Parole e sacrifici
Quando le misure e le pressioni contro la Russia diventano “scomode” perché ci obbligano a veri sacrifici
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Quando le misure e le pressioni contro la Russia diventano “scomode” perché ci obbligano a veri sacrifici
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Quindi, pochi giorni fa, un neo deputato vodese al Consiglio nazionale, avvocato di professione e Verde per convinzione, ha proposto di abbassare la velocità in autostrada a cento all’ora. Si tratterebbe di una piccola misura, magari anche transitoria, ma di comprovata utilità per diminuire il consumo di idrocarburi: quindi di una misura che potrebbe contribuire, nel suo piccolo, a infastidire la Russia e essere utile all’Ucraina, per i motivi che tutti conoscono.
Recentemente, l’ex ambasciatore francese all’ONU, politico di lunga e autorevole carriera (unico occidentale ad aver detto, agli Stati Uniti, a Nuova York e diritto negli occhi, no alla guerra in Iraq poi andata a finire come si sa) intervistato a proposito della guerra russa in Ucraina (che per taluni, da noi, è solo un “semplice conflitto”) disse che “di fronte a questa tragedia dovremmo e dovremo pagare un prezzo anche noi, dovremmo e dovremo farci male anche noi se vogliamo che l’Ucraina e la democrazia ne escano vincitori. Farci male significa, ad esempio, essere pronti a pagare il prezzo di penurie energetiche, oltre che di altre materie prime; farci male significa imporre alla Russia anche misure che, in qualche modo, si ritorceranno contro di noi. Per l’appunto, una fra quelle misure potrebbe essere quella proposta dal deputato nazionale Raphaël Mahaim, e il suo obiettivo è duplice: “spezzare la dipendenza nei confronti delle fonti energetiche fossili” e “consumare meno carburante, quindi ridurre le emissioni di CO2“.
Si potrebbe pensare che, ragionevolmente, sia difficile non concordare con questi due principi, semplici e sentiti. Così non è, e non c’era da dubitarne. Ci sono almeno due autorevoli parlamentari ticinesi che ritengono questa proposta decisamente improponibile. Uno, Fabio Regazzi, la definisce addirittura “una sciocchezza” (in Svizzera ci saranno milioni di sciocchi che ringraziano…), l’altro, Rocco Cattaneo, afferma che si tratta “di un cerotto”. Con buona pace di coloro i quali hanno a cuore, tra altri valori, quello della salute e del benessere dei cittadini.
Vale la pena di aggiungere un paio di osservazioni. Regazzi è membro dell’USAM (cartello delle piccole e medie imprese svizzere, fulcro dell’economia del Paese), è membro del comitato politico del TCS (quello della mobilità ad ogni costo), è membro del comitato consultivo dell’ASTAG (quelli che comandano il traffico su gomma, potentissima lobby politico / economica), è membro di Auto Schweiz (potente associazione dei venditori di auto, che chiedono incessantemente norme meno restrittive per il “caso-Svizzera”). Regazzi è pure ticinese, e come tale rappresenta a Berna almeno una parte dei cittadini che soffrono terribilmente del traffico autostradale e che da anni si battono contro l’inquinamento e gli ingorghi. Quindi quando Regazzi afferma che la misura proposta da Mahaim è “una sciocchezza”, sa perfettamente ciò che dice e che interessi difende.
Rocco Cattaneo afferma invece che “se vogliamo davvero ridurre la dipendenza dalle fonti energetiche fossili… dobbiamo investire nell’idroelettrico e nelle energie rinnovabili”. Si tratta di una vecchia e ben collaudata tattica politica (oramai diventata una strategia) che consiste nell’affermare -quando non si hanno più argomenti seri per contrastare una idea o una proposta- che quanto ventilato non è sufficiente, che bisogna fare ben di più, che una approvazione significa un passo d’arresto: meglio aspettare qualcosa di meglio e lasciare le cose come stanno. Il buon Gattopardo, al confronto, è un dilettante. Ma occorre allora ricordare che Cattaneo è figlio di “petroliere”, petroliere a sua volta per trent’anni alla guida della Carburoil, società che ha lasciato nel 2020 a fratello e sorella… Insomma, anche lui sa di cosa parla e quali interessi difende.
Regazzi e Cattaneo sono davvero favorevoli a tutte le misure che si potrebbero prendere a sostegno dell’Ucraina, o contro la Russia o contro il CO2? Che credibilità hanno? Entrambi fanno parte di gruppi politici e parlamentari che, di fatto, si oppongono sistematicamente a serie misure anti inquinamento e che vogliono sgravi fiscali su carburanti e combustibili, per favorirne il consumo. Con almeno due obiettivi: da un lato ottenere facili consensi (ossia “fare voti”), dall’altro vuotare ancora di più le casse dello Stato (sempre e comunque troppo invadente, tranne quando -sovente- corre in loro soccorso con generosi sussidi). L’ipocrisia è dietro l’angolo.
Alla prova dei fatti, senza scomodare né ideologie né sensibilità religiose alle quali si potrebbe pure accennare, quando bisogna investirsi per fare e far fare qualche -piccolo- sacrificio, gli interessi personali, di categoria o politici prendono immancabilmente il sopravvento. Con buona pace dei morti massacrati in Ucraina.
Il nome dell’autore è noto alla redazione
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