Russia a rischio disintegrazione. E l’Occidente teme il pericolo nucleare
La rivolta della Wagner è un colpo di Stato, ad oggi in pausa: può segnare una svolta nella guerra ucraina
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La rivolta della Wagner è un colpo di Stato, ad oggi in pausa: può segnare una svolta nella guerra ucraina
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La rivolta della Wagner è un colpo di Stato, ad oggi in pausa: può segnare una svolta nella guerra ucraina
L’insurrezione armata del Gruppo Wagner contro il potere russo, provvisoriamente sedata quando le truppe di Prigozhin erano a duecento chilometri da Mosca, può segnare una svolta nella guerra d’Ucraina. Proprio mentre la fin troppo annunciata campagna d’estate delle truppe di Kiev sembrava impantanarsi sulla linea del fronte, il colpo di mano organizzato da Evgenij Prigozhin ha rovesciato il tavolo. Comunque finisca l’avventura dei wagneriani, il vertice russo ne esce squalificato. È in corso un rimescolamento nei rapporti di forza fra le fazioni del sistema putiniano. Crepe profonde minano la piramide del potere, fino a minacciarne il crollo.
Non aver saputo prevenire un tentativo di golpe annunciato da mesi svela la fragilità delle strutture militari e di sicurezza russe. E potrebbe inaugurare una guerra civile dagli effetti imponderabili. Fino alla disintegrazione della Federazione Russa. Scenario sul quale a Kiev, ma anche a Varsavia e in altre capitali atlantiche, si lavora alacremente. Senza peraltro disporre di un piano qualsiasi per gestirne le conseguenze, a partire dall’eventuale perdita di controllo dello Stato sull’arsenale nucleare russo, che conta seimila testate.
La marcia su Mosca di Prigozhin, sospesa in extremis, è il culmine di un piano concepito da molti mesi. Al quale hanno dato mano ufficiali delle Forze armate e dell’intelligence, oligarchi disperati per la perdita delle loro fortune custodite in Occidente, esponenti della cerchia intima putiniana, ultrà nazionalisti. Nell’apparente atonia del capo. Il quale sembrava davvero sorpreso, ieri mattina, dalle notizie provenienti da Rostov, centro strategico caduto in mano alle milizie wagneriane. Senza il controllo di quella città, la logistica che tiene in piedi lo schieramento russo sul fronte del Donbas e dintorni entra in crisi.
Nei prossimi giorni avremo un quadro meno confuso delle forze in campo, in quella mischia che lo stesso Putin ha assimilato all’alba della guerra civile scoppiata nel 1917 a seguito del golpe bolscevico. Capiremo meglio se l’iniziativa di Prigozhin è di pura fabbricazione interna o se ha goduto di sostegni esterni, non solo ucraini. Quanto agli americani, se si rallegrano per il caos in campo nemico e per il sollievo che ne traggono gli ucraini, allo stesso tempo ne temono le conseguenze. La Russia in mano a un criminale comune, o contesa fra banditi vari, è un pericolo per tutti. C’è il rischio che troppe mani si aggirino attorno al bottone nucleare teoricamente affidato a Putin. Inoltre, non rallegra Washington l’estensione del conflitto che vorrebbero spegnere dignitosamente entro l’anno. Per tacere della penetrazione della Cina nello spazio russo, già visibile. Per gli Stati Uniti è quello il Nemico vero, l’unico in grado di minacciare il vacillante primato americano.
Il piano di Prigozhin è tutto scritto nei recenti messaggi affidati a Telegram. L’ultimo, datato 24 maggio, stroncava il senso dell’«operazione militare speciale». Altro che smilitarizzazione, «siamo noi che abbiamo armato l’Ucraina» scatenando il soccorso atlantico. Quanto alla «denazificazione», secondo il capo della Wagner oggi gli ucraini, semisconosciuti prima del 24 febbraio 2022, sembrano elevati al rango di antichi greci o romani. Il fallimento è da attribuire in primo luogo all’incapacità del ministro della Difesa Shoigu e del capo di Stato maggiore delle Forze armate, Gerasimov. Già pronti i sostituti, indicati per nome da Prigozhin: i generali Mizintsev e Surovikin.
Secondo Prigozhin, la colpa principale dei vertici militari russi è di avere mandato al macello i wagneriani nella fornace di Bakhmut per risparmiare le forze regolari. Da buon nazional-populista, Prigozhin si scagliava in quel messaggio contro i figli dei ricconi che «si puliscono le unghie in spiaggia» mentre decine di migliaia di giovani dei ceti bassi danno la vita per la patria: «Stalin non l’avrebbe permesso». La frattura nella società russa «può finire come nel 1917, con una rivoluzione» – parallelo ripreso e rovesciato ieri da Putin.
La compagnia Wagner è definita milizia mercenaria. Marchio discutibile. Il gruppo nasce una dozzina di anni fa per iniziativa del Gru, il controspionaggio militare russo, fra l’altro scettico sull’invasione dell’Ucraina, sponsorizzata dai fratelli coltelli dell’Fsb. È un reparto dello Stato profondo, un pezzo degli apparati di potere. La sua rivolta è perciò colpo di Stato, ad oggi in pausa. Nulla più nulla meno. Quanto basta per scuotere la Russia e il mondo.
Nell’immagine: Lucio Caracciolo
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