Ricordando il Signor G
A vent’anni dalla scomparsa, un progetto di Naufraghi/e per rendere omaggio all’opera di Giorgio Gaber
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A vent’anni dalla scomparsa, un progetto di Naufraghi/e per rendere omaggio all’opera di Giorgio Gaber
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A vent’anni dalla scomparsa, un progetto di Naufraghi/e per rendere omaggio all’opera di Giorgio Gaber
Gaber è unico, e rimane tale anche a distanza di vent’anni dalla sua morte, con un percorso che l’ha visto esordire alla fine degli anni ’50 con un repertorio rockeggiante e con la complicità del quasi coetaneo Enzo Jannacci, per poi diventare quello di un vero e proprio “divo” delle prime serate televisive del sabato della RAI. Ma le sue canzoni, fin d’allora, avevano un qualcosa che le faceva apparire estranee e stranianti rispetto a quel contesto di lustrini e paillette (con tutto il rispetto per quelle che, a cominciare dalla grande Mina, sono state le sue partner artistiche di allora): basti pensare a “Com’è bella la città”.
Così, nel 1970, Gaber lascia la televisione (italiana), lascia e contesta una certa “logica discografica”e si dedica al teatro, proponendo un repertorio (quello del celebre suo genere del “Teatro Canzone”) che nei dischi proporrà quasi esclusivamente in versioni “live” registrate con il pubblico, registrate nel corso di spettacoli composti di canzoni e di monologhi, in cui quello che diventa così “il Signor G” alterna brani malinconici, splendide melodie, a epocali invettive contro il consumismo dilagante, le ideologie estremizzate che diventano moda, insomma, tutto quanto gli appare (ed è) “conformismo”.
Un repertorio, il suo, che lo porta ovviamente a subire anche critiche e strali che gli vengono un po’ da tutti i “fronti”, in particolare da una certa sinistra radicale degli anni ’70 e ’80 che mal sopporta i suoi testi sferzanti (si pensi a “Qualcuno era comunista”). Gaber, in fondo, era un “anarchico”, oppure, per dirla in altro modo, un cultore del dubbio, anti-ideologico ma pieno di ideali, che voleva sapessero coniugare l’impegno politico con la realizzazione personale. Un utopista, insomma, per forza di cose costantemente “controcorrente”, in una posizione che, oggi più di ieri, lo avvicina per importanza e grandezza ad una figura come quella di Pier Paolo Pasolini.
Uno spazio molto particolare nell’attività di Giorgio Gaber l’ha avuto il Ticino e la Radiotelevisione Svizzera italiana, che sin dagli anni ’70 ha realizzato programmi divenuti “storici” dedicati al repertorio del signor G. Del resto, la documentazione filmata di un suo spettacolo che più è presente online è quella di una “mitica” serata del 1994 al Palazzo dei Congressi di Lugano. La RSI ha dunque una documentazione molto ampia relativa alle apparizioni di Giorgio Gaber: lo testimoniano i diversi “dossier” proposti dal sito della stessa RSI, che meritano assolutamente una visita.
Il 1 gennaio 2023 ricorre il ventennale della sua scomparsa e la zattera di “Naufraghi/e” non poteva mancare l’occasione per sottolinearne l’importanza, attraverso i contributi, che ci auguriamo siano stimolanti quanto sorprendenti, di sette “gaberiani” ticinesi, che hanno voluto ricordare il Signor G con un testo legato alla sua produzione ed in particolare ad uno specifico suo brano.
Gli autori dei contributi (proposti a partire da domani) che hanno accolto il nostro invito sono (in ordine alfabetico): Bruno Brughera (Lo Shampoo), Daniele Dell’Agnola (Quello che perde i pezzi), Andrea Ghiringhelli (La libertà), Massimiliano Herber (L’illogica allegria), Fabrizio Quadranti (Quando moda è moda), Sara Rossi Guidicelli (Il conformista), Erica Zippilli Ceppi (Destra-sinistra).
Per completare il nostro progetto gaberiano, “Ricordando il Signor G” offre due interviste video di particolare significato, con il giornalista Andrea Scanzi, che ha da poco mandato in libreria il libro-omaggio “E pensare che c’era Giorgio Gaber”, e Paolo Dal Bon, per anni manager di Gaber e oggi presidente della Fondazione Giorgio Gaber.
La fotografia della serie è di Renzo Chiesa
A vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber
A vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Gaber - "Il conformista", di Sara Rossi Guidicelli