RSI: per un giornalismo di approfondimento e di opinione
Difficili prospettive finanziarie, accerchiamento politico e autocensura minacciano l’informazione audiovisiva
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Difficili prospettive finanziarie, accerchiamento politico e autocensura minacciano l’informazione audiovisiva
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Difficili prospettive finanziarie, accerchiamento politico e autocensura minacciano l’informazione audiovisiva
Nathalie Wappler è il capo della SRF dalla primavera 2019. Prima ancora di entrare in carica, si era affrettata a dedicare un intervento quasi minaccioso (ma, con un minimo sforzo di dietrologia, anche di rassicurazione e di ringraziamento per coloro che l’hanno voluta lì) a coloro che si occupano di informazione, chiarendo che i vertici dell’azienda di servizio pubblico audiovisivo non vogliono giornalismo di opinione ma solo programmi che informino “senza polarizzare”. Cominciamo col dire che siamo stati lieti di apprendere che il divieto di esprimere opinioni vale(va) solo per l’informazione politica; ancora più lieti che il direttoriale diktat concerne(va) solo l’unità aziendale svizzero-tedesca. Aggiungo solo che, a ben vedere, la richiesta di un’informazione che non “polarizzi” (qualsiasi cosa questo verbo possa significare nella mente della Frau Direktor, così apoditticamente asseverativa) allarga un po’ l’ambito del divieto, tendendo non solo a bloccare l’espressione libera da parte dei giornalisti stipendiati dall’ente (effetto interno) ma anche a evitare di mettere in onda programmi in cui la dialettica tra i punti di vista degli invitati sia a tal punto vivace da poter provocare una polarizzazione delle opinioni negli utenti (effetto esterno).
Perché parliamo di questa ormai quasi preistorica, e purtuttavia inquietante, esternazione? Perché la RSI ha da poco un nuovo direttore, e perché siamo tutti in trepidante attesa di un discorso chiaro e trasparente sulle linee editoriali e sulle scelte strategiche dell’unità aziendale italofona, non solo a proposito di cultura, di intrattenimento e di “bollicine”, ma anche di informazione. Saremmo in molti ad essere lieti di avere un minimo di conforto sul fatto che, almeno da noi, continuerà ad esistere sia uno spazio per le opinioni dei giornalisti del servizio pubblico (ricordo, con il piacere che suscita l’intelligenza in atto, le prese di posizioni di Lepori, di Melchionda e di Ceschi su temi sensibili) sia per programmi in cui possa trovare posto il dibattito – anche vivace, anche aspro – tra posizioni diverse sui più svariati temi. Se l’apparizione al TG (9 giugno) di una sorta di sinopia della benemerita “Classe politique” può segnalare la volontà di essere più flessibili e immediatamente attenti ai temi fondamentali della politica federale, non vorrei che essa alludesse anche a un ridimensionamento (magari in senso wappleriano) in nuce dello spazio per il dibattito politico-partitico. Rilevo peraltro che la concessione radio-TV, cioè la Magna Charta del servizio pubblico audiovisivo, prevede espressamente la possibilità anche per i giornalisti SSR di commentare, e quindi di manifestare opinioni; rinunciare a questo diritto significa abdicare a un compito fondamentale e rinchiudersi uno spazio certamente non coraggioso e, soprattutto, ben poco rispettoso degli elementari principi del giornalismo. Sono insomma contento che la Signora Wappler non possa (per ora, almeno) decidere anche per la RSI.
Aggiungo che un’ipotesi di drastica riduzione del canone radio-TV, unita alla richiesta dell’UDC che la SSR sia, uditeudite, obbligata ad assumere giornalisti partiticamente targati a destra (per contrastare l’asserita egemonia della sinistra alla SSR, nientedimeno), rendono utile una riflessione seria sulla ridefinizione dei compiti del servizio pubblico, confrontato non solo a ristrettezze economiche, ma anche alla drastica modifica del paesaggio mediatico e alle nuove modalità di fruizione dei contenuti da parte del pubblico. Una riflessione cui inviterei i vari attori e, in generale, i cosiddetti “stakeholders”, cioè chiunque; mi permetto di comunque indicare, da questo mio minimo predellino, che l’ultimo bastione del servizio pubblico non potrà che essere, appunto, l’informazione di approfondimento con l’offerta costante di chiavi di lettura di fatti e di fenomeni; e commenti articolati, seri e inseriti in un contesto di programmazione che permetta un ampio, vivace e libero confronto di idee. Come detto, attendiamo qualche indicazione programmatica dalla nuova direzione RSI prima di festeggiare uno scampato pericolo.
L’autore è membro del Consiglio del pubblico della CORSI, ma si esprime qui a titolo personale [ndr]
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