Mai più Vajont – Una storia che ci parla ancora (1)
È appena uscito, per le edizioni Fuori Scena, un volume dedicato alla tragedia della diga del Vajont, a sessant’anni di distanza da quel terribile evento
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È appena uscito, per le edizioni Fuori Scena, un volume dedicato alla tragedia della diga del Vajont, a sessant’anni di distanza da quel terribile evento
• – Enrico Lombardi
Vajont, cronache di un olocausto
• – Paolo Di Stefano
Il monito del Vajont
• – Redazione
Shock per Israele; il più massiccio attacco di Hamas contro lo Stato ebraico; per la prima volta commando palestinesi penetrano in territorio israeliano, uccidono e sequestrano civili e soldati; la sorpresa e l’impreparazione di Tsahal; le novità dei rapporti regionali fra i motivi dell’offensiva islamista
• – Aldo Sofia
La celebre rivista di filosofia e politica a rischio chiusura, ma i lettori e i sostenitori possono salvarla – Le parole del suo storico fondatore e direttore, Paolo Flores d’Arcais
• – Enrico Lombardi
Ancora per qualche giorno nelle sale del Cantone il film svizzero-canadese “Something You Said Last Night”
• – Simona Sala
A partire dal 9 ottobre le prime due stagioni della serie “The White Lotus”, in prima visione su RSI LA1
• – Redazione
L’ultimo romanzo di Sergio Roić, che ricorre all’ “ucronia”, sostituendo fatti e tempi immaginari ad eventi realmente accaduti
• – Redazione
Il premio per la pace, incoraggiamento al movimento di protesta contro la dittatura degli ayatollah; un’altra sedicenne in coma dopo l’aggressione della polizia morale; ma intanto la teocrazia di Teheran beneficia dell’interessato soccorso di Russia e Cina
• – Aldo Sofia
Il Consiglio di Stato ticinese si appresta a presentare il Preventivo 2024. Con la ghigliottina del pareggio di bilancio entro i prossimi due anni
• – Aldo Sofia
È appena uscito, per le edizioni Fuori Scena, un volume dedicato alla tragedia della diga del Vajont, a sessant’anni di distanza da quel terribile evento
«Non sono sepolti vivi, sono sepolti morti… Meglio non mentire. Facciamo i cronisti in un cimitero», scrisse per il “Corriere della sera” il grande giornalista Alberto Cavallari quando arrivò a Longarone, l’11 ottobre 1963, due giorni dopo l’immane tragedia causata da una gigantesca frana precipitata dal monte Toc dentro le acque di una diga, con il risultato, assurdo, agghiacciante, di sommergere tutto e tutti nella valle del Vajont.
Un evento che a suo tempo scosse l’Italia intera, rimasta senza fiato di fronte alla triste conta dei morti, 1917, per la precisione, di cui 487 fra bambini e ragazzi. Per giorni i giornali non parlarono d’altro, con servizi e reportage affidati alle più grandi firme di allora: oltre a Cavallari, Dino Buzzati, Giorgio Bocca, Ettore Mo, Giampaolo Pansa, Corrado Stajano ed altri ancora.
In un libro appena uscito presso la nuova insegna editoriale “Fuori scena” di Milano, la storia della tragedia del Vajont viene raccontata per la prima volta proprio recuperando quelle testimonianze giornalistiche, per dar conto di una vicenda definita in un primo tempo, classicamente, come una “terribile fatalità” ma che poi, con il protrarsi dei giorni, delle settimane, e con interventi “militanti” come quello della giornalista Tina Merlin, prese le sembianze di una catastrofe se non annunciata, comunque incombente e prevedibile. “Un olocausto”, lo definisce, senza mezzi termini, Paolo Di Stefano nel suo cospicuo saggio introduttivo, in cui ricostruisce, appunto, la vicenda sulla base dei referti giornalistici inquadrandoli in un contesto divenuto presto terreno di scontro politico e giudiziario.
È la prima di una lunga e triste storia di catastrofi, dapprima considerate inevitabili e imprevedibili, poi frutto di colpevoli errori di progettazione, e di mancata prevenzione o manutenzione. Una serie di fatti luttuosi che ci porta, da noi, forzatamente, a dover ricordare il cantiere della diga di Mattmark, in Vallese, dove neanche due anni dopo la tragedia del Vajont, ghiaccio e detriti seppellirono 88 persone (per lo più operai italiani) in quella che rimane tuttora la più grave sciagura della Svizzera moderna. E come dimenticare, pochi mesi dopo, la tragedia di Robiei, in Vallemaggia, con le sue 17 vittime. Certo, eventi tutti diversi, con la loro specificità, eppure accomunabili dal fatto di essersi tutti prodotti come risultato di mancanza di attenzione e rispetto verso la natura, oppure per la protervia irresponsabile di operazioni realizzate solo ed esclusivamente in nome di superprofitti ottenuti in barba ad ogni minima preoccupazione per l’incolumità dei fruitori e della popolazione circostante.
Perché non si tratta di “tragica fatalità”, di “infame destino”, ma di errori umani, come il più recente terribile crollo del “Ponte Morandi” a Genova, che nel volume viene evocato da Riccardo Iacona per dire di un “filo nero” che pare percorrere queste tristi vicende senza mai insegnare nulla, con la sensazione di dover attendere, prima o poi, l’ennesima nuova sciagura.
“Mai più Vajont”, diventa così un’invocazione “civile” – come quella, celebre, che fu portata in teatro da Marco Paolini – oltre che il titolo di un volume che merita senz’altro un’attenta (e partecipe) lettura. Per non dimenticare.
In questa sede, e in altre due pagine, proponiamo un estratto dal testo di Paolo Di Stefano, ed un breve capitolo del contributo di Riccardo Iacona.
Qui il documentario “Il Disastro del Vajont” che ricostruisce tutta la vicenda.
L’ottantesimo della nascita e il decennale della scomparsa hanno riportato il cantautore al centro dell’attenzione. Complice anche una splendida mostra itinerante