Lugano: il ritorno del Grande capo “Cervo bianco”
La vicenda del FC cittadino ricorda la storia vera del finto capo indiano che truffò il Ticino, terra di "conquista"
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La vicenda del FC cittadino ricorda la storia vera del finto capo indiano che truffò il Ticino, terra di "conquista"
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• – Redazione
La vicenda del FC cittadino ricorda la storia vera del finto capo indiano che truffò il Ticino, terra di "conquista"
Dai Pascoli dei Cieli dove siede alla destra di Manitou, il vero (falso) “Cervo Bianco”, alias Edgar Laplante, non ce ne voglia: i suoi nipotini che periodicamente si reincarnano nel Canton Ticino (il commendator Berardelli, l’impresario Giulini) nei suoi confronti sono truffatori e millantatori da quattro soldi: a meno che il grande calciatore 36enne Dia Ba sia un “vu cumprà” senegalese e il famoso allenatore brasiliano Abel Carlos da Silva Braga un postino. Ma non sembra essere il caso: diamo dunque al principe irochese Tewanna Ray quel che è del Principe e al nuovo (falso) padrone del F.C. Lugano Thiago Rodrigo de Souza quel che è di Thiago: in tasca neanche un centesimo, ma come genialità nello spillare soldi agli altri e nel raccontare frottole non c’è partita. Thiago aveva promesso di portare a Lugano giocatori mai visti in Svizzera, ed è arrivato con 4 garzoni del “F.C. Sona” serie D italiana, ma Cervo Bianco prometteva e distribuiva letteralmente a piene mani, buttandoli fuori dalle macchine in corsa, i bigliettoni: diamine – nella sua riserva canadese il petrolio sgorgava a fiotti, e nelle sue miniere le pepite d’oro erano grosse come noccioline, i diamanti come uova di quaglia. Era in perenne lite con lo Stato che lo voleva espropriare.
E ancora: a prima vista il Thiago visto a Lugano, con la sua aria da venditore di biglietti della lotteria, non riuscirà mai a sedurre le ricche signore della “crème” luganese come avrebbe fatto “White Elk”, dove elk sta per alce, non per cervo.
Fra le sue numerosissime prede vantava la contessina austriaca Antoinette Khevemüller-Metsch e sua mamma Melanie, conosciute a Nizza, alle quali in un sol anno aveva sottratto, come stabilito dalle autorità giudiziarie fasciste, numero di lire italiane 1 milione 18 mila 874: ah l’amore! Formidabile “tombeur de femmes”, accolto dal Fascio come un campione dei nativi indiani oppressi dalla plutocrazia giudaico-massonica anglo-americana, “Cervo Bianco” raccoglieva soldi a palate “a favore del suo popolo e della Croce Rossa”, e vendeva un miracoloso olio di serpente della “prairie” canadese che aveva pure proprietà afrodisiache. Cosa ha venduto Tiago de Souza a Renzetti? Alla nostra stampa e ai notabili della città? Una qualche pozione di bava di rospo cornuto argentato dell’Amazzonia? Le “Camicie Nere”, nel 1924, dopo avergli dato la tessera e averlo celebrato al canto di “Giovinezza”, avevano smascherato il falso principe: 2 a 0 per noi. Noi in 3 settimane, loro in un anno. Sparito ed esautorato (sarà vero?) il grande imprenditore De Souza. il cerino rimane nelle mani del povero Renzetti che deve far buon viso a cattivo gioco: quello di de Souza; un po’ più defilato, del suo compare Valbusa, e quello del russo Novoselskiy che fa il diavolo a quattro nel settore giovanile, già bacchettato sulle dita dalla Federazione Svizzera. Ha un figlio su cui punta molto, e specula di fare il colpo grosso crescendo qualche campioncino da vendere a peso d’oro. Ma siccome spesso la vita non pone limiti al peggio, non solo non s’è visto “gnanca ‘n ghell”, ma ora si rischia di pagare, se veramente hanno firmato, signori Braga e Ba.
E ora? Ah! – si potesse recuperare il buon Jacobacci, mandato via perché non all’altezza delle aspettative d’un grande Lugano “brasilero”… va bè, c’è pur sempre il prodotto nostrano, il baldo Baldo Raineri, appena retrocesso con il Chiasso.
Si vedrà. Dimenticavamo: sentito puzzo di bruciato, dove si rifugiò il povero “Cervo Bianco”, alias “Alce”? A Bellinzona, dove viene curato all’ospedale, poi a Lugano, dove vive come ha sempre fatto, a scrocco. Fa una capatina a Neuchatel dove il suo olio di serpente insospettisce i locali, viene rispedito nel nostro Paese, finisce a Mendrisio dove il dr. Bruno Manzoni lo definisce “bugiardo, megalomane patologico”. Ma di genio, e anche grande attore: Edgar Laplante parla il francese di suo padre, l’inglese e la lingua di sua madre, una “squaw” irochese.
Si presenta con un enorme copricapo di piume d’aquila reale, alias tacchino, sparge a piene mani i diamanti della sua miniera, alias fondi di bicchiere, mentre invece sono autentici gli ermellini al collo: della contessina.
L’Italia ce lo porta via e lo condanna a 5 anni per truffa. II professore di antropologia criminale Marco Carrara lo giudica “bugiardo patologico dalla personalità istrionica”. Idem come sopra. Dopo 3 anni viene rilasciato, ritorna al suo Paese, riprende il suoi show di danze e canti indiani imparati dalla mamma, muore d’infarto nel 1944.
A Torino, nel Museo di Antropologia Criminale è conservato e ammirato un costume Irochese e un maestoso copricapo: e chiedere alla coppia De Souza-Valbusa calzini e mutande? Non c’è paragone.
E infine, scusandoci con i luganesi seri (non molti di questi tempi) per la crudeltà geometrica della domanda: ma perché i vari “Cervi Bianchi” sono così attratti dai nostri pascoli? Per chi ci prendono? Abbiamo un aria così scema? Ai posteri l’ardua sentenza.
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Attenti a chi usa il termine 'resilienza': fregatura in vista!