“Momenti difficili e pesanti anche per quello che é stato pubblicato”
Considerazioni sulla prima intervista a mons. Chiappini dopo decreto d’abbandono
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Considerazioni sulla prima intervista a mons. Chiappini dopo decreto d’abbandono
• – Aldo Sofia
Un po' più di prudenza avrebbe permesso a stampa e inquirenti di sopravvivere al disgregarsi assai prevedibile delle ipotesi accusatorie
• – Marco Züblin
L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)
• – Redazione
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• – Franco Cavani
Il PIL non dice quanto la popolazione sia stanca e stressata, e quanto i giovani siano angosciati
• – Redazione
Il presidente dell'UDC, in mano all'ala dura del partito, definisce "dittatura legale" il Consiglio federale ma non sa cos'è la collegialità
• – Daniele Piazza
Nemmeno all’epidemiologo più tetragono i lockdown piacciono: sono la conseguenza del fallimento delle misure di prevenzione, un fallimento programmato nella misura in cui, almeno in Occidente, la scelta è sempre stata quella di prevenire... a posteriori
• – Redazione
La BN l'anno scorso ha fatto utili per oltre 20 miliardi di franchi, ma ne distribuirà soltanto 4 a Cantoni e Confederazione. Perché? Ed é giusto?
• – Aldo Sofia
Vien da chiedersi se non sia opportuno creare un consiglio svizzero della magistratura, governo autonomo di un potere giudiziario indipendente dalle logiche di partito
• – Federico Franchini
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• – Franco Cavani
Considerazioni sulla prima intervista a mons. Chiappini dopo decreto d’abbandono
20 Novembre, il giorno dell’arresto: “Alle 7.30 celebro la Messa a Sant’Antonio. Alle 8.30 arrivo a casa, entro nel mio appartamento, sento dei rumori dall’esterno… rumori molto violenti, esco e ci sono 4 o 5 poliziotti, minacce, se lei non apre, eccetera eccetera. Regisco e qualcuno dice ‘se non tace le mettiamo le manette’. E un primo breve interrogatorio” . Quindi Il trasferimento nella sede della Polizia. Qui l’interrogatorio durerà tutto il giorno, fino a sera. Infine il trasferimento in carcere. Direttamente in cella. “Non mi hanno detto se potevo tornare a casa per prendere una camicia di ricambio, delle calze, un fazzoletto… La cosa che mi ha pesato terribilmente é il trasporto in furgone, e di ciò che scorre fuori non vedi niente… C’era già stato un primo esame corporale in Polizia, un secondo quando arrivo in prigione… Ci sono cose secondarie, che però pesano, e di fanno sembrare una ‘cosa’ “. Nei giorni successivi, l’altro macigno: “Penso a quello che vivono altre persone in quella situazione, magari trattati anche peggio… Se io fossi un padre di famiglia e avessi dei figli che leggono i giornali…. no, mi sembra una cosa inammissibile, fosse anche un colpevole va rispettato”.
Lo aiuta la coscienza pulita, la consapevolezza di non aver fatto nulla di penalmente rilevante. E, dopo i tre giorni di carcere, i molti messaggi di sostegno ricevuto (“a metterli tutti assieme, potrei scrivere un libro”).
Un errore, ammette, é stato non rinnovare i permessi di quella che doveva essere la sua “vittima”, la donna di origine finlandese, arrivata in Ticino tanti anni fa, prima ingaggiata perché conosceva diverse lingue, poi impegnata nei lavori domestici (“non voleva nemmeno andare a ritirare il passaporto, l’ho sempre pagata, e versato le tasse alla fonte”). Da tempo ha difficoltà, quella collaboratrice, preferisce rimanere sempre chiusa in casa, a fatica don Azzolino deve convincerla a uscire, anche per una visita medica. Dice che per proteggerla evitava che in casa entrassero estranei, e forse questo ha destato sospetti : “Su questo si è costruito il teorema. È stata interrogata a lungo, e la sua testimonianza è risultata determinante, perché ha dichiarato che era libera, che non era sequestrata, che non uscire era una sua scelta… La Procura avrebbe potuto interrogarla prima di arrestarmi”.
Fra loro, precisa, “dopo tanti anni di convivenza c’è un rapporto di amicizia, e anche, sì , d’affetto, e chi vuol ricamarci sopra lo faccia pure”. Non sa chi possa averlo denunciato. La presenza della donna era nota a molti nel quartiere, e in tanti la vedevano o la conoscevano nel quartiere del Borghetto.
Dopo questo racconto, rimangono almeno quattro interrogativi:
Partiti, famiglie e parabole elettorali in un Cantone che a volte assomiglia a un condominio
Siamo chiamati a votare, durante il week end, per un problema che, nella quotidianità della Svizzera, praticamente non esiste. Le statistiche ufficiali ci dicono infatti che sono...