Politica. Economia. Società. Tre decenni dopo la strage di Capaci le mafie sono ovunque
Il vero problema è la “borghesia mafiosa” che le circonda, permettendone la sopravvivenza e ottenendo cospicui profitti
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Il vero problema è la “borghesia mafiosa” che le circonda, permettendone la sopravvivenza e ottenendo cospicui profitti
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Il vero problema è la “borghesia mafiosa” che le circonda, permettendone la sopravvivenza e ottenendo cospicui profitti
Uno degli effetti collaterali di una commemorazione così importante, che segna il definitivo superamento di un’intera generazione dai giorni degli attentati di Palermo, è che ti consente (ti costringe, in realtà) a fare un bilancio di come è evoluta la situazione da allora. Non voglio fare alcun riferimento alla dimensione politica, perché ignavia, ignoranza o esplicita collusione sono stati in questi tre decenni i marker indelebili di un sistema politico in buona sostanza incapace, a livello locale quanto nazionale, di “pensare” la lotta alla mafia (e non solo in Italia) – tranne riscoprirla occasionalmente per motivi di opportunismo elettoralistico o per rintuzzare le grida di allarme lanciate dai magistrati alle inaugurazioni degli anni giudiziari. Guardiamo ai fatti, per usare un’espressione tanto ricorrente quanto rassicurante nei dibattiti pubblici:
In estrema sintesi, le mafie hanno finito col rappresentare quel che i fotografi definiscono lo spazio negativo: l’area sulla quale l’occhio non si focalizza, che circonda il soggetto e che comunque contribuisce a definire l’insieme. Tendono cioè ad insinuarsi in tutti gli interstizi tra lecito e illecito, a colmare le aree grigie che si formano nelle interazioni tra sistema politico, sistema economico e sistema sociale. Le mafie sono la struttura portante di qualsiasi mercato nero, che si tratti di quello generato dalla pandemia di Covid-19 o dalla guerra in Ucraina cambia poco.
A fronte di tutto ciò, gli unici anticorpi al dilagare della mafia rimangono la magistratura e le forze dell’ordine, le cui indagini in questi ultimi anni ne hanno ampiamente dimostrato la capillare presenza, tutt’altro che innocua, dalle province piemontesi, lombarde e venete fino a Roma capitale, dagli appalti pubblici ai cantieri edilizi proliferati con il bonus 110 per cento. Il problema “metodologico” è che la loro non può che essere una conoscenza ex-post, destinata a far luce su eventi passati, e ristretta al campo delimitato dalle notizie di reato. Ciò significa, dal punto di vista dello studio delle mafie, inseguire gli eventi con il risultato di essere comunque sempre in cronico ritardo.
Eppure, esistono almeno due immensi campi nei quali la ricerca, prima ancora che si attivino le indagini, potrebbe offrire un contributo rilevante. Il primo riguarda il monitoraggio dei territori reso possibile dalle banche dati e dalle tecnologie di georeferenziazione oggi disponibili. Per fare degli esempi, basti pensare alla mappatura preventiva degli ex-capannoni industriali e delle cave abbandonate che potrebbero diventare altrettante discariche abusive di rifiuti, o all’analisi dei cambi di proprietà e di gestione degli esercizi commerciali, la cui frequenza può diventare indicatore di operazioni di riciclaggio e, più in generale, dell’andamento del mercato immobiliare, un settore tradizionale di investimento dei profitti mafiosi. Il secondo campo comprende l’incrocio dei dati finanziari: dai conti correnti e dalle dichiarazioni dei redditi fino all’acquisto di beni di lusso facilmente rintracciabili (auto, yacht, gioielli) che potrebbe far emergere e rendere misurabile almeno in parte l’economia sommersa – oltre a fornire un contributo significativo alla lotta all’evasione fiscale.
Si tratta, è ovvio, di campi sui quali è facile aspettarsi obiezioni in termini di rischi di violazione della privacy da parte di partiti che dalle zone grigie al confine tra lecito e illecito attingono consensi comunque indispensabili in un contesto di alta volatilità del voto. Il fatto, tuttavia, è che la ricerca delle scienze sociali in questi campi potrebbe essere condotta senza accedere ad alcun dato sensibile; lasciando semmai alle autorità competenti il compito di indagare sulle possibili anomalie riscontrate.
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