Un week-end davvero strambo ed una domenica bestiale
Considerazioni intorno ad un fine settimana speciale, con una Coppa vinta a Berna ed un po’ di occasioni perse nell’urna dalla Sinistra
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Considerazioni intorno ad un fine settimana speciale, con una Coppa vinta a Berna ed un po’ di occasioni perse nell’urna dalla Sinistra
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Considerazioni intorno ad un fine settimana speciale, con una Coppa vinta a Berna ed un po’ di occasioni perse nell’urna dalla Sinistra
Il week-end appena trascorso, davvero centrifugato, è cominciato venerdì con gli echi delle dichiarazioni d’addìo alla politica di Nicola Schönenberger, co-coordinatore cantonale e leader luganese dei “Verdi” che prima di andarsene verso nuovi lidi professionali, guarda un po’, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, anzi qualche carbone ardente, per dire la sua alla “Regione” e mettere sulla griglia la scarsa consistenza politica dell’attuale panorama “rosso-verde”, in manco di personalità all’altezza e di ricambio generazionale.
Dichiarazioni che hanno fatto molto rumore, rimbombando fra le stanze dei partiti, in città come a Bellinzona, e che hanno trovato subito un MpS pronto a “rilanciare” un’ipotesi di accordo per un comune fronte di opposizione. Un’alternativa evidente e problematica all’”equivoca” collocazione, fra opposizione e istituzione, che i Verdi condividono per lo più, anche in prospettiva, con il PS.
Ad uscire malmenato dalle esternazioni di Schönenberger (già commentate in questa sede da Virginio Pedroni) e dall’inevitabile sequela di botta e risposta su tutta questa vicenda, è un PS in forte “crisi d’identità”, a Lugano come a livello cantonale, in cui tutto pare come “paralizzato” dall’incertezza, o dal vuoto progettuale.
Una progettualità che dovrebbe essere fatta di slanci e di emozioni, almeno nei termini in cui è stata evocata venerdì sera al Palacongressi di Lugano, durante l’interessante serata pubblica organizzata dal “Forum alternativo” e diffusa in streaming da questo sito, con il titolo “La nuova sinistra ticinese degli anni ‘70”.
E a parlare di “emozione” e di slancio progettuale è stato in particolare l’ex-Consigliere di Stato Pietro Martinelli, tornando a 50 anni fa nel ricordare una stagione, quella del post-’68 e della nascita di un’alternativa a sinistra dell’allora Partito Socialista, poi sfociata in un PSA in versione opposizione. Si era dentro un momento di lotta e di spinte ideali di una sinistra frammentata ma propositiva sul fronte sociale e politico, con un successo elettorale che ha portato infine lo stesso PSA ad accettare la logica istituzionale della “corsa elettorale” per occupare posti di potere ed assumersi responsabilità istituzionali.
Ritorna insomma il tema, del resto centrale anche nel recente volume “Tracce di rosso” della Fondazione Pellegrini Canevascini, di come debba o possa profilarsi, nella Sinistra, un “fronte” progressista capace di incidere in maniera chiara ed efficace in un contesto politico come quello odierno, improntato alle magnifiche sorti e progressive… del neo-liberismo. L’amletico problema è in fondo sempre quello: opporsi decisamente e in modo profilato e riconoscibile (oltre che con l’autorevolezza degli argomenti), oppure correre ed affermare la propria identità antagonista in un programma elettorale con non pochi concessioni, per poi trovarsi, se tutto va bene, in consessi in cui, come accade a Lugano, l’operato nell’esecutivo è fortemente condizionato dai compromessi insiti nella pratica della concordanza.
Al Palazzo dei Congressi, l’altra sera, si è parlato specificamente, in termini di ricerca ed esperienza storica, degli anni ’70 e ben poco si è detto di quanto quel periodo possa mostrare analogie con la situazione attuale. Eppure, a cinquant’anni di distanza, la Sinistra, e non solo il Partito Socialista, si trova di nuovo in quell’impasse, a confrontarsi con gli esiti più brucianti e controversi di questa sua doppia natura, quella militante e quella istituzionale.
E questo strambo week-end, in cui hanno tenuto banco due importanti oggetti in votazione dalla forte valenza sociale come quello del “contenimento” della spesa pubblica e quello del maggior sostegno a Frontex, ha nuovamente messo la Sinistra con le spalle al muro. Un triste 38,3% di partecipazione e due netti verdetti negativi, sono inquietanti segnali di una grave sconfitta e di una preoccupante assenza di capacità di mobilitazione dell’elettorato progressista.
Per dirla con Pietro Martinelli, la Sinistra ha bisogno (anche oggi) di un propellente creativo e progettuale che sappia coinvolgere ed emozionare, ha bisogno di un nuovo slancio, che possa magari accomunare i suoi diversi schieramenti, propensi ed impegnati oggi più a distinguersi che a trovare un denominatore comune. E non sta certo scolpito nella pietra che tale sforzo debba compiersi per conquistare il cadreghino, ma forse, e per prima cosa, per contrastare un trend che davvero non fa che alimentare le disuguaglianze ed una pericolosa deriva populista.
È bastato uno dei vari dibattiti televisivi post-elettorali per capire come a proposito del “Decreto Morisoli” si sia andati a votare su un disegno di contenimento della spesa totalmente vago, tutto da interpretare, dall’ampio potenziale di strumentalizzazione, temibile nel suo indirizzarsi sostanzialmente verso la spesa pubblica, al punto che il PS ha già annunciato che “veglierà” sui singoli tagli e, se del caso, interverrà con referendum. Un po’ come aveva fatto in un primo tempo con il salario minimo, per intenderci, che ha blandamente contrastato e contrattato in Parlamento per poi accorgersi, con la nascita dello pseudo-sindacato TiSin, che ci si trovava di fronte ad un grave attacco alla socialità. E allora, via di referendum, in una costante politica di rincorsa delle occasioni perse.
In un Cantone in cui si parla di “fuga dei cervelli” e che da qualche tempo, con 7000 appartamenti non occupati, ha pure il desolante record dello sfitto, rischiano di cadere nel vuoto troppe istanze che andrebbero sostenute con convinzione ideale, competenza ed esperienza. A tutto beneficio di chi vuol darci ad intendere, vincendo pure la prova delle urne, che tagliare la spesa pubblica non vuol dire toccare i soldi dei cittadini. Ma no, ci mancherebbe, anche spese ed investimenti “strutturali” possono essere vagliati e tagliati, come fa un’azienda privata. Eh, certo. Poi forse, un giorno sapremo anche se i tagli avverranno nel campo dell’educazione, dell’assistenza sociale o del contingente di polizia. Tutti settori analogamente strategici, e che diamine!
Ma poi, perché stare a farci tutte queste domande, voler sempre vedere il bicchiere mezzo vuoto. Tutto passa in fretta in questo week-end davvero strambo, che ci ha portato, oltre alle discussioni e ai cocci elettorali della sinistra, anche una storica ed ecumenica (si fa per dire) vittoria sportiva e calcistica, quella del Lugano in Coppa Svizzera, in un caldo pomeriggio bernese e poi in una torrida Piazza Riforma colma di tifosi a festeggiare il predominio della luganiga sul bratwurst sangallese.
Davvero una “domenica bestiale”, alla ticinese.
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