Immigrazione, oriundi e mamme
Fecondità ai minimi europei: senza immigrati il Ticino e la Svizzera sarebbero presto in via d’estinzione
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Fecondità ai minimi europei: senza immigrati il Ticino e la Svizzera sarebbero presto in via d’estinzione
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Fecondità ai minimi europei: senza immigrati il Ticino e la Svizzera sarebbero presto in via d’estinzione
Sull’immigrazione e soprattutto sull’infinito tema della libera circolazione delle persone con l’Unione europea sono prevalsi tre modi di argomentare. Uno è categorico: si alzi un muro, si evitino i danni. Dopo le figuracce “trumpiane” si sente meno. Il secondo è tattico: prima i nostri, poi eventualmente quelli indispensabili per l’economia. Risulta infatti che i nostri sono spesso introvabili, in molto settori, dalla sanità (v. pandemia) alla ristorazione. Il terzo è economicamente aristocratico e esclusivo: solo immigrazione di persone altamente qualificate, con competenze che siano complementari a quelle della manodopera indigena. C’è un maggior costo, è ovvio. E il fatto che persino grandi banche o industrie ricorrano a capintesta “stranieri” qualcosa vorrà pur dire.
C’è alla base di tutto un denominatore comune: il proprio interesse “über alles”. Alimentato da avversione all’”esterno” perché ruba posti e nuoce alla purezza e alla sovranità nazionali. Aggiungiamo tre considerazioni che raramente si fanno.
La prima è di carattere generale. Ci troviamo in una società che ha preso la cattiva abitudine della gratuità e non ama pagare il prezzo che ogni beneficio, anche economico, comporta sempre. La Svizzera è così spesso accusata di “cherry picking”: vuol cogliere solo le ciliegie che le piacciono e le vorrebbe anche senza il nocciolo. Esiste un legame tra questo gusto della gratuità, del non voler pagare, e il rifiuto a scegliere. Pagare presuppone aver scelto, che significa a sua volta rinunciare a qualcosa. Perché non se ne vien fuori con il problema dell’immigrazione, eterno tiramolla politico? Perché in un modo o nell’altro bisogna scegliere e pagare qualcosa. L’impotenza a scegliere è una causa dell’infantilizzazione della nostra società e della politica. Persino gli oriundi sono invischiati in quella che gli americani definiscono “last place aversion”, l’avversione nei confronti di chi è arrivato dopo di te e pretende di essere come te. Saranno spesso i primi a votare contro ogni apertura.
La seconda osservazione è di logica demografica. Con un indice di fecondità dell’1.5 per cento in Svizzera e dell’1.3 in Ticino (il più basso della Svizzera e persino in Europa) in neppure mezzo secolo saremmo in via d’estinzione se non supplisse un’immigrazione netta (rispetto alla scarsità di nascite) del 40 per cento per la Svizzera e addirittura del 60 per il Ticino. Una realtà drammatica, che si mette sotto il tappeto francoelvetico del “deus providebit”, il mito elvetico provvederà. Eppure il problema è proprio lì.
La terza osservazione è di politica familiare Quando si è deciso di sussidiare gli asili nido per porre qualche rimedio “strutturale”, si è ricorso a un sillogismo meschino e sballato. Che è questo: bisogna lottare contro la penuria di personale qualificato; bisogna applicare la volontà popolare di ricorrere al personale indigeno per porre un freno all’immigrazione (prima i nostri); per ottenere tutto questo bisogna migliorare la politica che permetta alle donne-mamme di lavorare. Sillogismo meschino perché banalizza la sostanza del problema; sballato ed anche paradossale perché sembra che il lavoro delle donne-mamme svizzere (comunque sottinteso: tanto meglio se evitano di fare altri figli) sia un inevitabile effetto collaterale dell’indesiderata-irrinunciabible immigrazione.
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