Scontro decisivo sotto l’urto russo
In pochi giorni si capirà se gli ucraini riusciranno a far il bis della non sconfitta anche nel Donbas
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In pochi giorni si capirà se gli ucraini riusciranno a far il bis della non sconfitta anche nel Donbas
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Di Emanuele Rossi, Formiche.net
La Russia ha iniziato l’offensiva orientale, anticipata da una serie di manovre tattiche ucraine: forme di contro-attacchi preventivi frutto anche di una fase di galvanizzazione di Kiev. Nella notte, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva anticipato i russi anche sulla narrazione: in un video messaggio pubblico aveva reso noto l’inizio di violenti attacchi lungo i quasi cinquecento chilometri di fronte nel Donbas.
“Non importa quanti militari vengono schierati, noi combatteremo, ci difenderemo”, ha detto il presidente ucraino. Secondo alcune ricostruzioni effettuate dal Pentagono nel corso degli ultimi giorni, la Russia avrebbe schierato nell’area 76 gruppi tattici da combattimento, che sono le unità da 600/800 uomini che fanno da scheletro alle unità d’attacco del Cremlino. Se i dati sono giusti, significa che circa la metà della forza attualmente operativa di Mosca è stata posizionata lì (va da sé che parte del rimanente enorme Paese è strategicamente scoperto).
Nella mattinata di ieri, martedì 19 aprile, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha annunciato in forma ufficiale l’inizio di questa seconda fase della “operazioni militare speciale — come notoriamente il Cremlino chiama l’invasione ucraina per minimizzare ciò che sta facendo davanti ai propri cittadini. Anche il ministero della Difesa russo, che ha già dichiarato che gli obiettivi iniziali e la prima fase dell’operazione militare speciale erano stati completati, ha parlato della fase-2.
Non è chiaro quali siano stati questi obiettivi raggiunti secondo il ministero di Mosca, sembra più chiaro che dopo una fase di riorganizzazione di due settimane — dovuta piuttosto agli arretramenti subiti a Kiev e al nord — ora gli attacchi saranno circoscritti alla porzione orientale dell’Ucraina. Una fascia nord-sud, da Kharkiv al Mar Nero (Mariupol e Kherson). È uno shift che potrebbe cambiare l’efficacia russa per due ragioni.
Primo, i russi adesso lavorano sotto il comando centralizzato del generale Aleksander Dvornikov, “il boia di Aleppo” (soprannome guadagnato in Siria per la violenza con cui soffocava le città che il regime assistito dalla Russia intendeva conquistare, come Aleppo appunto, stremate fino alla fame, rase al suolo). Secondo: la concentrazione su un unico obiettivo (le unità di difesa ucraine nel Donbas) e su un’area più ristretta, oltretutto più vicina alla Russia e dunque con una logistica più corta.
I soldati di Mosca sotto un unico coordinamento e su uno spazio d’azione più limitato potrebbero essere più organizzati, ordinati, efficaci. Allo stesso tempo gli ucraini potrebbero avere ragioni per essere portati a spingere la difesa e i contrattacchi, anche legati ad almeno tre booster psicologici recenti.
Primo, la definizione di “genocidio” arrivata da Joe Biden: la Casa Bianca ha rapidamente spiegato che non ci saranno cambiamenti nelle policy, ma certe parole contano sull’orgoglio e sulla motivazione (tra l’altro oggi Biden farà il punto della situazione in una call con alcuni alleati Nato). Secondo, l’affondamento del “Moskva” e tutto l’insieme di simboli che questo si è portato dietro: il significato è che niente è impossibile. Terzo, le informazioni circolate sul training diretto fornito da gruppi di forze speciali britanniche (e di altri Paesi): gli ucraini che combattono si potrebbero sentire meno soli nel difendere la propria causa.
Le aree di attacco nel Donbas seguono quattro punti di sfogo: Izyum, Rubizhne, Popasna e Marinka, mentre Kreminna sarebbe già stata conquistata dai russi. Se come di norma succede l’attacco dipenderà dalle capacità delle forze avanzate di sfondare (e dunque anche dell’efficienza con cui la logistica fornirà il supporto necessario), le prossime 48-72 ore saranno decisive per comprendere l’andamento dell’offensiva. Là, dove si combatte da otto anni lungo la Joint Force Operations, Kiev ha schierato le truppe migliori. Inutile dire che un’ulteriore insuccesso potrebbe inasprire ancora di più le violenze ordinate da Vladimir Putin.
Le forze russe possono essere in grado di guadagnare terreno attraverso la pesante concentrazione di artiglieria. Tuttavia, l’Institute for the Study of War, che ha seguito centimetro per centimetro la guerra, ritiene improbabile che le operazioni russe abbiano molto più successo delle precedenti grandi offensive intorno a Kiev. La ragione di questa considerazione è che è improbabile che l’esercito russo abbia affrontato le cause di fondo — scarsa coordinazione, incapacità di condurre operazioni a livello transnazionale e basso morale — che hanno impedito successi precedenti.
Il successo dei contrattacchi ucraini a sud-est di Kharkiv probabilmente costringerà le forze russe a deviare alcune unità destinate all’offensiva di Izyum, ma è altrettanto improbabile che le forze ucraine interrompano completamente le linee di comunicazione russe a nord nei prossimi giorni. A Mariupol intanto. contro l’artiglieria russa pesante e il bombardamento aereo, l’ultima resistenza tiene l’acciaieria Azovstal, asserragliata insieme a un migliaio di civili che hanno trovato rifugio nei tunnel sotto l’impianto.
È scaduto un ultimatum russo e si teme il peggio, c’è un cessate il fuoco temporaneo per evacuare i civili. Come per la vicenda della Azovstal, sembra non essere chiaro un end game al momento. L’andamento e l’intensità degli scontri nell’Est potrebbe influenzare notevolmente il procedere dei contatti diplomatici avviati settimane fa, che sono praticamente fermi nella sostanza. L’Ucraina si sente in grado di resistere, la Russia di sfondare: la battaglia è inevitabile.
Nell’immagine: l’acciaieria Azovstal di Mariupol prima dell’inizio dei bombardamenti
Una cintura nera per un Cantone che stringe la cinghia
(se la logica fa parte della filosofia…)