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“Quando dalle due rive di uno stesso fiume gli avversari capiranno di odiarsi l’un l’altro come si odiano dei sosia?”. Interrogativo espresso un secolo e mezzo fa dal poeta e drammaturgo russo Vjaceslav Ivanov, e molto opportunamente riproposto come preambolo, poiché riferito all’attualità del conflitto in Ucraina, da Olga Strada, curatrice di un centinaio di pagine “Sulla Russia” (ed. Aspis) scritte in esilio all’inizio del 21esimo secolo da Ivan Il’in, il più citato dei filosofi russi da parte di Vladimir Putin, nonché, secondo gli storici A.Barbashin, M.Eltchaninoff e T.Snyder, il suo principale ispiratore nell’elaborazione del nuovo “identikit identitario” russo: modello teorico sostitutivo del bolscevismo e del gorbaciovismo, mentre il neo-zar non critica praticamente mai Boris Eltsin, suo ‘sponsor’ e liquidatore di fatto dell’Urss con un atto formale di scioglimento dell’Unione Sovietica imposto al padre della ‘perestrojka’, che lo proclamò alle ore 18.00 del giorno di Natale 1991.

Di padre russo e di madre germanica nonché luterana, studioso dei filosofi tedeschi (Kant in particolare), Ivan Il’in è il teorizzatore dell’“Idea Bianca”, che somma anti-bolscevismo, patriottismo imperiale, primato dello zar “al servizio del popolo”, spiritualità e ruolo determinante della religione ortodossa; “Idea Bianca”  che così sintetizza: “L’idea portante della ‘lotta bianca’ è pura come il cuore di un autentico patriota, forte come la sua volontà, profonda come la sua preghiera per la patria”. Il’in è considerato il “padre del fascismo russo”, salutò con favore l’avvento e i metodi di Mussolini in Italia (preconizzando per la Russia un fascismo anche “più esteso e profondo”), e seguì favorevolmente l’ascesa del nazismo in Germania (come cittadino russo fu tuttavia spinto a lasciare quel paese). Autore febbrilmente produttivo, Il’in aveva espresso simpatie per la rivoluzione russa del 1905 (innescata dalla sconfitta nella guerra contro il Giappone, e prima culla del movimento dei soviet) ma osteggiò con determinazione quella bolscevica del 1917. Stranamente, fu a lungo ‘tollerato’ da Lenin, che però ne decise infine l’espulsione nel 1929 (imbarcandolo su una delle famose ‘Navi degli scienziati’ che il potere comunista utilizzava per l’espatrio forzato delle élite intellettuali dissidenti), dopo che le posizioni del filoso si erano sempre più radicalizzate in senso ultra-conservatore, monarchico e religioso. 

Rifugiatosi in Svizzera, dove morì nel 1954, i suoi resti vennero traslati in Russia per volontà di Vladimir Putin. Un preciso segnale da parte del presidente russo. Nel 2014, anno dell’annessione della Crimea alla Russia e dell’inizio della guerra civile nel Donbass con la partecipazione degli ‘uomini verdi’ (soldati russi che indossavano divise olivastre senza insegne), il capo del Cremlino ordinò agli esponenti del suo “cerchio magico” e ai deputati del suo partito (Russia oggi) di leggere e studiare alcune opere di Ivan Il’in. Che al centro delle sue riflessioni e delle sue teorie pone spesso il tema della “rinascita” dell’impero dopo ogni tipo di sconfitta, la capacità della popolazione russa di resistere a condizioni di vita di estremi sacrifici e povertà, la profonda e innata spiritualità e religiosità dei suoi concittadini, la convinzione del disprezzo dell’Occidente nei confronti dei russi e della Russia, ma anche l’impossibilità per i suoi numerosi nemici di smembrare l’impero costruito prima dallo zarismo poi dal sovietismo.

