Chiappini: merito e metodo
Un po' più di prudenza avrebbe permesso a stampa e inquirenti di sopravvivere al disgregarsi assai prevedibile delle ipotesi accusatorie
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Un po' più di prudenza avrebbe permesso a stampa e inquirenti di sopravvivere al disgregarsi assai prevedibile delle ipotesi accusatorie
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• – Franco Cavani
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• – Redazione
Il presidente dell'UDC, in mano all'ala dura del partito, definisce "dittatura legale" il Consiglio federale ma non sa cos'è la collegialità
• – Daniele Piazza
Nemmeno all’epidemiologo più tetragono i lockdown piacciono: sono la conseguenza del fallimento delle misure di prevenzione, un fallimento programmato nella misura in cui, almeno in Occidente, la scelta è sempre stata quella di prevenire... a posteriori
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• – Aldo Sofia
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• – Federico Franchini
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• – Franco Cavani
Sono uno dei pochi che traduce – si fa per dire – “Facebook” in italiano. Lo chiamo Facciabuco. Non so perché, ma lo preferisco a “Faccialibro”… e mi ci metto pure un pollice all’insù.
• – Cesare Bernasconi
Un po' più di prudenza avrebbe permesso a stampa e inquirenti di sopravvivere al disgregarsi assai prevedibile delle ipotesi accusatorie
E il prelato, ottimo vincitore, non infierisce sulla polizia e sulla magistratura (altri lo fanno in sua vece, e lui lo sa), accontentandosi con sagacia del ben più grande lustro che gli viene dal generale peana che gli viene ora elevato. Per una volta, una sola eh, non siamo qui a parlare di occultamenti, di connivenze e di omissioni, ma di innocenza ritrovata, di virginale candore, addirittura di purezza.
Detto del merito, resta da parlare del metodo. E qui, c’è aria di processo pubblico nei confronti degli inquirenti, che si accampano ora come i chicos malos de la pelicula, come persecutori senza motivo, come dilettanteschi tintinnatori di manette, forse come anticristi. Ed è ben vero che gli appostamenti (che immaginiamo, con solo un piccolo sforzo di fantasia, comici), l’arresto un po’ teatrale, la inedita carcerazione momentanea dell’ottantenne prelato, le perquisizioni coram populo, tutte queste ostentazioni di forza hanno un che di eccessivo, foss’anche avuto riguardo all’ipotesi di reato. Non solo di eccessivo, ma anche di autolesionistico, forse di suicidale, visto l’oggetto dell’interesse e il track record dei provvedimenti a carico di sacerdoti, che doveva indurre poliziotti e procuratrice a consigli un po’ più miti. Forse si è pensato che, in questa temperie da me too, fosse legittimante in sé l’ipotesi che la “vittima” incarcerata da un presunto orco in sottana fosse una donna; senza però fare i conti con il resto, e che resto. Invece nulla, si è andati avanti come treni, senza preoccuparsi di coprirsi le spalle, di adottare qualche modalità lievemente più prudente, forse qualche simbolica e deferente genuflessione, un filo di cattolica ipocrisia insomma. Tutte cose che avrebbero permesso di sopravvivere al disgregarsi assai prevedibile delle ipotesi accusatorie, e al casino che ne è seguito. Gli è che la vicenda è una ulteriore, plastica e scolastica (magari anche pleonastica), dimostrazione del fatto che il magistrato inquirente non deve solamente essere laureato, sgobbone e militante sotto i vessilli del partito giusto, ma anche dotato di sufficiente esperienza delle cose del mondo e della vita, da evitarsi non solo futuri pubblici bagni di umiltà e lavate di capo per interposti media e società civile, ma anche (forse in questo caso, certamente in altri) errori che hanno effetti assai gravosi, magari immedicabili, sulla vita delle persone.
Alla ricerca di segnali concreti di una annunciata strategia a medio termine
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