Appunti e punti di vista sulla punteggiatura
In ricordo di Anna Felder e della sua attenzione a ogni dettaglio, apparentemente minimo, della lingua - Di Angela Ferrari
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In ricordo di Anna Felder e della sua attenzione a ogni dettaglio, apparentemente minimo, della lingua - Di Angela Ferrari
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In ricordo di Anna Felder e della sua attenzione a ogni dettaglio, apparentemente minimo, della lingua - Di Angela Ferrari
Questi risultati li abbiamo voluti portare fuori dalle mura della nostra università, liberare dai loro tecnicismi e far circolare nella società, tra le persone che in un modo o nell’altro con la nostra bella lingua lavorano, imparano, riflettono, si divertono. Lo abbiamo fatto nel quadro di un progetto finanziato dal Fondo nazionale svizzero, che ci ha permesso di interagire con un insieme di categorie di professionisti della parola: con i giornalisti della carta stampata e della radio, con i traduttori dei testi ufficiali della Confederazione svizzera, con gli insegnanti ticinesi e i loro allievi, con gli operatori del web e, dolcemente in fondo, con alcuni nostri scrittori.
Il prossimo 10 gennaio 2024 al Teatro Kursaal di Locarno ne festeggeremo la conclusione. Siamo felicissimi di poterlo fare al Teatro Kursaal di Locarno: quale posto migliore se non la Piazza Grande locarnese per un tipo di progetto che l’istituzione bernese ha voluto chiamare proprio Agorà? L’evento si intitola La punteggiatura, che spettacolo! perché proprio di uno spettacolo si tratterà, un insieme di sketch che ci parleranno di punteggiatura facendoci divertire, magari anche emozionare: basti pensare che ci sarà un gruppetto di allievi di seconda media che leggerà uno dei testi che hanno vinto il concorso che abbiamo organizzato nelle scuole a inizio anno; si tratta di una pièce teatrale il cui titolo è, significativamente, La scomparsa di Puntoevirgola.
Il momento centrale dello spettacolo è dedicato al dialogo che abbiamo avuto con gli scrittori e le scrittrici della Svizzera italiana, e che abbiamo registrato nel libretto La punteggiatura perduta e ritrovata. Pensieri liberi di sette scrittori e scrittrici della Svizzera italiana uscito a settembre a Firenze, edizioni Franco Cesati. Abbiamo scelto uno scrittore per decennio partendo da Anna Felder per arrivare a Stella N’Djoku, e passando per Alberto Nessi, Fabio Pusterla, Claudia Quadri, Vanni Bianconi e Yari Bernasconi. Il momento sarà coordinato dal poeta Fabio Pusterla: alcuni degli autori e delle autrici leggeranno un estratto da una delle loro opere e commenteranno alcuni loro usi della punteggiatura.
Non ci sarà Anna Felder, che se ne è andata il 15 novembre di quest’anno. Aveva detto che non avrebbe voluto prendere la parola sul palco, che non aveva più l’età, ma che avrebbe voluto sedere tra il pubblico approfittando, allungandolo un po’, del suo soggiorno natalizio a Lugano. Ci mancherà, mi mancano già e mi mancheranno le nostre telefonate, le nostre videochiamate, le nostre e-mail in cui discutevamo di punteggiatura, di gatti (che aveva visto passare davanti al mio schermo), e anche dei nostri lutti più o meno recenti. L’avevo contattata un po’ titubante, chiedendomi come avrebbe reagito all’invito a vestire i panni della linguista e a riflettere su un aspetto – la punteggiatura – così particolare della scrittura in generale e della sua scrittura in particolare. Per la mia, e non solo la mia, felicità, la risposta, all’inizio titubante quanto la mia domanda, si era fatta via via sempre più appassionata. Aveva seguito il libro passo passo, l’aveva visto in anteprima, apprezzato, commentato. Anna Felder c’è stata, eccome, e di questo le sono stata e le sarò sempre grata. Locarno sarà l’occasione per dirglielo idealmente ancora una volta e per ricordarla.
