Nadia Sikorsky: “Bisogna leggere i classici russi”
Incontro con la fondatrice e caporedattrice di “Nasha Gazeta”, il primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera
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Incontro con la fondatrice e caporedattrice di “Nasha Gazeta”, il primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera
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• – Aldo Sofia
Incontro con la fondatrice e caporedattrice di “Nasha Gazeta”, il primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera
Quando il Teatro alla Scala di Milano ha aperto la stagione operistica lo scorso dicembre con “Boris Godunov”, del compositore russo Modest Mussorgsky, la sua facciata è stata spruzzata da un gruppo di attivisti con vernice rossa, il colore del sangue. “L’ho trovato assurdo. “Boris Godunov” racconta la storia del primo zar a cui fu chiesto di prendere il potere, e che ne abusò. È un’opera che risuona totalmente con il mondo di oggi”, afferma Nadia Sikorsky, fondatrice e caporedattrice del primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera, Nasha Gazeta (nashagazeta.ch), che significa “Il nostro giornale”.
Per mesi dopo l’inizio della guerra contro l’Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin, molti casi di annullazione di concerti, spettacoli teatrali, mostre di artisti russi e di appelli al boicottaggio di opere della letteratura russa hanno risuonato negli Stati Uniti e attraverso l’Europa. In realtà, suggerisce Nadia Sikorsky, dovrebbe accadere il contrario. “Fortunatamente questo fenomeno è passato abbastanza velocemente, soprattutto in Svizzera dove abbiamo potuto deplorare solo pochi casi. Che personaggi come il direttore d’orchestra Valery Gergiev non vengano più invitati, posso capirlo: ha un legame diretto con il potere russo”, ci ha detto durante un incontro a Ginevra, dove vive. “Ma cercare di bandire le opere di Ciajkovskij, i romanzi di Dostoevskij, è stupidità. Al contrario, bisogna studiare i classici russi, con attenzione, perché nessun altro è stato così spietato con le debolezze e i difetti del sistema russo, in ogni epoca, quanto i grandi autori, da Pushkin a Bulgakov”.
Un’incursione culturale occidentale nell’Unione Sovietica – su invito del governo sovietico – è stata uno dei fattori decisivi della carriera di Nadia Sikorsky. Era ancora una studentessa del secondo anno alla Scuola di giornalismo dell’Università di Mosca quando le è stata offerta un’opportunità che, dice, “ha cambiato la mia vita”. Nel 1986, il Ministero della Cultura aveva invitato, a nome del presidente Mikhail Gorbaciov, un gruppo di noti scrittori e intellettuali occidentali – gli autori americani Arthur Miller e James Baldwin e il turco Yaşar Kemal, il futurista Alvin Toffler, lo scienziato spagnolo Federico Mayor, che l’anno successivo diventerà Direttore Generale dell’Unesco, l’attore Peter Ustinov e altri – a partecipare a un convegno informale chiamato Issyk-Kul Forum (perché svoltosi sulle sponde del lago Issyk-Kul, in Kirghizistan) per discutere e immaginare il futuro del mondo. L’incontro, presieduto dallo scrittore kirghiso di lingua russa Chinghiz Aitmatov, necessitava di interpreti, e la giovane studentessa fu fra loro. La conferenza non è forse stata di grande beneficio per l’Unione Sovietica, che sarebbe scomparsa cinque anni dopo, ma lo è stata per Nadia Sikorsky, che a 19 anni poté così trascorrere due settimane ad ascoltare gli invitati, tradurre le loro discussioni e “sentire la mia visione del mondo cambiare”.
Nel 1989, due settimane dopo la caduta del muro di Berlino, Sikorsky traslocò a Parigi grazie a una borsa di studio offerta dall’Unesco per terminare il Master e poi conseguire il Dottorato lavorando come funzionaria internazionale. Nel 1991, l’Unione Sovietica implose. Dopo dieci anni a Parigi (e dopo aver imparato il francese per amore del teatro) Nadia Sikorsky si stabilì a Ginevra. Lavorò ancora per qualche anno all’ONU. Poi intervenne un altro cambiamento radicale.
Nel 1993 Mikhail Gorbaciov aveva creato la Green Cross, la Croce Verde Internazionale, un’organizzazione con finalità socio-ambientali. Nel 2004 Sikorsky ne diventò la direttrice della comunicazione, lavorando così al fianco dell’ex leader sovietico per più di due anni. “Gorbaciov era un prodotto della sua generazione e del sistema sovietico, ma era una brava persona. Era sincero. Era molto umano. Era la sua grande forza e la sua grande debolezza, perché i russi – e non solo loro – prendono l’umanità, la gentilezza e la sincerità per debolezza. Ha offerto una opportunità al mondo, ma l’Occidente non l’ha colta, ha scelto l’approccio conflittuale piuttosto che quello cooperativo”, ed è dalle molte ramificazioni di questa occasione persa che sta germogliando oggi la nuova guerra fredda.
Sikorsky è ancora arrabbiata con i leader occidentali che non hanno preso parte ai funerali di Mikhail Gorbaciov, morto il 30 agosto dell’anno scorso. “Non era presente nessun capo di Stato tranne l’ungherese Viktor Orbán. Perché? Gorbaciov aveva aperto loro tutte le porte, voleva davvero la pace. Sarebbe stato un modo molto potente per inviare un segnale a Putin, se la comunità internazionale avesse mostrato rispetto per questa persona, la cui importanza storica l’attuale presidente russo sta cercando di negare”.
