una colonna settimanale sul “Moscow Times”, giornale moscovita in lingua inglese di orientamento liberale.
Anche per questo la sua condanna per aver ironizzato con lievità in articolo sull’attentato ucraino al ponte in Crimea dell’ottobre 2022, risulta mostruosa in un Paese che pur ha sotterrato in prigione per “estremismo” Alexey Navalny. Lo stesso Navalny venuto a sapere della condanna a Kagarlitsky ha voluto fare la seguente dichiarazione: “Cinque anni a Kagarlitsky? Siamo alla pazzia! Che cosa incredibile. Nel nostro sistema penale se fai una rapina non li prendi cinque anni senza condizionale. Cinque anni all’età di Kagarlitsky (è nato nel 1958) sono un’autostrada per la morte. Povero Kagarlitsky”
Il sociologo si era opposto con nettezza anche all’invasione dell’Ucraina sin dal primo giorno, cercando di riflettere sui motivi di fondo che avevano portato il regime a una scelta tanto estrema e tragica. “L’operazione speciale – aveva scritto qualche giorno dopo il 24 febbraio 2022 – è il fallimento evidente di un ventennio di governo. Il Paese ha da tempo smesso di crescere socialmente ed economicamente e per questo ha bisogno di trovare un capro espiatorio, la Nato e l’Ucraina come bersagli facevano al caso del Presidente russo”. Tuttavia Kagarlitsky, aveva deciso di non lasciare la Russia, nonostante i suoi figli fossero riparati per tempo in Argentina e in Montenegro. Dimostrazione di grande amore per il suo Paese e di una fiducia mal riposta in un sistema giudiziario costellato di ingiustizie e di processi in cui si viene spesso condannati per reati di opinione.
Conosco Kagarlitsky da un quarto di secolo e sono il curatore di alcuni suoi libri in italiano per i tipi di Castelvecchi. Dopo che era stato momentaneamente liberato nel dicembre scorso, avevo avuto occasione di incontrarlo per motivi professionali. Avevo anche avuto la possibilità di realizzare un’intervista esclusiva per “I naufraghi” al dissidente che vi invitiamo a leggere se non lo avete già fatto.
Anche in quell’occasione aveva dimostrato il suo indomabile buon umore raccontandomi gustosi aneddoti sulla vita nelle prigioni russe.
E anche ora, subito dopo la condanna, ha avuto il tempo di mandarmi un breve audio sul telefono in cui dimostra la sua integrità morale: “Resto ottimista. Vuole dire che scriverò i miei quaderni dal carcere in attesa che il Paese superi questo momento buio”.
Nell’immagine: Boris Kagarlitsky durante il processo