Vorrei ricordarla anche qui, dandole qua e là la parola. L’intervento di Anna Felder nel volumetto uscito a Firenze si articola in due parti: nella prima la nostra Autrice propone alcune sue riflessioni sui due punti, sul punto e sul punto e virgola; nella seconda risponde ad alcune domande della sua traduttrice verso il francese Florence Courriol-Seita. L’idea dell’intervista è stata della stessa Anna Felder: quando le ho parlato della punteggiatura, le sono infatti subito venute in mente le sue lunghe discussioni triangolari con Florence Courriol e con l’editrice francese riguardo al suo modo di punteggiare, considerato da quest’ultima poco adatto, se non impossibile, a essere restituito in francese. La nostra scrittrice si ricorda che di fronte alla doppia apparizione dei due punti nel passaggio seguente della Disdetta:
Al pianerottolo del primo piano mi parve di intuire lo sbadiglio di qualcuno, non ricordo, salii difilato in mansarda: eccola: c’era, era contro la lampada, ma non potevo raggiungerla, saltai sul davanzale per tenermi pronto, il davanzale era stretto, ingombro di cose, nella furia rovesciai il portacenere; […]
Courriol le aveva detto: “On ne peut pas avoir de double ponctuation comme cela en français”. Da parte sua, la traduttrice si ricorda che, nei suoi scambi epistolari con la casa editrice, il tema era stato definito come la “question épineuse de la ponctuation chez Anna Felder”. Il problema è difficile, perché vede incontrarsi e (soprattutto) scontrarsi aspetti linguistici, culturali ed anche – sì, anche questo – etici: la punteggiatura dei testi letterari va tradotta o non va tradotta? Fino a che punto si può violare o anche solo forzare “il genio” della lingua di arrivo per rispettare “l’altrettanto genio” della scrittura di partenza? Per Anna Felder, si può, anzi si deve, anche se con cautela:
Al limite della comprensione, della musicalità e del buon senso, accetterei qualche stranezza nella lingua di arrivo, a favore della lingua originale (p. 18).
Quando la traduttrice confidava a Anna Felder le difficoltà che stava incontrando nel tradurre la punteggiatura della Disdetta, un romanzo, conviene precisare, che assume il punto di vista di un gatto, “Anna mi esortava a “tradurre gattescamente” [parole di Felder], a lasciarmi andare” (p. 23).
Al di qua della traduzione, quando parla di punteggiatura – il nostro libretto lo mostra bene – Anna Felder è pienamente cosciente della sua potenza comunicativa e ritmica, che non va considerata semplice cifra stilistica di superficie; e anche del fatto che tale potenza è “naturale”, qualunque sia il modo in cui è usata, non è mai una “forzatura”:
Scrivendo per esempio per strada passano uomini donne ragazzi senza virgole, intendo alludere, in quel momento narrato, all’anonimato indistinto della strada; nessuna forzatura. (p. 18).
E nelle sue riflessioni Anna Felder tende a generalizzare, a sganciare gli effetti comunicativi che si vengono a creare dalle contingenze del testo in cui si realizzano. Alla domanda di Courriol che le chiede “Dal punto di vista della ricezione, c’è secondo te un effetto di straniamento per il lettore nella tua punteggiatura? Nel caso della “Disdetta”, immagino che tu lo faccia perché il gatto è poco affidabile ed è come se tu mimassi il flusso di pensieri del felino, mi confermi?”, Felder ribatte che forse è vero anche, o probabilmente piuttosto, l’inverso: è “il felino che mima il flusso di pensieri degli umani” (p. 19).
Nella prima parte del suo intervento, Anna Felder riflette sulla sua scrittura citando due sue opere, un romanzo che lei immagina sia aperto dai due punti lasciati impliciti e un breve racconto a cui manca il punto fermo finale. Così, per il primo aspetto Felder immagina che la frase iniziale del suo romanzo Nozze alte:
Dato che senza gloria, tanto valeva non sposarsi.
sia di fatto preceduta da due punti lasciati impliciti, perché, come ci dice, una storia:
non nasce di punto in bianco da un inerte silenzio. […] è molto più probabile che la prima frase emerga un certo momento – con la voce semplicemente più forte – dal brusio di voci sommesse e quasi inavvertite, distratte, che da chissà quando tutt’attorno stanno tramando. Come fosse la strada o la casa, fosse il cielo e la terra a suggerire giorno e notte storie sempre state, di questo e dell’altro mondo. (p. 13)
L’assenza del punto finale, Anna Felder la ritrova nel racconto La magnolia di Lugano, e allora: “con l’insistenza di una canzone o canzonetta in sordina sentiremmo forse risuonare senza fine alle nostre orecchie il ritornello, déjà vu (déjà entendu), era una sera come ieri, in città” (p. 15):
In cielo intanto trascorrono sere e mattine, si alternano le lune calanti e le lune crescenti a segnalarci in perfetto ordine lo scorrere delle stagioni con le loro feste da celebrare in terra, passano i mesi, arrivano le piogge e le nevi e ripartono, si ricaricano gli orologi e puntuale spira la breva, ritornano i battelli sul lago, ma lassù in vetta alla magnolia la camiciola di qualcuno, di nessuno, continua a raccontare al pari di una banderuola a tu per tu con le nuvole, la sua storia di ragazza, era una sera come ieri, in città
Questi due giochi interpuntivi ai margini del testo immaginati da Anna Felder diventano il segno di un’opera – e ci piace pensare, di una vita, la sua – che non nasce dal nulla e non finisce nel nulla.
Angela Ferrari è professoressa di Linguistica italiana all’Università di Basilea
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