Molinari, facili profezie
Nella notte all’ex-Macello il Municipio promette e poi non mantiene. La polizia ha sgomberato con fermi e arresti
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Nella notte all’ex-Macello il Municipio promette e poi non mantiene. La polizia ha sgomberato con fermi e arresti
Qualsiasi riferimento a quanto avvenuto negli ultimi mesi e sta ancora avvenendo a Lugano dalle parti di viale Cassarate non è casuale. In effetti non bisognava essere arguti vati (pure il mago Otelma una volta tanto ci sarebbe arrivato) per profetizzare quanto successo oggi e, se qualcosa non cambierà, inevitabilmente succederà ancora; bastava andare a rileggersi e tenere ben presente quanto dichiarato a più riprese dall’ex sindaco della città Giorgio Giudici, cui i molinari stavano cordialmente antipatici, e Giuliano Bignasca, il quale invece, forse perché gli ricordavano lui giovane protagonista di molte notti brave, guardava ai “brozzoni” con malcelata simpatia: mai scontrarsi frontalmente con gli autogestiti perché non si risolve niente, anzi. O, se proprio la memoria fallava, seguire quanto consigliato al Municipio dal Consiglio di Stato ticinese (leghisti compresi, si mormora) questa primavera: non sgomberate l’ex macello.
Già, perché bene o male finché l’ex macello esisteva, esisteva anche uno spazio di aggregazione giovanile tutto sommato sicuro ma soprattutto chiaro e ben definito, con cui si poteva se non dialogare per lo meno convivere; con il suo abbattimento tutto questo è venuto, letteralmente, a cadere, e al posto di un luogo che si poteva al limite anche ignorare appunto perché bene o male autogestito, è rimasto solo un cumulo di macerie, non solo fisiche, reali, ma anche etiche e politiche. E sulle macerie, checché ne dica Guccini, è assai difficile costruire, se non impossibile.
I fatti di ieri, ma anche quelli precedenti, lo dimostrano: i giovani scacciati sono ritornati, in barba al mantra recitato negli ultimi mesi dalla maggioranza del Municipio (“l’abbiamo demolito perché così non potranno più tornare”), e il problema dell’autogestione, anche quello della sicurezza dei giovani e della cittadinanza (secondo mantra municipale e della magistratura), non è per nulla risolto – anzi da quest’ultimo punto di vista la situazione è peggiorata assai, anche se in tarda serata le parti si erano accordate per una specie di tregua armata.
Il dialogo per di più, che nella notte a quanto ci era stato riferito non era ancora completamente chiuso (in mattina, avrebbe dovuto recarsi sul posto il vicesindaco Badaracco accompagnato dalla consigliera comunale PS Mattea David, che ieri si è spesa molto in una faticosa opera di mediazione per cercare di tenere aperta questa finestra), si è bruscamente interrotto questa mattina con un nuovo intervento della polizia. Pare che la maggioranza del Municipio abbia dato mandato alla polizia e al sindaco di gestire la situazione (Ponzio Pilato non poteva fare di meglio), e questo è il risultato: parola data rimangiata, fiducia tra le parti pari a zero. Punto e a capo.
Indipendentemente da ciò, quello che si chiede adesso al Municipio è uno scatto di inventiva e immaginazione, un’azione politica decisa (in senso ideale questa volta, non fisico, è bene precisarlo) per risolvere l’impasse creatasi. Che cominci insomma per lo meno a pensare come e cosa costruire su quel cumulo di macerie reali e morali che lui stesso ha accatastato e lasciato in bella vista proprio nel cuore della nostra città.
Lo so, lo so, un’altra facile profezia…
P.S.: mi rimane un problema giuridico, che spero qualcuno possa aiutarmi a risolvere. Il Municipio, giusto per calmare gli animi, ha annunciato una denuncia contro gli autogestiti per violazione di domicilio. Tuttavia sul sedime dell’ex macello gli autogestiti, in forza di una convenzione firmata da loro, dalla Città e dal Governo ticinese, potevano starci, per lo meno finché un giudice non avesse deciso il contrario, cosa che non è manifestamente avvenuta. Lo sfratto e il conseguente e successivo sgombero parrebbe dunque essere giuridicamente nullo, visto che non è stato effettuato seguendo le normali e regolari procedure giuridiche (in fondo tra le righe lo attesta pure l’inchiesta effettuata dal pp Pagani). Di conseguenza la convenzione dovrebbe essere ancora in vigore, e il domicilio dei molinari essere dunque proprio il sedime loro assegnato, l’ex macello. È dunque possibile violare il proprio domicilio? Oppure è solo l’ennesimo paradosso di questa ormai surreale vicenda?
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