Troppi migranti a Chiasso?

Troppi migranti a Chiasso?

La città di confine non è certo Lampedusa e la presenza dei richiedenti l’asilo non va né demonizzata né ingigantita, ma va adeguatamente gestita, possibilmente con l’uso del buon senso


Boas Erez
Boas Erez
Troppi migranti a Chiasso?

La recente visita a Chiasso della direttrice del Dipartimento federale di giustizia e polizia, Elisabeth Baume-Schneider, era molto attesa. La città di confine a sud del Ticino è travolta dalla questione migratoria? Certamente no. Allora perché andarci? La situazione è tesa e per migliorarla occorre uno sforzo collettivo e concertato, basato sull’ascolto di tutti gli attori.

Chiasso, città di 7.800 abitanti, è in prima linea nell’accoglienza dei migranti. Le stime sul numero di persone in attesa di conoscere la decisione delle autorità federali sulla propria domanda d’asilo variano tra le 600 e le 800. Si tratta di cifre molto più alte di quelle considerate per dimensionare il sistema di accoglienza. Tuttavia, non c’è stato un improvviso afflusso di massa di migranti. Chiasso non è Lampedusa, perché l’Italia non è il mare. Il motivo principale è il ritardo accumulato dall’amministrazione federale nella gestione delle domande dei migranti dall’inizio della guerra in Ucraina. Di conseguenza, troppe persone rimangono più a lungo del previsto. Ciò sta creando una serie di problemi che le autorità non sono ancora pronte ad affrontare, a causa della mancanza di risorse. 

Atteggiamenti opposti

Tuttavia, questa constatazione unanime ha portato ad atteggiamenti molto diversi. Semplifichiamo: da una parte c’è chi si lamenta e non esita a stigmatizzare o a diffondere odio; dall’altra c’è chi si rimbocca le maniche e va incontro ai migranti. 

Durante un dibattito nella Svizzera tedesca, il presidente ticinese del partito più popolare della Svizzera ha sfidato il suo pubblico ad andare a vivere a Chiasso, lasciando intendere che lì la vita sarebbe particolarmente sgradevole. Inoltre, il suo collega di partito, membro dell’Assemblea nazionale, ha chiesto l’invio dell’esercito per risolvere i problemi. Ma c’è stato di peggio. A margine della visita della Consigliera federale, un abitante del comune di Balerna, dove pure si trova un centro di accoglienza federale, ha oltrepassato i limiti della decenza con un post sui social network. Probabilmente ingagliardito dai commenti del presidente del suo partito, ha scritto: “inutile davvero parlare con quella gente, solo agire funziona, vedi Balerna 2004”. Nel 2004 furono sparati due colpi di pistola contro una carovana di zingari. E ha continuato: “non abbiamo più visto nessuno di loro a Balerna dopo i 2 colpi!!!” L’autore di queste affermazioni è stato denunciato alla giustizia.

In risposta a questi attacchi, il sindaco di Chiasso ha sottolineato pubblicamente che il suo Comune non vive al ritmo dell’immigrazione: offre attività culturali e una ricca vita sociale di qualità riconosciuta ben oltre la sua regione. Ha sottolineato che Chiasso non ha “bisogno dell’esercito, ma solo di buon senso”. Allo stesso tempo, gruppi di cittadini chiedono una maggiore interazione con i migranti, che ora devono trascorrere molti mesi in condizioni estremamente precarie. Niente di nuovo sotto il sole. Da tempo c’è scontro tra chi pensa che la barca svizzera sia piena e chi dà un volto umano a chi intraprende la strada della migrazione. Una volta era Schwarzenbach contro Frisch. Naturalmente la globalizzazione è progredita e ha portato dei cambiamenti. In molte parti del mondo le disuguaglianze economiche sono aumentate, i conflitti si sono moltiplicati, e le condizioni di vita sono peggiorate a causa dei cambiamenti climatici. Di conseguenza, i migranti arrivano da più lontano. Questo comporta nuove sfide, ma non c’è un’emergenza e le soluzioni esistono. Nel 2022, il numero di domande di asilo è stato meno della metà rispetto al 1999.

Progetti di speranza

Sebbene i migranti abbiano ovviamente bisogno di essere sorvegliati e sia comprensibile la necessità di sapere dove si trovano una volta giunti sul nostro territorio, non sono la polizia o l’esercito i più adatti a gestire queste popolazioni speciali. Di fatto, non è prevista la loro detenzione. Si pone quindi il problema di come organizzare e gestire le lunghe ore in cui i migranti hanno praticamente campo libero al di fuori del coprifuoco loro imposto. Per questo motivo, come ha recentemente sottolineato il direttore del Soccorso operaio svizzero in Ticino, la cosa migliore da fare è promuovere legami più stretti tra i migranti e la società civile. Più i migranti sono coinvolti in attività esterne, meno si sentiranno inutili e più si sentiranno accolti. Questo è confermato dagli stessi migranti. 

Le autorità fanno la loro parte organizzando corsi di formazione nei centri di accoglienza, e alcune attività esterne. Questo sistema funziona per chi si ferma solo 140 giorni, ma i soggiorni durano molto di più. Il ruolo della società civile diventa allora cruciale. Chiasso ha una lunga tradizione di accoglienza. Già negli anni Sessanta, quando i lavoratori italiani passavano dal “Lazzaretto” per sottoporsi ai controlli sanitari, e dove venivano spruzzati di zolfo e radiografati, la popolazione locale cercava di rendere più piacevole il loro soggiorno fornendo coperte e cibo. Negli ultimi mesi, diversi gruppi in città e in altre zone del Cantone si sono mobilitati per offrire attività che favoriscano lo scambio con i migranti. Si stanno creando associazioni per dare un riconoscimento ufficiale a queste attività e per aumentare la professionalità del loro lavoro.

Ecco due esempi. L’Associazione DaRe raccoglie, seleziona e distribuisce vestiti, scarpe, coperte, ecc. ai migranti nei centri di accoglienza ticinesi e fino a Milano. Nell’associazione sono attive diverse decine di volontari, che permettono a circa 200 persone di beneficiare regolarmente delle attività offerte presso la sede logistica dell’associazione a Bellinzona. I migranti sono molto motivati ad andarci; arrivano persino a organizzare collette per pagarsi il viaggio. Ad attrarli a Bellinzona non sono solo i beni di cui possono usufruire gratuitamente, ma anche le attività di socializzazione e integrazione tra generazioni, religioni ed etnie. Un altro progetto interessante riguarda due dozzine di studenti di architettura dell’Università della Svizzera italiana che, su iniziativa di due professori, si sono proposti di progettare spazi più accoglienti per i migranti. Hanno lavorato con i migranti stessi per co-creare progetti che rispondessero meglio alle loro aspettative. Ne sono scaturiti progetti di riqualificazione di piazze e parchi pubblici e di creazione di spazi privati più adatti alle persone a cui è stato concesso l’asilo. Ad esempio, un giovane migrante che vive in un appartamento a Balerna e prepara spesso i pasti per i suoi amici ha immaginato una grande sala da pranzo dove potersi sedere a tavola con loro. Il suo desiderio è che ci sia sempre abbastanza cibo per tutti, che la stanza sia decorata con fiori ai quattro angoli e che abbia una grande porta d’ingresso. È tutto.

Articolo apparso in francese nel sito “Bon pour la tête” e proposto qui in versione tradotta in italiano a cura della redazione con la supervisione dell’autore
Nell’immagine: Chiasso, 35°30’45.9″N 12°35’32.6″E

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