Addio a Ryūichi Sakamoto, grande compositore giapponese
Con un ricordo del noto trombettista jazz Paolo Fresu
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Con un ricordo del noto trombettista jazz Paolo Fresu
• – Redazione
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• – Fabio Merlini
Incontro con la fondatrice e caporedattrice di “Nasha Gazeta”, il primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera
• – Bruno Giussani
E il 65% dei bambini che nel mondo sono in età di scuola primaria faranno un lavoro che oggi non esiste
• – Redazione
Già un secolo e mezzo fa Marx si interrogava sul rapporto fra capitale e natura, fra crescita e sviluppo; una questione centrale per un’alleanza rossoverde
• – Lelio Demichelis
L'organizzazione umanitaria ha annunciato di dover adottare misure drastiche per riequilibrare le proprie finanze. E all’interno salgono forti e chiare le voci di dissenso
• – Redazione
Il governo Meloni inventa un nuovo reato per punire severamente gli ambientalisti
• – Redazione
L’ex presidente in tribunale è solo teoricamente ‘agli arresti’; e la giustizia americana troppo politicizzata non è un modello virtuoso
• – Aldo Sofia
Non è la destra che è avanzata. È la sinistra che è arretrata per conto suo
• – Virginio Pedroni
• – Franco Cavani
Con un ricordo del noto trombettista jazz Paolo Fresu
Il compositore giapponese Ryuichi Sakamoto è morto il 28 marzo all’età di 71 anni. A giugno Sakamoto aveva annunciato che stava affrontando un cancro al quarto stadio e aveva già avuto seri problemi di salute negli scorsi anni. Nato a Tokyo nel 1952, Sakamoto nei primi anni settanta aveva studiato composizione all’università delle Arti di Tokyo. In quel periodo cominciò a suonare e a comporre per altri musicisti. Nel 1978 fondò il trio Yellow Magic Orchestra, considerato tra i pionieri dell’elettronica internazionale, distinguendosi come la personalità più poliedrica e sperimentale all’interno del gruppo. Più o meno nello stesso periodo cominciò a pubblicare anche album solisti, a partire da Thousand knives of Ryuichi Sakamoto. In quegli anni compose brani come Riot in Lagos, un pezzo influenzato da Fela Kuti e Dennis Bovell, diventato un brano culto anche nel mondo del rap statunitense.
In seguito il compositore giapponese si è dedicato anche alle colonne sonore cinematografiche: ha scritto le musiche per film come Furyo (nel quale ha anche recitato al fianco di David Bowie), L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci insieme a David Byrne dei Talking Heads (per il quale ha vinto l’Oscar) e più di recente The revenant di Alejandro González Iñárritu (la pellicola che ha portato il primo Oscar a Leonardo DiCaprio). Sakamoto, tra gli altri, ha collaborato con Alva Noto e Christian Fennesz (con il quale ha firmato un ep e due album bellissimi, Cendre e Flumina). Da sempre ambientalista e contro il nucleare, da tanti anni il compositore viveva a New York. Il suo ultimo album, intitolato 12, era uscito a gennaio e suonava come il suo testamento: era una raccolta di dodici brani registrati tra il 2021 e il 2022 durante la convalescenza in seguito a un intervento chirurgico e caratterizzati da un notevole minimalismo. Sakamoto aveva registrato i pezzi di 12 in alloggi temporanei invece che in casa o in uno studio, il che conferiva al disco un senso di vuoto e precarietà. (Da “Internazionale Musica”, newsletter di Giovanni Ansaldo)
Un ricordo, pubblicato nella propria bacheca Facebook, di Paolo Fresu
Ho sempre amato la musica e il pensiero che permea quella di Ryūichi Sakamoto, che ci ha lasciato dopo una lunga malattia.
Ho amato il suo tocco e ammirato la sua idea di musica contemporanea mai densa e in perenne movimento.
Quasi a voler dialogare con la vorticosa vita delle metropoli giapponiche alle quali contrappone i silenzi zen dello shintoismo e del buddismo con il ritmo dilatato dei suoi santuari e dei suoi templi.
Ho amato il brano “Isola” interpretato mirabilmente da Samuele Bersani e da Ornella Vanoni e ho a volte suonato sopra “Trioon 1” tratto da uno degli album registrati con il compositore tedesco Alva Noto.
E ho molto amato “Casa”, registrato assieme a Jaques e Paula Morelenbaum proprio nella casa di Antonio Carlos Jobim e a lui dedicato.
L’ho visto dal vivo un’unica volta a “La Cigale” di Parigi molti anni fa, e mi colpì l’essenzialità della scena.
Pochi elementi di luce, un Kintsugi da ricostruire nella memoria visiva ed emozionale.
Sono tornato dal Giappone pochi mesi fa, e durante quel magnifico viaggio ho spesso pensato a Sakamoto, fino a quando, una sera, non l’ho trovato in tv mentre suonava “Merry Christmas Mr. Lawrence”, colonna sonora del film di Nagisa Ōshima.
La sua testa piegata sulla tastiera del pianoforte appariva tra i manga e gli anime degli affollati canali televisivi,
tra Hello Kitty e il fastidioso suono delle voci neomelodiche che sembrano essere cresciute a Napoli.
Quasi una istallazione; un essenziale video in bianco e nero che ricordava altre opere artistiche e multilinguistiche ben più magnificenti come quelle con Shiro Takatani, Daito Manabe, Zakkubalan e Apichatpong Weerasethakul.
Ryūichi Sakamoto è stato uno dei migliori fotografi del presente.
Aedo di un tempo sospeso e sperimentatore insaziabile e aperto.
Il vero testimonial di una terra insulare, il Giappone, che guarda il mondo e che il mondo osserva.
Oggi perdiamo una silenziosa voce tra le più cristalline e rappresentative degli ultimi decenni.
Ryūichi Sakamoto, al pianoforte, in una bellissima interpretazione della sua colonna sonora di “Merry Christmas Mr Lawrence” con l’orchestra filarmonica di Tokio
Cesaria Evora, la regina della musica di Capo Verde
“Discorso senza un alito di vento”, una nuova raccolta di versi di Leopoldo Lonati