Beauty contest per la Santa Chiara, qualche domanda
La salute è un affare come un altro?
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La salute è un affare come un altro?
Questa ovvietà ci viene ulteriormente confermata dalla grande agitazione attorno all’acquisto della clinica Santa Chiara di Locarno, oggetto di un’asta e di una specie di beauty contest da parte dei due grandi gruppi ospedalieri privati operanti in Ticino.
Si parte dal fatto che gli azionisti della clinica, tra cui alcuni medici, hanno sdegnosamente rifiutato l’offerta dell’EOC, che pur offriva il doppio di quanto ha messo sul tavolo il (provvisorio) aggiudicatario, Moncucco. Una decisione che potrebbe sembrare anomala, addirittura motivata da mere considerazioni emotive. In effetti, alla clinica l’EOC aveva chiesto di attrezzarsi come ospedale COVID, per poi decidere non solo di non utilizzare le strutture ma addirittura di non tenere conto delle (giuste?) rimostranze della clinica, che a seguito della forzata (e inutilizzata) conversione aveva subito importanti perdite finanziarie, che ne hanno – pare – minacciato la stessa sopravvivenza. Insomma, una ripicchina, si potrebbe dire.
Ma c’e ovviamente dell’altro, e stiamo parlando come sempre di soldi. Non potendo accedere alla contrattualistica, non sapremo mai che cosa Moncucco abbia offerto “fuori sacco” (cioè al di là del prezzo di acquisto) ai medici e agli azionisti della Santa Chiara. “Siamo stati convinti dal progetto”, dicono gli azionisti per giustificare la decisione di rinunciare a un bel pacchetto di milioni; un “progetto” in cui gli azionisti di Santa Chiara sarebbero di certo coinvolti. In questa totale opacità informativa, ogni dubbio e ogni sospetto sono leciti.
Adesso arrivano anche gli altri businessmen della sanità, quelli del Sant’Anna, a offrire il doppio per comprare, e probabilmente anche per garantire i vantaggi “fuori sacco” già prospettati dai loro concorrenti di Moncucco. Una bella battaglia, a conferma che la malattia e la guarigione sono un gran bell’affare. E dovrebbero farci riflettere anche coloro che, a reti unificate e con rassicuranti sorrisi, vendono le cliniche private come succursali di Madreteresa buonanima (non di Emergency, per carità, quelli sono dei maledetti comunisti; operano i poveri, e aggratis, uno scandalo).
Non so voi, ma io trovo che ci sia qualcosa di malsano e di poco etico in questo lucrare sulla sanità; ma è così che funziona qui, e dobbiamo farcene una ragione.
Sarebbe però opportuno che qualcuno facesse una bella riflessione sul fatto che l’ente pubblico si fa carico di tutti gli aspetti meno “interessanti” della sanità (pronto soccorso in primis) mentre il privato lucra sul cherrypicking, assumendo compiti che generano ricavi importanti a fronte di costi meno sostanziali, ad ogni livello. Non sembra corretto trattare nello stesso modo, a livello di tariffe e di copertura sanitaria, e di sussidi pubblici, i due generi di attività; soprattutto si impone un potenziamento vero della sanità di servizio pubblico, e non certo una sua smobilitazione dalle zone periferiche. Almeno in questo ambito, sarebbe forse bene evitare che qualcuno potesse pensare che si tratti di socializzazione dei costi e di privatizzazione dei profitti anche in un settore dove sono in gioco la salute, la vita e la morte.
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