Aziende Elettriche Ticinesi: la botta elettrica, l’effetto boomerang e i disincentivi
Brutta informazione, o meglio disinformazione, inviata a tutti i fuochi circa l’aumento dei costi dell’energia elettrica - Di Bruno Storni
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Brutta informazione, o meglio disinformazione, inviata a tutti i fuochi circa l’aumento dei costi dell’energia elettrica - Di Bruno Storni
Non una parola sulla liberalizzazione del mercato elettrico che ha indotto anche le nostre aziende a giocare a Monopoli elettrico, perdendo! Perdite scaricate sui consumatori con due stangate tariffali. Neanche il nucleare appare nell’articolo: sappiamo che nel 2022 il nucleare francese ridotto a metà regime per gravi problemi di manutenzione ed affidabilità aveva contribuito fortemente all’aumento dei prezzi di mercato europeo nel quale operano le nostre aziende. In un Cantone dove, sfruttando ogni valle all’inverosimile, si produce idroelettrico a 5 cts/kWh, pur considerando l’uso reti e tasse varie, è incomprensibile e indifendibile arrivare a pagarlo 42 cts/kWh tariffa SES classe famiglie H1 (fonte Elcom); ESI se ne renda conto e smetta di raccontare mezze verità che diventano frottole clamorose!
Ma un effetto positivo, sebbene fondamentalmente contrario alla politica energetica di gran parte delle aziende elettriche, la stangata sulle bollette l’ha avuto: il boom del fotovoltaico!
Nel 2023 in Svizzera sono stati installati 1.5 GigaWatt di nuovo fotovoltaico (3 volte quelli del 2021), contro i 0.7 GigaWatt che la Confederazione (o i suggeritori/consulenti dell’Ufficio Federale dell’Energia, cioè le Aziende elettriche) aveva pianificato dal 2023 in avanti nel “Messaggio sull’Approvvigionamento Elettrico sicuro e rinnovabile” presentato alle Camere a giugno 2021.
Aziende elettriche che da sempre frenano sul rinnovabile distribuito sui tetti delle case, ma si ingegnano a calcolare e ipotizzare penurie di elettricità (Stromlücke) per giustificare nuove centrali nucleari o, new entry, riserve idroelettriche che poi ci rivendono a caro prezzo.
La nuova mazzata del 20% sulle tariffe dal 1.1.2024 consoliderà la crescita del fotovoltaico, un vero Solarexpress che dovrebbe permettere di arrivare fra non molto ai 2 GigaWatt all’anno e raggiungere nel 2035 i 35 TeraWatt/ora (TWh) di nuovo rinnovabile, obiettivo che finalmente le Camere hanno approvato a settembre con l’aggiornamento della Legge sull’Approvvigionamento elettrico (LAEl). Ricordo che finora (LAEl 2017) si puntava a 11 TWhm mentre nel messaggio del 2021 citato si saliva a miseri 19 TWh suggeriti dalle riluttanti aziende, poi appunto corretti a 35 TWh dalle Camere.
Ma a parte il boomerang della crescita del fotovoltaico incassato dalle aziende elettriche, le loro asociali politiche aziendali incideranno non poco sui bilanci familiari dei meni abbienti, di chi non abita in casa propria o non ha i mezzi per un tetto fotovoltaico, peggio ancora se riscalda elettrico diretto, impianti a lungo promossi attivamente dalle aziende per aumentare i consumi di elettricità. Però questo non preoccupa le nostre aziende elettriche, che nel disgustoso finale dell’articolo arrivano a negare che i profitti vadano a spese dei consumatori e nel contempo glorificano i profitti, compresi dividendi straordinari (SES), da loro versati ai Comuni proprietari, profitti scorrettamente prodotti da un servizio pubblico di prima necessità: la distribuzione di energia elettrica che usiamo per cucinare, riscaldare o illuminare le nostre abitazioni.
Oltre a frenare da sempre sul fotovoltaico imponendo prezzi di immissione in rete insufficienti, fino alle citate recenti stangate tariffali e conseguente boomerang, le aziende elettriche, con le cresciute tariffe, ostacolano gli obiettivi della strategia energetica 2050 che prevede il passaggio da riscaldamenti a nafta o gas al rinnovabile (pompe di calore in particolare).
Trasformazione che richiede ai singoli importanti investimenti e di conseguenza viene sussidiata tramite il programma edifici (alimentato dalla tassa sul CO2) come pure in diversi Comuni dal Fer comunale, e in futuro con la Legge clima direttamente dalle casse federali.
Ma se da una parte lo Stato sostiene finanziariamente chi cambia il sistema di riscaldamento abbandonando nafta o gas per usare elettricità, dall’altra le aziende elettriche con gli aumenti citati e gli utili che generano sulla distribuzione di elettricità la rincarano al punto da disincentivare il cambio di sistema o castigando coloro che hanno optato per la pompa di calore che si trovano a dover consumare elettricità a prezzi elevati.
Concludo con l’ultimo, in ordine cronologico, dei maggior oneri a carico dei consumatori che apparirà sulle bollette dal 2024: la riserva di energia elettrica.
Con questa new entry da 1.2 cts/kWh pagheremo anche i costi che le aziende hanno potuto fatturare per riservare una piccola parte dell’accumulo di acqua nei bacini idroelettrici da mantenere a diposizione fino a primavera e da turbinare per il mercato svizzero in caso di carenza di elettricità.
Nel 2022 erano 600 mio Fr. e nel 2023 sono 53.6 mio per 400 GigaWatt/ora cioè 13.4 cts/kWh. Da notare che i bacini idroelettrici furono costruiti proprio per avere elettricità anche d’inverno: quindi abbiamo già pagato quanto ci rifatturano.
Inoltre i bacini sono ben colmi anche quest’inverno!
In queste condizioni pagare per una riserva idroelettrica è come vendere un frigorifero ad un eschimese. L’eschimese di fronte a una simile proposta ci mostra l’indice puntato alla tempia e lo ruota avanti e indietro per alcune volte, noi invece l’acqua che ci appartiene la ricompriamo, e le nostre aziende elettriche si fregano le mani.
Da notare che nel caso dovessimo effettivamente usare la riserva dovremo anche pagare l’energia al prezzo di mercato che in situazioni di carenza non sarà certamente a buon mercato, mentre in caso contrario, come già avvenuto lo scorso anno, le aziende possono usare la riserva e rivenderla a piacimento e “pro saccoccia”.
Bruno Storni è Consigliere nazionale (PS)
Nell’immagine: frigoriferi agli eschimesi
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