Concetti – dall’eccezionalità russa, alla sua secolare spiritualità, alla perenne capacità di rinascita – frequentemente ripetuti negli interventi pubblici di Putin almeno dalla famosa Conferenza di Monaco sulla sicurezza del febbraio 2007, che segnò ufficialmente la sua critica più profonda nei confronti dell’Occidente e delle sue mancate promesse sul tema della NATO e della sua espansione a Est.

Ecco una sorta di decalogo delle idee di Ivan Il’in, convinzioni che (pur decontestualizzate rispetto al suo discorso generale) risultano chiaramente riprese oggi nei ragionamenti, nella propaganda, nella narrazione e anche nella pratica politica putiniana.

Spiritualità e disciplina

“Non c’è spiritualità senza libertà. Al tempo stesso non c’è cultura spirituale senza disciplina; di fatto la disciplina è il nostro grande compito, la nostra vocazione, la nostra missione. Poiché se la disciplina senza libertà è sterile e umiliante, la libertà senza disciplina è tentazione e distruzione”

Sullo zarismo (in tempo di servitù della gleba) 

“Così nel passato l’immagine dello zar coronava il libero palpitare della vita popolare, senza tuttavia soffocarla e annientarla : poiché il popolo nutriva un libero sentimento di fede nel proprio sovrano e lo amava sinceramente, dal profondo del cuore… Se questo sentimento vive nei cuori semplici, cosa pensiamo possa avvenire nel cuore dello zar, dove ‘tutta la Russia aveva trovato posto’, e dove vi era una fonte d’amore, giustizia e misericordia per tutti gli orfani, senza eccezione”

“Idea bianca”, e carattere nazionale russo

“Per secoli [il carattere nazionale russo] è stato forgiato dal monastero e dall’esercito, dal servizio pubblico e dalla famiglia. E quando questi riuscivano nel loro compito, si materializzavano immagini divine e maestose: asceti, guerrieri, benefattori, che trasformavano il loro dovere in viva devozione e la legge in un sistema di azioni eroiche: in essi la libertà e la disciplina si incarnavano in una unità indissolubile. Ciò dava infine origine a un fenomeno ancora più nobile: la sacra tradizione della Russia di agire nell’ora del pericolo e delle difficoltà con spirito di abnegazione, offrendo i propri beni e la propria vita per l’impresa divina, nazionale, patriottica. In questo consiste oggi la nostra ‘Idea Bianca’“.

Ortodossia

“Dalle fibre più profonde del nostro credo ortodosso è sbocciata questa esperienza autentica, questa consapevolezza che il sacro costituisce l’essenza della vita e che senza il sacro la vita si trasforma in umiliazione e ‘trivialità’: Puskin e Gogol ci hanno donato questa parola pregnante e precisa, che sembra essere del tutto sconosciuta ad altre lingue e popoli. L’Ortodossia ci ha trasmesso il desiderio di essere ‘Santa Russia’. C’è spazio anche per la ragione, ma la ragione non darà origine alla fede e non la indebolirà né con l’analisi, né con la logica, né con il dubbio. La ragione si nutre della fede e grazie ad essa si sviluppa”.

La lingua russa

“È una lingua che esprime un pensiero acuminato, tagliente. La lingua di decisioni ardite e conseguimenti consapevoli. La lingua dell’ascesa e della profezia. La lingua di trasparenze impercettibili e di parole eterne. Il popolo russo, che l’ha generata, è chiamato a innalzarsi, con animo e spirito, all’altezza a cui la sua lingua lo chiama”

Fardello e resistenza

“Nessuna nazione al mondo ha retto sulle spalle un tale fardello e ha avuto un tale compito come il popolo russo. E mai nessuna nazione ha mai acquisito da tali prove e da tali sofferenze una tale forza, una tale identità, una tale profondità spirituale. Pesante è la nostra croce. La trama della nostra vita non è forse intessuta di sole sofferenze? E se noi, talvolta esausti, cediamo sotto il peso di questa croce, dobbiamo forse dolerci e rimproverarci nell’ora della rovina, oppure dobbiamo pregare, rinvigorirci e raccogliere nuove forze?”

