Dal Medio Oriente all’Ucraina, perché i mercati e le Borse resistono ai conflitti armati
Con due guerre in corso nel cuore di esplosive polveriere regionali, la crescita continua. Persino l’inflazione comincia a mostrare segnali di moderazione
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Con due guerre in corso nel cuore di esplosive polveriere regionali, la crescita continua. Persino l’inflazione comincia a mostrare segnali di moderazione
• – Redazione
I palestinesi temono ciò che certi ministri di Netanyahu non nascondono: una seconda “Nakba”, come quella che nel 1948 espulse anche con la forza dell’esercito israeliano circa 700.000 arabi, costretti a diventare profughi permanenti
• – Aldo Sofia
le nuove vittime palestinesi anche nel sud di Gaza, le critiche a Netanyahu per la fine della tregua, e un attentato che ricorda quanto esplosiva sia anche la tensione nei Territori occupati
• – Aldo Sofia
Il Comitato Internazionale Olimpico non ha cambiato né pelo, né vizio: vince chi garantisce il maggior incasso e perciò la nostra candidatura per i Giochi invernali del 2030 non verrà presa in considerazione
• – Libano Zanolari
È scomparso a Martigny, all’età di 88 anni, uno dei grandi promotori culturali svizzeri degli ultimi decenni. Sua la Fondazione che ha ospitato mostre di straordinaria qualità e di enorme successo
• – Enrico Lombardi
I dubbi sull’intesa firmata alla Cop28. Per costruire le centrali ci vogliono decenni: per restare entro gli 1,5 gradi di riscaldamento dovremmo tagliare le emissioni del 42% da qui al 2030
• – Redazione
Eppure diversi esempi dimostrano che si tratta di un partito che spesso contraddice i ‘valori’ che sostiene di rappresentare e difendere
• – Beat Allenbach
L’amaca di sabato 2 dicembre 2023
• – Redazione
Fa discutere il kolossal biografico “Napoleon”, nelle sale da qualche giorno, per la sua scarsa adesione ai fatti storicamente accertati
• – Pietro Montorfani
Una piattaforma multimediale ricca di documentazione racconta la presenza fondamentale delle donne nell’emigrazione italiana in Svizzera
• – Mattia Lento e Manuela Ruggeri
Con due guerre in corso nel cuore di esplosive polveriere regionali, la crescita continua. Persino l’inflazione comincia a mostrare segnali di moderazione
C’è stato il più violento scontro in molte settimane fra Israele e Hamas, ma i mercati non hanno reagito con preoccupazione. Con ormai due guerre in corso nel cuore di esplosive polveriere regionali, quella appunto fra Hamas e Israele e quella ormai vecchia di 22 mesi della Russia in Ucraina, le Borse sono andate aumentando fino ai livelli record attuali e la crescita, soprattutto quella americana (con uno straordinario +4,9% nell’ultimo trimestre) ma anche in altri contesti globali, continua. Persino l’inflazione comincia a mostrare segnali di moderazione dopo la decisa azione delle banche centrali.
Le previsioni di una catastrofe, che anticipavano un ritorno agli shock petroliferi del 1973 dopo l’attacco di Hamas o, nel febbraio del 2022, una crisi energetica europea con un inverno difficilissimo ed economie disastrate, sono state superate dal realismo dei mercati che hanno creduto al pragmatismo delle parti in causa per due ragioni, una politica e l’altra economica.
Sul piano politico il messaggio in Medio Oriente da Riad a Damasco a Hezbollah in Libano è stato chiaro fin dall’inizio: evitiamo un ingresso sconsiderato a fianco di Hamas. La priorità della maggioranza nel mondo arabo, al di là di differenze marginali, è di continuare lungo un percorso riformista.
Certo, la retorica può restare aggressiva: ad esempio i Paesi arabi hanno accusato verbalmente l’intero Occidente per i disastri di Gaza. Ma, al di là della retorica, nella pratica ha prevalso il realismo: in tre incontri diversi, le richieste di embargo petrolifero e sanzioni contro Israele prima del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, poi del presidente iraniano Ebrahim Raisi a Riad, a un incontro dell’Oic (Organizzazione degli Stati Islamici) con la Lega Araba, sono state respinte. E l’appello del 19 novembre dell’Ayatollah Ali Khamenei per una chiusura di ogni relazione con Israele da parte degli stati islamici è caduta nel vuoto.
Ma il contesto politico è più ampio: l’incontro fra Joe Biden e Xi Jinping ai margini dell’Apec di San Francisco ha confermato l’importanza di allentare la tensione. Cosa che la Cina, oramai in un ruolo di mediazione e di influenza fra Iran e Arabia Saudita, ha imposto fin da subito. Anche perché, e qui passiamo al contesto economico, gli equilibri fra produttori e acquirenti di petrolio sono cambiati.
Nel 1973 l’Occidente era completamente dipendente dal petrolio in arrivo dal mondo arabo. Oggi le esportazioni petrolifere dal Medio Oriente vanno per il 70% in Asia. Le scoperte di giacimenti nel mare del Nord in Europa e il forte aumento delle estrazioni americane, ormai le più importanti del mondo, hanno cambiato l’equazione di dipendenza.
Ovviamente il rischio di una scintilla aggiuntiva, ad esempio un rimbalzo delle tensioni attorno a Taiwan o addirittura una guerra aperta, è sempre possibile. Ma oggi la parola d’ordine è di minimizzare la tensione globale.
Non è un caso se personaggi come il generale David Petraeusguardano già oltre, considerano gli orrori della guerra come un danno collaterale di un conflitto che Israele combatte anche per conto di coloro che nel mondo arabo vogliono liberarsi di Hamas. E raccomanda di pensare già alla ricostruzione, di pensare al negoziato per i due Stati e di stanziare fondi nel mondo arabo per la ricostruzione di Gaza.
È però essenziale che Israele, pur in mezzo alla guerra, pensi già al dopo. Sarà quella l’unica garanzia per chiudere un capitolo storico in Medio Oriente ed eliminare un altro pericolo dallo scenario globale sempre più diviso, che vede strutturalmente un ritorno all’aumento del ruolo dello Stato nelle economie ma che, nell’auspicio di tutti, potrà passare attraverso un cambiamento dell’ordine internazionale senza il passaggio forzato per una guerra mondiale, come è successo finora nella storia.
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