Il morto che cammina
Il rientrato “golpe” della Wagner sottolinea comunque il declino di Putin e ripropone il tema della Russia futura; cosa devono capire l’Occidente e le sue forze democratiche
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Il rientrato “golpe” della Wagner sottolinea comunque il declino di Putin e ripropone il tema della Russia futura; cosa devono capire l’Occidente e le sue forze democratiche
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Il rientrato “golpe” della Wagner sottolinea comunque il declino di Putin e ripropone il tema della Russia futura; cosa devono capire l’Occidente e le sue forze democratiche
Dal nostro corrispondente a Mosca
Qualche decennio fa il primo capo del Partito Comunista italiano (ancora prima di Gramsci), Amadeo Bordiga, intitolò un suo articolo “Il morto che ancora cammina”. Gli zombi nell’idea del comunista napoletano erano delle figure che pur sopravvivendo fisicamente a sé stesse sono politicamente morte.
È ciò che è avvenuto nella giornata di ieri a Vladimir Putin. Grazie alla mediazione del Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko la rivolta dell’esercito mercenario di Evgenij Prigozhin sarebbe rientrata e senza particolari spargimenti di sangue. Lo “Zar” resterà al potere ma ad interim, perché ieri in poche ore la sua stella è definitivamente declinata a fronte di avvenimenti che non era in grado né di governare né tanto meno di capire.
Non è un caso che nel suo discorso sia tornato a parlare del 1917 (rivoluzione anti-zarista e sconfitta della Russia nella prima guerra mondiale) semplicemente come di un incubo. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni e nei prossimi mesi. Tuttavia, al di là della cronaca, alcune cose appaiono chiare.
In realtà, più prosaicamente, ieri abbiamo assistito a un passaggio del declino del regime al potere dal 2001. Nel nostro libro “La Russia dopo Putin” abbiamo indicato dei motivi strutturali, per cui il regime di Putin era giunto storicamente al capolinea, pur riconoscendo di non essere in grado di sapere con quali tempi e modi ciò sarebbe avvenuto. La storia sceglie da sola e in modo imprevedibile le sue strade.
Evidentemente la stella di Putin sta declinando e, dopo ieri, lo percepisce persino chi lo sostiene a spada tratta. I dati del suo inverno demografico, il basso tasso di innovazione delle sue imprese, il sempre più complesso rapporto tra establishment e mondo della cultura sta lì impietosamente a ricordarci quanto da tempo un ottuso apparato burocratico ha smesso di essere aderente alle aspettative e alle esigenze della sua popolazione.
La scorsa notte, l’amministrazione della città di Voronez, dopo aver creato dei crateri sulle strade di maggior percorrenza per impedire l’avanzata dei carri armati di Prigozhin, ha iniziato a riassestarli alla meglio. Forse non c’è immagine che possa fotografare meglio il caos in cui è avvolta oggi la Russia.
Responsabilità dell’Occidente e di chi pensa a un futuro democratico di questo grande Paese è che l’inevitabile transizione al post putinismo non avvenga nella confusione o con svolte ancora più reazionarie di quelle che Putin ha già, purtroppo, impresso il 24 febbraio 2022.
Nella notte, in contemporanea, la popolazione di Rostov ha festeggiato, ballando e facendo selfie con i miliziani della Wagner, lo scampato pericolo. È umano, ma dimostra quanta simpatia ci sia intorno al populismo neofascista di Prigozhin in Russia, che riemergerà alla prossima crisi politica o militare. Egoisticamente come europei dobbiamo veramente iniziare a pensare a come salvare la Russia, per quanto può dare di positivo al nostro Vecchio Continente.
È tempo davvero che i democratici in Europa alzino la testa e inizino a immaginare una Russia indipendente, unita e sovrana. Fuori dall’Ucraina e senza Putin.
Nell’immagine: il centro di Rostov, ieri
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