Antisemitismo sottotraccia nella Russia di Putin

Antisemitismo sottotraccia nella Russia di Putin

Storicamente i pogrom partirono dall’Est all’inizio del ventesimo secolo; in che termine si pone oggi la questione ebraica nell’ex impero?


Yurii Colombo
Yurii Colombo
Antisemitismo sottotraccia nella Russia di...

Dal nostro corrispondente da Mosca

Il riesplodere della guerra in Medio Oriente ha riproposto la questione dell’antisemitismo in Russia e nell’Europa Orientale. Storicamente, quell’area fu all’inizio del Ventesimo secolo uno degli snodi dei più tragici pogrom, ma anche dell’emergere di un’intera generazione di ebrei (si pensi al gruppo dirigente della socialdemocrazia russa), in cui l’afflato cosmopolita e internazionalista fu più intenso. A che punto siamo oggi in Russia su questa questione? Cosa bolle in pentola in un Paese dove almeno un sesto della popolazione si professa musulmana?

In questo articolo vedremo di fornire un quadro veritiero della situazione, cercando di evitare letture unilaterali o ideologiche.

Negli ultimi 30 anni gli stereotipi antisemiti si sono gradualmente ridotti. Tuttavia, i pregiudizi sopiti possono risvegliarsi in momenti decisivi come quello seguito dell’assalto di Hamas e la successiva invasione di Gaza delle truppe israeliane. 

La sera del 29 ottobre, una folla inferocita di giovani ha fatto irruzione sulle piste dell’aeroporto di Makhachkala (capitale della Repubblica musulmana del Daghestan), alla caccia di cittadini israeliani arrivati da Tel Aviv, e ha persino cercato di dare l’assalto a uno degli aerei atterrati dalla capitale israeliana. In precedenza, manifestazioni anti-israeliane si erano svolte in altre città del Daghestan, oltre che nella Karachay-Circassia e nella Kabardino-Balkaria. Il ministero degli interni russo, assai solerte solitamente a prevenire e reprimere ogni manifestazione politica, è intervenuto questa volta pigramente. Il giorno dopo Putin ha accusato i servizi segreti occidentali di aver fomentato l’iniziativa ma è sembrato più che altro il classico colpo al cerchio dopo quello alla botte.  

Formalmente la posizione del Cremlino è rimasta la stessa: neutralità nel conflitto e necessità della formazione di uno Stato Palestinese. Tuttavia qua e là, dall’inizio del conflitto con l’Ucraina sono comparsi accenti antisemiti. Le parole di Sergej Lavrov che il 1. maggio del 2022, riferendosi a Zelenskij, sostenne: “Potrei sbagliarmi, ma anche Hitler aveva sangue ebraico. Questo non significa assolutamente nulla. I saggi ebrei dicono che gli antisemiti più accaniti sono di solito ebrei”, scioccarono il mondo intero. E all’inizio di ottobre, durante una discussione in un forum economico, Putin ha deriso Anatoly Chubais, un ex consigliere del Cremlino per metà ebreo, che è fuggito dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina l’anno scorso e che ora vive in Israele. Putin ha detto che “non è più Anatoly Borisovich Chubais. È “Moshe Izrailevich” o qualcosa del genere”. Anche l’invito ad Hamas – subito accettato – a visitare il Cremlino ha fatto correre più di un brivido nella schiena nella comunità ebraica.

Tuttavia la situazione non è lineare. Le manifestazioni a sostegno della Palestina sono anch’esse vietate e la popolazione musulmana di Mosca (soprattutto migranti centrasiatici) hanno mostrato tiepidezza sulla questione. Inoltre la popolazione urbana europea russa si riconosce maggiormente negli stili di vita d’Israele. Senza dimenticare che, attraverso varie ondate di migrazioni, la diaspora russa in Israele ha superato oltre il milione di presenze.

La società di sondaggi russsa “Levada”, ormai l’unica indipendente dal governo, monitora regolarmente gli umori russi sul Medio Oriente. Lev Gudkov, uno degli autori di questi sondaggi, afferma che nelle condizioni dell'”operazione speciale” ci si sarebbe potuti aspettare che la retorica anti-ucraina e anti-occidentale dei politici e dei media russi avrebbe causato un aumento generale dell’aggressività popolare verso le minoranze etniche e gli stranieri, ma l’ultimo sondaggio non ha confermato questa ipotesi. È stato, è vero, registrato un aumento dell’antipatia o dell’ostilità nei confronti di americani e ucraini, ma l’atteggiamento verso gli ebrei sembra essere il più favorevole o almeno il più tranquillo. 

Per oltre 30 anni, in Russia l’atteggiamento generarle nei confronti degli ebrei è rimasto decisamente positivo. Tuttavia, domande più dettagliate rivelano più di una sfumatura nell’opinione pubblica del Paese. Così, ben il 22% dei russi è pronto a dichiarare apertamente ai sociologi che “ci sono troppi ebrei alla guida del Paese” ed ad esprime la propria insoddisfazione al riguardo. E alla domanda se sia necessario limitare il numero di dirigenti aziendali al vertice delle aziende, circa un terzo degli intervistati (35%) ha risposto affermativamente. 

Allo stesso tempo, una parte significativa dei pregiudizi e dei preconcetti antiebraici che, secondo Gudkov, formano uno strato di “antisemitismo latente”, sono conservati e riprodotti nella coscienza di massa. Questi stereotipi vengono trasmessi non attraverso le istituzioni statali e i media centrali, ma attraverso l’ambiente quotidiano della comunicazione interpersonale, compresi i social network.

Si tratta, è vero, soprattutto di persone povere e avanti nell’età, ma che come ci insegna la storia possono diventare una massa di manovra importante per il radicalismo razzista, un giorno che il sistema intendesse giocare questa carta come già successe nell’ultima fase del regime staliniano. 

Nell’immagine: cerimonia funebre dopo il pogrom di Chişinău (Moldavia, 1903)

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