Parigi 2024: russi e bielorussi presenti sotto l’insegna dei cinque anelli?
Ma Zelensky minaccia di boicottare l’Olimpiade e definisce gli atleti dei paesi nemici ‘complici del genocidio del suo popolo’
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Ma Zelensky minaccia di boicottare l’Olimpiade e definisce gli atleti dei paesi nemici ‘complici del genocidio del suo popolo’
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Ma Zelensky minaccia di boicottare l’Olimpiade e definisce gli atleti dei paesi nemici ‘complici del genocidio del suo popolo’
Nell’imminente anniversario dell’aggressione della Russia all’Ucraina, oltretuttoa tregua olimpica ancora in corso (Pechino 2022), il Comitato Internazionale Olimpico ha suscitato l’ira di Zelensky facendo semplicemente il suo mestiere, ossia richiamandoci ai valori della Carta Olimpica: il raduno della gioventù di tutto il mondo senza discriminazioni di razza, religione o Paese, in competizioni pacifiche, come stabilito dall’Oracolo di Delfi, la Pizia, nel 776 a.C., secondo quanto narrato anche dall’insospettabile storico romano Pausania. Perché ora come allora gli umani si massacrano: «come quando sotto striduli venti volano le tempeste, così avvenne l’urto in un groppo, e bramavano di massacrarsi l’un l’altro col ferro puntuto» – Omero.
Ma secondo la Pizia, interrogata dal re degli Elei Ifeto, il giavellotto (il ferro puntuto) non deve più trapassare il petto del nemico, ma essere lanciato il più lontano possibile; straordinaria rivoluzione che ci hanno regalato i greci, cancellata per 15 secoli dai cristiani che ritenevano le Olimpiadi una celebrazione ‘pagana’, ripristinata dallo strano cattolico De Coubertin nel 1894.
‘GIVE PEACE A CHANCE’: date una chance alla Pace, è l’appello lanciato da Thomas Bach presidente del CIO, che conta 206 Comitati olimpici, fra questi anche quello palestinese, emanazione di un Territorio, non ancora di uno Stato. Bach al momento ha avuto l’opposizione chiara di 35 Paesi, pochi, il 17%. La grande maggioranza non se l’è sentita di condividere l’ira funesta di Zelensky, e la sua teoria dell’atleta «complice d’un genocidio». Siamo comunque di fronte a un problema difficilmente risolvibile: quello della separazione voluta da De Coubertin fra sport e politica. Il barone francese ha fatto in tempo a sentire l’oscena apertura delle Olimpiadi di Berlino nel 1936, quando Goebbels invita la fiamma olimpica ad ardere in eterno nel senso del Terzo Reich («in diesem Sinne, glühe, heilige Flamme, un erlösche nie!»). La stessa Germania, dopo due guerre, fu esclusa per indegnità dai Giochi del 1920-24 e 1948; e proprio in Germania, nel 1972, il CIO ha mutato la formula del giuramento: l’atleta non gareggia più per la gloria e l’onore del proprio Paese, ma per la propria ‘squadra’.
Siamo tutti consci del fatto che da sempre il Potere si attribuisce le gesta dell’eroe sportivo del momento per giustificare e celebrare sé stesso, non necessariamente come avveniva nei regimi nazi-fascisti, ma ugualmente in notevole misura. Il confine fra un giustificato orgoglio per il Federer o l’Odermatt di turno, e il nazionalismo che spaccia una vittoria sportiva per una dimostrazione di superiorità etnica o di sistema di governo è spesso labile. E allora? Semplice: il CIO propone di neutralizzare letteralmente la questione togliendo agli ipotetici vincitori russi e bielorussi i simboli dei loro paesi: né bandiere, né inni, e nemmeno il nome delle loro nazioni. Gareggerebbero, come di recente i russi sospettati di essere cavie del doping di Stato, sotto l’egida dei cinque anelli a titolo individuale e solo dopo aver superato tutti i test. Tra l’altro, sport di vasto interesse mondiale come il tennis o il disco su ghiaccio, oltretutto negli Stati Uniti e in Canada, continuano ad aprire le porte a russi e bielorussi. Ieri il CIO, dopo aver nuovamente condannato l’aggressione russa, ha chiamato tutti i Comitati olimpici ad unirsi «per dare il loro modesto contributo agli sforzi di chi si adopera per la Pace».
I fronti, come quelli in guerra, sono inconciliabili: l’olimpionico Valeri Borzov, ucraino, che ho conosciuto personalmente come un fedele rappresentate dell’URSS, membro del ‘Komsomol’, poi Ministro ucraino della Gioventù e dello Sport, si è opposto al piano di Bach «per una questione di rispetto dei valori umani di base»: russi e bielorussi devono essere esclusi dai Giochi. Detto da uno che nel 1972 a Monaco di Baviera aveva vinto 100m e 200m non è appello di poco conto…
A Monaco la tregua sacra, la Echecheiria dei greci, fu rotta in modo brutale dai ‘feddayin’ di ‘Settembre nero’ che attaccarono la palazzina degli israeliani. Io, debuttante, quei Giochi insanguinati li avrei chiusi. Ma Avery Brundage, già capodelegazione USA nel 1936, ammiratore di Hitler e Mussolini dichiarato, pronunciò la famosa frase – THE GAMES MUST GO ON! Mi fa male dirlo: aveva ragione lui, anche se lui lo diceva soprattutto perché se avesse chiuso bottega, il CIO avrebbe pagato pesantissime penali alle TV di tutto il mondo, rischiando la bancarotta. Nella suo desiderio di gloria in una sfida senza spargimento di sangue, dobbiamo lasciare alla gioventù il sogno olimpico, dobbiamo permettere a russi e bielorussi di partecipare ai Giochi a titolo individuale: sicuro, Zelensky, che non aiuterebbe la causa? A contatto con il grande mondo, sarebbero confrontati con opinioni molto diverse da quelle che sentono in modo sistematico a casa loro. Sempre che nel 2024 le Olimpiadi non siano cancellate da un conflitto ben più ampio.
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