Addio lugano bella…
A proposito di una pratica invalsa, ma non virtuosa, sfociata nella nomina dei direttori dell’OSI - Di Massimo Danzi
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
A proposito di una pratica invalsa, ma non virtuosa, sfociata nella nomina dei direttori dell’OSI - Di Massimo Danzi
• – Redazione
Le reazioni delle associazioni che si sono costituite parte civile e della politica alla condanna dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny
• – Redazione
L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui si fanno cause come queste. Sicurezza sul lavoro, siamo indietro ma qualcosa finalmente si muove
• – Redazione
La lotta infinita della "vedova dell'amianto" Nove anni fa la testimonianza in un reportage di ‘tvsvizzera.it’ dopo la controversa sentenza che respingeva l’accusa di “disastro ambientale”
• – Aldo Sofia
È il “terrorismo climatico” con cui le destre etichettano le istanze ambientaliste, accusate di distruggere il benessere e la sovranità nazionale
• – Redazione
L’uso improprio del digitale, che porta all’isolamento, non è solo un problema di salute mentale per i giovani: è un problema di salute fisica per tutti
• – Redazione
Un corteo popolare previsto sabato pomeriggio per tornare ad affermare la necessità di luoghi d’incontro autogestiti a Lugano
• – Redazione
Con il reclutamento della natura in una guerra ecocida, le “linee rosse” del possibile vengono spostate a un nuovo livello di orrore
• – Redazione
La spettacolarizzazione del dolore su TikTok per un terribile femminicidio di cui parla chiunque, nei media italiani, da giorni
• – Redazione
Dalle tracce, qualche ipotesi ed una proposta forse utopistica per dar forma e sostanza a un progetto di area progressista
• – Orazio Martinetti
A proposito di una pratica invalsa, ma non virtuosa, sfociata nella nomina dei direttori dell’OSI - Di Massimo Danzi
È stato reso noto nei giorni scorsi l’esito del concorso internazionale per la direzione artistica dell’OSI, l’Orchestra della Svizzera italiana. Dopo le improvvise dimissioni dell’uscente Christian Weidmann, sono passati 9 mesi, in cui la direzione è stata affidata “ad interim” all’assistente di produzione Barbara Widmer e al responsabile amministrativo Samuel Flury.
Oltre settanta sono state le candidature ricevute dalla Fondazione presieduta dall’avvocato Mario Postizzi, che ha infine comunicato la decisione presa dal Comitato: sono confermati Widmer e Flury, perché, come afferma Postizzi in un’intervista di Mauro Rossi pubblicata dal “Corriere del Ticino”(7.6.23), occorreva “scegliere qualcuno che garantisse la continuità del percorso” dell’orchestra, “artisticamente ma anche amministrativamente”. E aggiunge: ”quelle che sono state fatte ritengo siano delle scelte giuste che non tengono conto solo della bravura artistica ma anche del contesto generale”; insomma, una scelta che si spiega “alla luce dei problemi finanziari da risolvere”. In poche parole, parrebbe di capire (e così è sembrato a diversi osservatori) che dopo aver pubblicato un concorso di respiro internazionale, che poteva essere ambito da vere personalità del mondo musicale a livello mondiale, si è optato per la soluzione che già si trovava “in casa”. E per di più senza nemmeno incontrare almeno i candidati più accreditati. Insomma, nessuno dei 70 e più è stato ascoltato dalla Commissione esecutiva, se non i due nominati.
La decisione, per quanto certamente legittima, non può non lasciare aperto qualche interrogativo, che riguarda in particolare il fatto che l’OSI è una realtà culturale svizzero-italiana che negli anni ha acquisito un indubbio prestigio internazionale: in fondo è, con il filmfestival di Locarno, l’istituzione culturale cantonale più nota e qualificata. Inoltre, come il festival, beneficia di un ampio (benché discusso) sostegno finanziario pubblico, che si giustifica a maggior ragione con il respiro “europeo” della sua attività. In questo senso la modalità con cui è avvenuta questa nomina induce ad esprimere qualche perplessità. Proponiamo qui le considerazioni di Massimo Danzi, professore di letteratura italiana all’Università di Ginevra. (red.)
Quarant’anni e più di università mi hanno insegnato qualcosa sui concorsi. Vedo ora che l’ultimo in ordine di tempo, svoltosi a Lugano, per un posto di direttore artistico dell’Orchestra della Svizzera italiana, ha suscitato malumori in ordine ai candidati scelti che non rappresenterebbero, a giudizio di autorevoli attori di quel mondo, il meglio dell’offerta a disposizione.
L’ esperienza mi dice che ciò non è solo possibile ma anche molto probabile, in ordine per lo meno ai criteri scientifici e più latamente culturali che dovrebbero primeggiare. Sappiamo del resto che le commissioni deputate a scegliere i candidati sono ‘corpi intermedi’, scelti da un ceto politico che le avvalla e che così mantiene il controllo sulle scelte fatte dando un’apparenza di totale indipendenza delle commissioni. In questo non c’è differenza tra i diversi ambiti interessati da un concorso. Sappiamo anche che per ‘mandare’ occorre poter nominare chi altrimenti mai avrebbe raggiunto quel posto e che dunque tutto deve a chi lo nomina.
Ci sono tuttavia dei limiti di decenza, cioè ‘trasparenza’ che le istituzioni sempre più si danno, anche per non rischiare ricorsi, e che devono garantire. Li ricorderò brevemente, sulla base di quanto, un esempio tra altri, fanno spesso (non sempre) le cinque più prestigiose università americane che da questo punto di vista costituiscono un piccolo modello (l’esperienza è diretta):
Questo nel pubblico, perché nel privato le pratiche sono diverse. Certo sempre più anche il pubblico funziona come il privato e la cooptazione, in luogo del concorso, è d’attualità come è d’attualità lo ‘slittamento‘ interno. Le ragioni? A favore della prima stanno gli eventuali ricorsi che allungherebbero le procedure di nomina (un’opinione che la dice lunga sulla visione che della cosa pubblica hanno certe istituzioni) e, insomma, la cooptazione mantiene alla commissione le ‘mani libere’. A favore dello ‘slittamento’ interno si adduce, tra l’altro, il risparmio finanziario e la conoscenza dei problemi. Non vorrei parere ironico, ma ci si può chiedere quale sia il prezzo di questi ‘saldi’ concorsuali in termini di ‘eccellenza’, sempre comunque ventilata urbi et orbi.
Sappiamo anche come si scartano i candidati ‘scomodi’: si adducono ragioni ‘caratteriali’, dubbî sul loro effettivo interesse per il posto che andrebbero a occupare o il luogo in cui dovrebbero risiedere, ecc. Non entro nel tema del concorso in questione che non conosco e che di certo riguarda solo brave persone. Ma se anche uno di questi criteri fosse stato disatteso, il dubbio sull’intera operazione sarebbe più che legittimo. In fondo, si tratta di difendere un ‘interesse pubblico’ e ciò coincide molto semplicemente con questo: che il pubblico, interessato alla musica dell’ Orchestra della Svizzera italiana come a qualsiasi altra attività culturale finanziata col denaro pubblico, non sia fatto passare impunemente per fesso con ragioni da azzeccarbugli.
Nell’immagine: Pierre Fernandez Arman, Senza titolo (1972, parti di violino rotte fuse in plexiglas)
Appunti ed annotazioni su un festival in versi molto diverso - Di Sergio Roic
Dopo la presentazione dei candidati socialisti, aumentano le perplessità circa una reale condivisione di un progetto comune fra PS e Verdi - Di Martino Rossi