Nel 2007 Nadia Sikorsky lancia, su invito di un editore romando, “Nasha Gazeta”. Il giornale online è inizialmente concepito come sito per i russofoni a Ginevra, ma diventa rapidamente un medium nazionale che copre l’intera Svizzera. Ha oggi migliaia di lettori in Svizzera, in Russia e nelle ex repubbliche sovietiche, ma anche in Germania, Francia, Israele, Stati Uniti.
Nel giorno dell’invasione dell’Ucraina da Parte di Putin, il 24 febbraio 2022, la giornalista prende, in vari articoli, una posizione netta contro la guerra.
“Ogni russo onesto e responsabile, che ha un cuore e una testa, che si cura del futuro del suo Paese”, scrive allora, “deve mostrare la sua integrità denunciando questa guerra e fare del suo meglio per il raggiungimento della pace”. Deve farlo, aggiunge, per preservare la sua dignità: “Denunciare la guerra non è tradire la Russia, come dice la propaganda”. Per sottolineare questa posizione, l’autrice si richiama alla letteratura, citando l’autore di origini abkhaze ma di lingua russa Fazil Iskander, secondo il quale “un essere umano deve rimanere integro, e questo è fattibile in ogni circostanza, sotto tutti i regimi. L’integrità non presuppone eroismo: presuppone la non partecipazione alla bassezza”.
La guerra, dice oggi, mentre abbiamo appena superato il 400° giorno di combattimenti in Ucraina, “è un monumentale fallimento della diplomazia mondiale. Più va avanti, più mostra quanto impotente sia la diplomazia. Oppure bisognerebbe credere che il prolungamento della guerra serva degli interessi”. Teme che stia nascendo una nuova cortina di ferro, che potrebbe tagliar fuori dal resto del mondo non solo coloro tra i russi che “vivono nella negazione e, guidati dalla propaganda, sostengono Putin”, ma anche tutti quelli che si oppongono alla guerra.
Un altro tipo di negazione è presente in Occidente e Sikorsky lo trova molto pericoloso: “Non è uno che bluffa, Putin, ed è per questo che coloro che hanno detto fino al 23 febbraio 2022 che stava bluffando, che non avrebbe invaso l’Ucraina, “chiamando” il suo bluff, sono irresponsabili. Dissero che stava bluffando anche davanti alla Georgia, e ci fu la guerra. Dissero che stava bluffando sulla Crimea, e l’ha annessa. La cosa più inquietante è che Putin non ha mai nascosto le sue intenzioni, continua a fare quello che ha detto che avrebbe fatto, non c’è nessuna sorpresa. E ora sono gli stessi irresponsabili che dicono “non premerà mai il pulsante nucleare”. Non credo che su questo argomento sia nel nostro interesse mettere alla prova i suoi limiti. Bisogna capire che Putin non ha nulla da perdere. Non gli si possono applicare categorie che si applicherebbero a una persona “normale”, che ama la vita, che ama i suoi figli, che ha una moglie. Putin è pura ambizione”.
Torniamo a parlare di cultura. La Russia è un paese dalla lunga storia di potere autoritario e repressivo, ed è probabilmente per questo che la sua cultura è così profondamente veicolo di resistenza. Testimonia della possibilità di articolare forme di dissidenza in ogni circostanza. “Bisogna ascoltare l’opera e leggere i grandi classici della letteratura russa, perché individuano con struggente precisione e chiarezza ciò che non va nella politica e nella società”, afferma la nostra interlocutrice. “Alcuni dicono che l’arte e la cultura sono deboli di fronte alla guerra. Io vedo piuttosto in loro una notevole resistenza”.
Uno scrittore di cui si torna a parlare in questi mesi è Evgenij Zamjatin, autore nel 1922 di un romanzo di fantascienza politica intitolato “Noi” (edizione italiana da Mondadori). È scritto nella forma di un diario tenuto dal suo protagonista, che porta un numero al posto del nome. D-503 vive nello Stato Unitario (diretto dal Benefattore), luogo di totalitarismo e conformismo non dissimile dall’Unione Sovietica. Il libro ha ispirato tra gli altri George Orwell nella stesura di “1984”.
Quello che Zamjatin consegna a noi che viviamo un secolo esatto più tardi, in società sempre più intrise di sorveglianza, conformismo, normalizzazione del “fake” e proiezioni pubblicitarie e manipolatrici della realtà, è un messaggio di resistenza. “Ci dice”, commenta Nadia Sikorsky, “che dobbiamo resistere a chi vuole trasformarci in robot, in numeri. Che dobbiamo mantenere la nostra dignità per rimanere umani”.
La letteratura russa, tuttavia, non uscirà indenne da questa guerra e dalle tensioni che la circondano. Sikorsky: “Ho notato che molti grandi scrittori contemporanei di lingua russa stanno smettendo di scrivere in russo. Andrei Kurkov ha appena pubblicato il suo ultimo libro in inglese. Mikhail Shishkin (che vive in esilio nella Svizzera tedesca) lo ha fatto in tedesco. Mi par di capire che il prossimo libro di Sergei Lebedev non sarà in russo. Non li giudico, ma lo trovo triste”.
Nell’immagine: Nadia Sikorsky ritratta da Janna Lambinet
Governo, Vaticano, Cinque stelle, PD, influencer e tutti gli altri non sono ancora in ferie
Il testo letto durante la manifestazione di ieri a Bellinzona da Luca Torti, coordinatore del Comitato contro la guerra e contro il riarmo