Ma la Wagner è davvero finita?
La privatizzazione che anche in Russia ha interessato l’esercito, all’origine della forza non solo economica del ribelle Prigozhin
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La privatizzazione che anche in Russia ha interessato l’esercito, all’origine della forza non solo economica del ribelle Prigozhin
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La privatizzazione che anche in Russia ha interessato l’esercito, all’origine della forza non solo economica del ribelle Prigozhin
I mass-media sembrano aver messo in soffitta il “caso Prigozhin” e “l’ammutinamento” del capo della Wagner e dei suoi fedeli mercenari. Ma nella realtà le cose non sembrano propriamente stare così. Secondo le notizie ufficiali, dopo aver stipulato un accordo informale con il bielorusso Alexander Lukashenko, il capo dei wagneriani si troverebbe in Bielorussia, mentre il suo esercito sarebbe tornato “sui campi di battaglia” in Ucraina. Tuttavia ieri pomeriggio l’ex amico di Putin è tornato a farsi sentire su uno dei suoi canali Telegram con uno messaggio vocale. Prigozhin ha sostenuto che sin dall’inizio la sua “marcia dell’eguaglianza del 24 giugno era diretta contro i traditori, contro coloro che non voglio la mobilitazione e la vittoria totale del popolo russo”. Inoltre ha voluto informare i suoi sostenitori di “essere tornato attivo”, garantendo che il “popolo russo presto sentirà parlare ancora di altre nostre vittorie”.
Certo, uno strano modo di farsi da parte. Mentre il ministro della difesa Shoigu continua a ripetere stancamente il mantra di una “crisi che ha portato al consolidamento del nostro governo”, una delle più influenti giornaliste della macchina propagandistica del Cremlino, Margarita Simonjan (già direttrice di “RT News”), ha affermato in un talk-show sul primo canale televisivo di non sapere “cosa voglia fare Prigozhin, che pure ho conosciuto, e del resto non lo sa neppure il presidente, che lo conosce da mille anni”. Per certi versi il patto siglato tra la Wagner e l’esercito russo sembra solo una tregua : per ora ha evitato il peggio, ma quanto si consoliderà e durerà nessuno è in grado di prevederlo.
Secondo fonti che giungerebbero direttamente dallo Stato Maggiore, l’attività dell’esercito mercenario russo è semplicemente in fase di “ristrutturazione”. Solo una parte dei suoi uomini è dislocata in Europa ed è presente in modo significativo in altre zone del mondo, come la Repubblica Centroafricana, il Malì e la Siria. Qui – secondo l’autorevole quotidiano moscovita “Kommersant” – l’esercito del dittatore Assad avrebbe chiesto espressamente che i foreign fighters russi restino sul suo territorio, “non importa sotto quale etichetta”. Anche in Bielorussia una parte degli uomini di Prigozhin dovrebbe giocare un ruolo non secondario nella gestione delle armi nucleari appena trasferite da Putin in territorio bielorusso, ma non sotto il diretto controllo di Minsk.
Una brutta gatta da pelare, anche perché l’impero costruito dallo “chef del Cremlino” appare scalfito ma non distrutto. “La società militare privata Wagner, fondata da Evgenij Prigozhin, ha ricevuto poco più di 858 miliardi di rubli, l’equivalente di 10 miliardi di dollari, in contratti con lo Stato. Nell’ambito di altri contratti, la sua holding denominata “Concord” ha fornito servizi per 845 miliardi di rubli.
Questo non significa che abbiano guadagnato così tanto, ma parla della portata dei loro affari e delle loro ambizioni”, ha sostenuto il celebre giornalista Dmitrij Kiselev (per avere dei punti di riferimento il Pil russo nel 2022 era intorno a 154 mila miliardi di rubli): insomma ben più degli 86 miliardi e 262 milioni di rubli per gli stipendi a carico dello Stato dichiarati da Putin dopo la conclusione del tentativo di golpe. Un simile piccolo impero ci narra di processi di privatizzazione della Difesa in corso da tempo anche in Occidente, e negli Usa, ma fino alla Wagner non aveva mai sfiorato i gangli vitali dello Stato come successo ora in Russia.
Le ricadute possono essere immense su scala internazionale e i governi aderenti alla Nato, se lo stanno appuntando. Non a caso l’editoriale di questa settimana dell’“Economist” ha lanciato l’allarme. Secondo il settimanale londinese “Putin sembra ora intenzionato a ristabilire la sua autorità … Ma prima o poi, la sua capacità di risolvere i problemi lo abbandonerà e il mondo dovrà essere pronto ad affrontarlo. Tra i molti esiti possibili, il crollo dell’ordine in un Paese con più di 4.000 testate nucleari sarebbe terrificante. Tuttavia, Putin ha dimostrato che un governo corrotto e personalistico non è il modo migliore di gestire una superpotenza. Il ritorno all’ordine e all’equilibrio mentale per la Russia sarà pericoloso, ma se Putin indosserà la corona e i suoi soldati sogneranno il dominio imperiale sull’Ucraina, quel ritorno alla normalità non potrà nemmeno iniziare”.
Nell’immagine: il logo della Wagner
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