Biden sugli Armeni: fu genocidio
Il capo della Casa Bianca mette fine a decenni di complicità con il negazionismo della Turchia; la Svizzera può ancora attendere?
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Il capo della Casa Bianca mette fine a decenni di complicità con il negazionismo della Turchia; la Svizzera può ancora attendere?
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Durante la pianificazione dello sterminio degli ebrei, venne chiesto a Hitler se non fosse preoccupato delle possibili reazioni internazionali. Risposta del Führer: “Perché mai, forse che qualcuno si ricorda ancora degli Armeni?”. La tragedia della Shoah venne poi e a lungo ignorata, ma soprattutto elusa e occultata, dalle nazioni della coalizione anti-nazista, che aveva abbondanti riscontri del genocidio, ma riteneva che soltanto la vittoria militare avrebbe potuto fermare quell’atroce pagina dei molti mali del “male supremo”. Fu diverso per la strage degli armeni, scatenata dai ‘Giovani Ufficiali’ turchi , che, convinti di tenersi in seno una comunità pronta a collaborare con la nemica Russia, con la ‘legge Tehcir’ del maggio 1915 autorizzarono la deportazione in massa, tramutatasi in ‘marcia della morte’ per circa un milione di persone.
Sembrò che sul dramma degli armeni i responsabili della tragedia fossero riusciti a mettere una pietra tombale fatta di silenzi, oblio, complicità. Anche se c’erano le testimonianze dei sopravvissuti, la inequivocabile documentazione fotografica dell’ufficiale prussiano Armin Wegner, e presto il romanzo “Quaranta giorni del Mussa Dag”, di Franz Wessel, straordinario e dolente affresco di una comunità che cercò inutilmente di sottrarsi allo sterminio rifugiandosi sul Monte degli Armeni. Strage sempre tenacemente negata con arroganza da una Turchia prigioniera dei suoi dèmoni nazionalisti. ‘Negazionismo’ della ‘prima pulizia etnica’ del Novecento (contro una minoranza cristiana), che difficilmente poteva però resistere all’evidenza storica, alla memoria tenacemente coltivata dalle comunità armene in esilio, e infine alla nascita (con il collasso dell’Urss) di una nazione armena ai margini dell’ex impero, nazione fragile ma indipendente.
Poche le nazioni europee che nel periodo della guerra fredda riconobbero ufficialmente quel genocidio d’epoca ottomana. Prigioniere del ricatto turco, dunque di un paese a lungo considerato baluardo della Nato sul fianco sud-orientale, e candidato all’adesione alla Comunità europea. Oggi lo scenario è profondamente cambiato, e su questo sfondo va collocato l’annuncio di Joe Biden, che finalmente decide di trascinare gli Stati Uniti fuori da un secolare, imbarazzante e intollerabile diniego. Erdogan (già definito pubblicamente ‘autocrate’ dal capo della Casa Bianca, nonché ‘dittatore’ dall’italiano Mario Draghi) non è più considerato l’alleato ‘imprescindibile’ per la sicurezza occidentale. Il suo dissociarsi dalle regole dell’Alleanza Atlantica – spinto fino all’acquisto di missili russi – ; la partnership con Putin nell’occupazione militare della Siria settentrionale e nel comune intervento in Libia; il dichiarato disegno di sfruttare con la forza parti non sue del Mediterraneo ricco di ricchezze energetiche; il disprezzo nei confronti dell’Europa e di quelli che almeno teoricamente sono i ‘valori fondanti’ delle democrazie occidentali (diritti umani, riconoscimento delle minoranze, rispetto della donna), e il tunnel della crisi economica in cui ha testardamente infilato il suo paese: tutto questo ne fa un ex alleato poco affidabile, sempre più isolato, e in difficoltà anche sul piano interno. Così, finalmente, la superpotenza decide di giocare anche la carta della verità storica, che nemmeno Obama aveva osato mettere sul tavolo. Una mossa, quella del sempre più sorprendente Biden, che spinge ulteriormente all’angolo l’irritabile, ondivago e illiberale neo-sultano: che sicuramente reagirà ancora una volta appellandosi all’unità e all’orgoglio nazionali, puntuale strumento della sua ossessiva propaganda, e dei tentativi di ‘islamizzare’ la società turca.
E chissà che, superando una diplomazia fin troppo remissiva, anche la Svizzera, finora inchiodata per interesse economico al rispetto del negazionismo di Ankara, non decida finalmente e ufficialmente di uscire da una complicità durata oltre il limite della decenza.
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