Lacrime di coccodrillo sull’elettricità
Senza un accordo con l'Europa Svizzera "sovrana" ma con le pile scariche
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Senza un accordo con l'Europa Svizzera "sovrana" ma con le pile scariche
Si lacrima in questi giorni per i prezzi dell’energia che salgono alle stelle e per i rischi nell’approvvigionamento elettrico. Stranamente non ci sono però lacrime, neppure di coccodrillo, su un’altra liberalizzazione, quella dell’elettricità, che era un perfetto copia-incolla svizzero dall’Unione europea. Tutti d’accordo, ad eccezione di una parte della sinistra, con alcuni radicali (come nel Ticino gli ex-consiglieri Argante Righetti o Sergio Salvioni), che lanciò un referendum, in difesa del servizio pubblico e di un bene primario che non poteva essere ridotto a una merce qualsiasi di un mercato. Respinta al primo colpo (2002), quella legge fu resuscitata pochi anni dopo cambiando il titolo: legge sull’approvvigionamento dell’energia elettrica.
Lacrimare serve però a poco o niente. Come avviene con la manodopera europea di cui volenti o nolenti non si può fare a meno e se ne approfitta anche spesso, lamentandosi con ipocrisia, come calmiere del mercato del lavoro o per i minori costi salariali (dumping), così anche con l’energia elettrica ci troviamo intrappolati in un contesto geopolitico che non si può ignorare o solo deprecare. Se non teniamo conto dell’Europa o se la consideriamo “colonizzatrice” per definizione (Marco Chiesa dixit), hanno dovuto dirci alcuni politici o alcuni esperti negli scorsi giorni, rischiamo di trovarci senza luce o al freddo quest’inverno. Ricordiamo che con l’Europa i negoziati per un accordo sull’elettricità risalgono al 2007 e l’ultimo ciclo di negoziati ha avuto luogo nel luglio del 2018: eterna Svizzera!
Ci sono in tutta questa vicenda che ora sta preoccupandoci almeno quattro paradossi.
Il primo è all’origine: quello di aver sposato senza pensarci troppo, quasi vent’anni fa la liberalizzazione di tutto e quindi anche del mercato elettrico, trascinati dal vento che imperversava in Europa (e i partiti neoliberisti e del niente Stato, come l’Udc, gongolavano; ma ci cascarono pure i socialisti, quelli dell’affidabilità, soggiogati dal mercato).
Il secondo si riscontra in una enorme contraddizione geopolitica. Con almeno 41 posti di “accoppiamento” (o congiunzione elettrica) alla frontiera la Svizzera è fisicamente connessa alla rete europea continentale più di qualsiasi altro paese. La Svizzera, e qui sta il paradosso, non vi è però collegata politicamente: non ha firmato sinora nessun accordo e risulta quindi assai problematica la coordinazione con i vicini europei.
Il terzo sta nella constatazione che la Svizzera, geograficamente al centro del continente europeo, aveva ancora qualche decennio fa, con una rete elettrica ben sviluppata e una notevole flessibilità di energia idroelettrica (la famosa “stella di Laufenburg”), un’importanza fondamentale, che oggi si è molto ridotta. Il motivo di questa degradazione è in buona parte dovuto alla dinamica che c’è invece stata nei paesi vicini. L’Unione europea ha continuato a rafforzare il suo mercato interno, mentre da parte svizzera (come per Swissgrid o altre imprese di elettricità o le stesse Agenzie di cooperazione dei regolatori dell’energia) ci si è via via esclusi. Come rilevava qualche tempo fa “Avenir Suisse” (quindi il “pensatoio” e la voce degli ambienti economici) “nel paesaggio elettrico europeo, il nostro paese è stato progressivamente relegato da statuto di protagonista-chiave a quello di spettatore impotente”.
Il quarto si raffigura in una storditaggine che domina da tempo la vita politica nazionale. Essa deriva non tanto dal benaltrismo (sono ben altri i problemi!) quanto dall’ignorare quelli che, sollevandoli, metterebbero in crisi le proprie ideologie, le proprie contraddizioni e ipocrisie, quelle posizioni elettoralmente feconde.
Esemplifichiamo. In materia di cooperazione con l’Unione europea l’argomento che va per la maggiore e raccoglie sempre consensi elettorali è quello della “sovranità”. In parole povere: con l’Ue noi rischiamo di perderla, ci viene sottratto il potere decisionale del popolo, delle nostre istituzioni democratiche. Quindi: meno impegnativa e condizionante sarà per la Svizzera la pur inevitabile cooperazione con l’Ue per i nostri interessi economici, meglio sarà. Non era ancora il caso dell’accordo quadro, dopo lunghi anni di maturazione, e per questo l’abbiamo buttato via.
Ora, per quanto riguarda il problema dell’eletttricità è tutto il contrario che si verifica: senza un accordo la Svizzera perderà sempre più “sovranità” (e non solo sulle sue reti di alta tensione). Il motivo è infatti che l’esclusione del nostro paese dagli organi di coordinamento europei ha ripercussioni che possono essere gravi o persino fatali sulla sicurezza della nostra rete elettrica e sull’approvvigionamento elettrico. E non è solo conseguenza che può arrivare. Infatti sta arrivando perché lo statuto di Paese terzo della Svizzera comporta già flussi di carico non pianificati (loop flows, in gergo) che hanno messo e metteranno a repentaglio la stabilità del sistema e ci porrà sempre più di fronte ad una oscillazione continua dei prezzi. Quando si sa che il consumatore ha bisogno di un prezzo stabile per un bene di prima necessità. E allora quali lacrime piangeremo con la mitica sovranità, sempre più nuova Fenice?
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