Un Putin più saldo diventa “pacifista” ma a modo suo
Non deve illudere l’intervento “al miele” del capo del Cremlino al G20, il primo dall’inizio dall’aggressione all’Ucraina
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Non deve illudere l’intervento “al miele” del capo del Cremlino al G20, il primo dall’inizio dall’aggressione all’Ucraina
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• – Michele Ferrario
Una decisione da “voltamarsina”: appena cacciati dalla porta (2026) si tenta di far rientrare i Giochi dalla finestra nel 2030, dopo aver capito (in ritardo) che possono anche rendere
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Stampa / Pdf
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• – Redazione
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• – Silvano Toppi
Non deve illudere l’intervento “al miele” del capo del Cremlino al G20, il primo dall’inizio dall’aggressione all’Ucraina
Non c’erano Joe Biden e Xi Jinping, protagonisti pochi giorni fa del più importante vertice internazionale di quest’anno, ma è anche per questo che il presidente russo Vladimir Putin non ha perso l’occasione di riproporsi sulla scena mondiale, partecipando, seppur “in remoto”, e per la prima volta dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, al G20 convocato dal premier indiano Narendra Modi.
È qui che il capo del Cremlino è tornato a parlare della guerra in Ucraina. Lo ha fatto evidenziando subito come diversi partecipanti alla riunione avessero già sottolineato il loro sconcerto per la continua aggressione di Mosca contro Kiev, per poi replicare tranquillamente: “Certo, le azioni militari sono sempre una tragedia”. Un tono diverso dal passato. E infatti secondo la stampa internazionale s’è trattato di uno dei suoi interventi più “equilibrati” dall’inizio dell’ “intervento militare speciale”, secondo l’espressione che i russi continuano ad usare dal febbraio 2022.
“Capisco che questa guerra, e la morte di molte persone, non può che sconvolgere”, ha ammesso Putin, prima di esporre la sua arcinota tesi secondo cui la Russia aveva l’obbligo di intervenire per interrompere la guerra civile con la persecuzione della popolazione russofona dell’Ucraina orientale.
Naturalmente le parole rivolte al G20 erano state preparate con molta cura: si trattava di ammaliare soprattutto l’opinione pubblica dei cosiddetti “Paesi emergenti”, quelli del “Sud globale” da reclutare al fianco di Pechino e Mosca in funzione anti-americana e anti-occidentale. Tuttavia non si è trattato solo di propaganda, ma anche del risultato di una valutazione tattico-politica, pratica in cui – va riconosciuto – Putin eccelle.
Anche perché ormai è evidente che ci sono delle frizioni vistose all’interno del gruppo dirigente ucraino (di cui abbiamo già parlato su Naufraghi/e). In una recente intervista al tabloid britannico “Sun”, il presidente ucraino, replicando al suo generale Valerij Zaluzhnij, ha sostenuto che i “militari non dovrebbero far politica”.
Va ricordato che nei primissimi giorni di conflitto Putin si era rivolto apertamente all’esercito ucraino perché rovesciasse Zelenskij. L’appello cadde nel vuoto, ma ora al Cremlino si fa necessità virtù e per dividere il fronte avversario si prova a usare più il fioretto che la scure. “Noi siamo qui e conoscete le nostre condizioni”, è stato il messaggio obliquo che ha rispedito alla leadership dell’esercito ucraino. Putin sa del resto che, nelle cancellerie internazionali, le ripetute buotade di Zelenskij stanno iniziando a stancare. Ormai anche arrivando ad evocare l’idea di una rivolta all’interno della Russia sul tipo di “Maidan”, o rivendicando il “diritto a uccidere Putin”, il presidente ucraino non riesce a tenere desta l’attenzione nemmeno dei suoi più accesi sostenitori europei.
Anche per questo Putin guarda sempre più a quanto accade in casa Ue. I giornali russi stanno spingendo sull’acceleratore dei mugugni che hanno portato alle avanzate elettorali sovraniste in Europa (prima in Slovacchia, due giorni fa in Olanda) e al Cremlino si cercano altri spiragli per aprire brecce favorevoli alla Russia. Non si tratta solo di Ungheria, di Bratislava o di Amsterdam: le perplessità stanno crescendo anche nel cuore dell’Unione.
Petr Pavel, il presidente ceco, a una riunione dei vertici dell’esercito, è stato il più esplicito, precisando: “L’impantanamento dell’offensiva ucraina non è il miglior punto di partenza per sopravvivere al rigido inverno. Questo porterà a una maggiore pressione per porre fine al conflitto con un accordo. E l’accordo, se avrà luogo, sarà ovviamente basato sulla situazione reale raggiunto dalle parti sul campo di battaglia”.
Realpolitik contro diritto all’auto-derminazione: è proprio il terreno che predilige e su cui Putin vuole spostare il dibattito internazionale.
“Obiettivamente, alcuni leader dei Paesi europei hanno la sensazione che la guerra durerà a lungo, mentre vorrebbero risolvere la questione più velocemente. Non possiamo dire che questo sia un sentimento di massa. I sondaggi mostrano che la maggior parte degli europei sostiene ancora l’Ucraina. Ma la stanchezza si intravvede nel fatto che già, per ogni evenienza, vengono presi in considerazione altri scenari su come potrebbe finire il conflitto”, ha ammesso al magazine “Focus” l’analista ucraino Igor Reiterovich.
Anche perché se è vero che in un solo anno e mezzo gli Stati Uniti hanno messo sul piatto della bilancia oltre 100 miliardi di aiuti al paese slavo, incombono le presidenziali in cui Trump potrebbe ricorrere ampiamente anche alle tendenze isolazioniste mai sopite del popolo americano.
Tuttavia oggi Putin non è ancora interessato a mettere fine al conflitto. L’industria bellica del Paese marcia a pieno regime e ciò continuerà a dare, dal punto di vista economico, i suoi frutti. Ma soprattutto non gli bastano le quattro regioni orientali del Donbas annesse lo scorso anno: uno dei suoi principali obiettivi rimane quello di impedire a tutti i costi una futura adesione alla Nato dell’Ucraina. Ridisegnare la carta e gli equilibri in Europa è ciò che si è prefisso lo “zar”. E non abbandonerà certo i suoi obbiettivi tanto facilmente.
Nell’immagine: Putin durante l’intervento a distanza al G20
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