Agnelli & co.: uno sconcio “outing”
Come cambia il capitalismo! La facciata, perlomeno, perché la sostanza rimane
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Come cambia il capitalismo! La facciata, perlomeno, perché la sostanza rimane
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Come cambia il capitalismo! La facciata, perlomeno, perché la sostanza rimane
Sì, perché l’avete fatta grossa: facevate le pernacchie ai cortei che gridavano “el pueblo unido jamàs sera vencido”, figuriamoci se poteva interessarvi il parere del popolo del calcio. Quello per voi era solo l’erede della suburra romana comprata con un po’ di “panem et circenses”, ma anche del “Franza o Spagna purché se magna”: una pagnotta e le partite delle 20 migliori squadre, in primis inglesi, spagnole e italiane e tutti allo stadio a urlare, mentre voi li spennate con i prezzi d’entrata e gli abbonamenti delle TV private, 35 franchi al mese, mica come quelli che si pagano ai “fuchi” delle TV pubbliche, di Comano e di tutti gli altri paesi.
La tua squadra del cuore tutto l’anno, giorno e notte, una scorpacciata, un vero oppio propinato da 12 miliardari (sul serio, non tanto per dire) che si sono mangiati l’intera torta: e non hanno poi fatto troppo male i conti, fans inglesi esclusi, perché in Spagna e in Italia, il 45-48% dei tifosi erano d’accordo con il progetto, con l’oppio garantito.
Ma dai: citare ancora una volta il Barba di Treviri? Lo facciamo da giornalisti: per mestiere dobbiamo essere infarinati sulle diverse opinioni, teorie e posizioni: conosciamo persino quelle di Pamini sull’ AVS (la vorrebbe abolire).
Ma veniamo al sodo: la religione, con le sue false consolazioni, secondo il Barba, aiutava a sopportare l’ingiustizia che condannava alla miseria le masse dell’Ottocento, nel frattempo diventate più benestanti, proprio per la paura che i ricconi, i magna-magna, avevano nei confronti di certe teorie sull’evangelica “giusta mercede”, e la conseguente possibile rivolta.
Ora la Santa Messa domenicale è celebrata al “Bernabeu”, “al Nou Camp”, a “Stamford Bridge”, al “Delle Alpi”.
Per fortuna lo sconvolgimento del mondo del calcio è durato pochissimo: subito dopo l’annuncio del presidente del Real Madrid Florentino Perez, “bei Nacht und Nebel”, a notte fonda e nebbiosa, sulla testa dei 12 marpioni sono state rovesciate palate di materia di colore oscuro: e tutti, meno Florentino e Andrea si sono ritirati con la coda fra le gambe: persino l’americano Stan Kroenke, 10 miliardi di patrimonio, il boss dell’Arsenal che lo aveva strappato a un altro “vu cumprà”, Alisher Usmanov, per una manciata di fave (550 milioni di sterline)si è scusato con i tifosi con gli occhi lucidi. E dire che Kroenke è un duro: ha lanciato una TV privata per gli amanti della caccia in cui si vedono i prodi che uccidono elefanti e leoni.
Ma quello che ne è uscito peggio è stato l’erede di un caposaldo del capitalismo, Gianni Agnelli: Andrea è stato insultato dal suo migliore amico, quell’Alexander Ceferin, sloveno, che aveva fatto da padrino al battesimo della figlia e lo aveva nominato di fatto mediatore fra l’autorità europea, l’Uefa, e l’ECA, l’organizzazione mantello dei potenti europei, da sempre con un piede in una scarpa, quella della Champions League, e una nell’altra, quella di una Lega privata riservata ai super-ricchi, senza retrocessioni, senza un Benevento, un Eibar un Brighton qualsiasi che, orrore!, magari ti batte.
“Senza il nostro progetto il calcio ha 4 anni di vita” aveva detto Perez: ipocrita, il tuo calcio: se eviti di comprare Mbappé per 300 milioni a 30 milioni di stipendio annuo, eviti il fallimento con 901 milioni di debiti.
Ma non è solo lui che predica bene e razzola male; il Milan ha prolungato il contratto con il 40enne Ibrahimovic per un altro anno, per 7 milioni di euro. In casi del genere a Napoli si dice “chiagni e fotti”.
Agnelli faceva un altro tipo di doppio-gioco: stava con Ceferin e la Uefa, ma da gennaio preparava con Perez la scissione. “Avevo il serpente in casa”, dice Ceferin, “nella mia vita di avvocato penalista non ho mai visto un simile bugiardo”: poco prima dell’ osceno ”outing” ufficiale, a una precisa risposta, Andrea gli aveva detto che la “Super League” era una chiacchiera da corridoio.
Ora il giovane Agnelli ha perso la presidenza dell’ECA, andata a Nasser Al-Khelaifi, patron del Paris S. Germain, il suo ruolo di “longa mano” di Ceferin nell’Uefa, il suo rango all’interno della Federazione Italiana, rango che rischia di perdere anche alla testa della Juventus. Potrebbe essere sostituito, perché ora è impresentabile, come i 6 rappresentanti delle squadre inglesi secessioniste: se non se ne vanno gli altri 14 li sfiduceranno alla prossima assemblea.
Come cambia il capitalismo! La facciata, perlomeno, perché la sostanza rimane.
Ma smentire in modo così arrogante, rozzo, i suoi cardini etici e filosofici – la concorrenza, il libero mercato – impedendo ai rivali di partecipare, di vivere, di tentare perlomeno (nello sport poi!) è stato troppo: il padre di Andrea, Umberto, uno squisito signore piemontese, conosciuto a Palazzo Stupinigi in occasione di una ricorrenza storica della Juve, avrebbe agito in altro modo; suo zio Gianni che a Monza salutava il nostro mitico cronista d’assalto Noseda con un caloroso “Ciao Noce!” pure. Il grande Agnelli spiazzava i VIP in tribuna: ma come, ma chi era questo “Noce” pappa e ciccia con quel moderno Sovrano?
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