Tra Occidente e Oriente

“Accessibili da ogni parte, privi di difese naturali, per secoli siamo stati un’esca per lo stanziale occidente e un’ambita preda per l’oriente e il meridione nomadi. È come se fin dalla nascita fosse stato predetto che per tutta la vita c’era da attendersi l’avvento di ospiti spietati, essere testimoni di distruzioni, dolore e sconforto: creare e andare in declino, costruire e fallire, ideare nell’incertezza, vivere eternamente nel pericolo, crescere nella sofferenza e maturare nella disgrazia. Secoli di apprensione, secoli di tensione bellica… Ecco da dove deriva la nostra arte russa di “vincere ritirandosi”… Attraverso il doloroso percorso di quattordici generazioni abbiamo imparato nelle sofferenze a difenderci spiritualmente nei pericoli e nel caos; a non perderci d’animo a raccogliere le forze nelle calamità; a diventare saggi nella sfortuna e a difenderci spiritualmente nei pericoli e nel caos; a non perderci d’animo nella dissoluzione; a essere lucidi e a pregare. La storia della Russia è la storia della sua autodifesa: questo il motivo per il quale essa è stata in guerra per due terzi della sua esistenza”.

Lo smembramento

“Lo smembramento della Russia predisposto dietro le quinte internazionali non ha alle spalle il minimo fondamento, nessuna riflessione di natura spirituale o politica concreta, tranne la demagogia rivoluzionaria, la paura sconsiderata di una Russia unita e un’ostilità di antica data nei confronti della monarchia russa e dell’Ortodossia di matrice orientale. Sappiamo che le nazioni occidentali non capiscono e non tollerano la specificità russa. Tuttavia dobbiamo essere preparati al fatto che i fautori dello smembramento della Russia cercheranno di portare avanti la loro azione ostile e insensata anche nel caos post-bolscevico, presentandola in modo insidioso, come il massimo trionfo della “libertà”, della “democrazia”, e del “federalismo”.

Ucraina

“L’Ucraina indipendente si rivelerebbe solo un “trampolino” che porterebbe i tedeschi alla leadership mondiale. La Russia non morirà per effetto di uno smembramento, ma replicherà interamente l’intero corso della sua storia: essa, come un organismo possente ricomincerà a raccogliere le sue ‘componenti’, spostandosi lungo i fiumi verso il mare, verso le montagne, verso il carbone, verso il pane, verso il petrolio, verso l’uranio. La Russia non è polvere umana e caos. È soprattutto “un grande popolo”, che non ha dissipato le proprie forze e non è venuto meno alla propria vocazione. Non seppellitelo prematuramente! Scoccherà l’ora storica, in cui si alzerà dalla sua bara immaginaria, e reclamerà i suoi diritti”.

Espressioni e convinzioni che occorre situare nel loro tempo, tormentato e cangiante; e che invece l’attuale leader russo ha ampiamente saccheggiato, come se il futuro immaginato per la Russia guardasse al suo passato. Nella postfazione al pamphlet, riassumendo le tesi del filosofo, lo scrittore Aldo Ferrari può così concludere che “Il conservatorismo di Il’in, con la sua insistenza sui valori nazionali e religiosi russi, appare in effetti del tutto consonante con gli obiettivi politici di Putin”. E altri filosofi offriranno un più recente bacino di elaborazioni teoriche, principalmente la via verso il progetto Eurasiatico, che deve costituire l’ossatura della sfida, in coppia con la Cina, per vincere la sfida con l’Occidente. O quantomeno per pareggiare l’equilibrio fra blocco occidentale e nuova alleanza delle autocrazie.

Nell’immagine: una rappresentazione oleografica di Ivan Il’in






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