Noi e Bob Dylan
Lo abbiamo amato dal primo momento. Non capivamo un acca, però ci piaceva
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Lo abbiamo amato dal primo momento. Non capivamo un acca, però ci piaceva
• – Cristina Foglia
In Inghilterra una delle varianti indiane, presente anche in Svizzera, crea grosse preoccupazioni ma da noi importa riaprire
• – Riccardo Fanciola
Berna ha sbattuto la porta in faccia all’UE. Pesanti le incognite
• – Daniele Piazza
Anche nella quasi-religione dell'economia le visioni imperanti sono quelle maschili
• – Silvano Toppi
• – Franco Cavani
Le conseguenze del surriscaldamento globale impongono di agire
• – Eleonora Giubilei
Le responsabilità di un governo a lungo silente, indeciso, pasticcione e incapace di negoziare con tenacia un compromesso
• – Redazione
Ogni religione ha il proprio dio padre padrone
• – Franco Cavani
La marcia indietro sulla gestione privata, nuova frontiera dell’intelligenza politica in salsa luganese
• – Marco Züblin
Una brutta storia fa finire il servizio pubblico inglese sotto assedio politico
• – Aldo Sofia
Lo abbiamo amato dal primo momento. Non capivamo un acca, però ci piaceva
In questi giorni stiamo facendone una pelle. Di Bob Dylan, chi se no?
I suoi 80 anni, i suoi classici, le sue svolte improvvise, la religione. Le canzoni brevi e quelle che sembrano non finire mai. A sentire tutte queste analisi, anche dotte (consiglio Franco Fabbri in Juke box 900 su Rete Due), mi vien da dire che noi, amanti di Dylan della prima ora, non sapevamo un acca. Però ci piaceva.
Avevamo 13-15 anni e l’inglese era una lingua affascinante quanto misteriosa.
Erano pochissimi quelli che “capivano le parole”. E poi, avete presente come canta il menestrello? Frasi smozzicate, a volte biascicate. Quindi il senso di ogni brano era qualcosa che per la maggior parte dei casi sfuggiva nel vento.
Era poco anche il materiale di appoggio: i libri con testi e accordi erano merce rara, così si metteva su il disco e si copiavano le parole, come le sentivamo.
Poi a orecchio si cercavano gli accordi. Di regola, con tre e quattro si metteva insieme ogni canzone. Eh bravo Dylan, mica come Joni Mitchell che stravolgeva le accordature e potevi tanto perderci le ore a cercare le sonorità giuste.
Quindi si provava il brano: Au dosit fiiil, au dosit fiiil, tu bi onioron… laic a rollinston
Suonava bene, suonava giusto. Certo, sapevamo che le sue non erano canzonette ma roba di protesta giovanile, e questo era sacrosanto. Ma da lì a capire i testi ce ne correva. A essere fortunati si captava, di notte, qualche radio dove c’era qualcuno chi ti spiegava le parole. Carlo Massarini lo faceva sulla Rai e io avevo una radiolina a transistor che faceva la spola fra il suo programma e Radio Luxemburg. Se no, a noi andava bene così.
Ho sentito che a Dylan dispiace che si parli soprattutto dei suoi testi “Oh, ho scritto anche la musica! È così trascurabile?” pare si sia lamentato.
No, no, signor Tamburino. Guarda, ti posso assicurare che per noi adolescenti le parole erano una roba fumosa, era la musica che ci piaceva. La tua vocetta nasale. La musica combinata con quella lingua che sembra fatta apposta per le canzoni. Prendiamo “Lay, lady lay”. Chi lo sapeva che aveva fatto arrabbiare i tuoi fans perché eri passato alla chitarra elettrica? E, peggio ancora, che eri andato a inciderla insieme a quei reazionari di Nashville? Loro e il loro Bluegrass.
Niente, a noi piaceva come suonava: Sol-Si minore-FA-La minore… scivolava via a meraviglia. Un’infilata di barré da fare invidia. Lei ledi lei, lei uit ior men uaif… dice così? Aè. Ma cosa vuol dire? Boh, tipo “dormi con tuo marito, donna”. Eh??? Ma sì, chi se ne frega, senti come va via bene! Era una gioia tirare fuori quegli accordi e metterci su le parole rubate dal disco.
Lov is oll der is, en meks te uord goraund… Love lo capivamo. Giro di do, una piroetta nella parte centrale che le dava un tocco inconfondibile, e “I threw it all away” veniva una meraviglia. Che fosse una bellissima canzone d’amore potevamo solo immaginarlo, nonostante l’attacco fra cine-organo e chitarrina che la faceva sembrare una melodia da canvetto.
“Love is all there is. No matter what you think about it, just you wan’t be able to do without it”.
Così giovane, avevi già capito tutto.
C’è voluto qualche anno e qualche corso di inglese, ma adesso lo capiamo anche noi.
A Lugano i giovani violenti e pericolosi erano solamente nei pregiudizi del municipio
La coraggiosa protesta delle donne iraniane contro i "guardiani del buoncostume"