Di diritti umani e di arida ritualità
Oggi giornata mondiale in difesa dei diritti umani; ma a che serve un appuntamento annuale, ritualistico e scontato?
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Oggi giornata mondiale in difesa dei diritti umani; ma a che serve un appuntamento annuale, ritualistico e scontato?
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Figuriamoci poi in questo periodo natalizio, di presunti cuori caldi e di un supplemento di generosità assai ipotetico. Utile, al massimo, per mettere un provvisorio cerottino (di qualche spicciolo) sulle nostre coscienze. Così anche per le ‘giornate mondiali’ su varie tragedie e di varia sensibilizzazione. Anche per quella dei ‘diritti umani’: si tratti di bimbi falciati dall’assoluta vergogna mondiale della fame; delle vittime di guerre lontane e vicinissime che le immagini tv contribuiscono straordinariamente a banalizzare; della tragedia di conflitti armati attorno a cui ci si infiamma e ci si accapiglia per capirne responsabilità, sviluppi, esiti (soprattutto per noi, mica per chi già crepa sotto le bombe); delle dittature di ogni genere e di ogni colore simil-ideologico; dei migranti ‘clandestini’ inghiottiti dalle onde di un mare o parcheggiati in campi di raccolta fatiscenti, sotto muri alti o cinti da filo spinato, nient’affatto diminuiti ma ormai sempre meno evocati e mostrati .
Intanto a chi affidiamo le speranze per tentare di porre termine alla ‘macelleria’ ucraina e alle sue conseguenze anche al di fuori dell’Europa caucasica, e per la difesa dei diritti di vita delle sue vittime sul campo? Li deleghiamo alla Cina, alla Turchia, all’ Arabia Saudita, ad altre dittature che si sostituiscono alla Russia imperiale e fascistoide per l’approvvigionamento di energia. Non proprio campioni dello Stato di diritto. Ma certo, non è ipocrisia, è semplice necessaria eterna indispensabile realpolitik.
Ma poi cosa è ‘diritto umano’? Meglio ancora: cosa non lo è, anche da questa parte del mondo? Un salario quantomeno dignitoso, l’eliminazione delle forme più ignobili di disuguaglianza sociale, il conseguimento della parità di genere, la salute del pianeta per garantire anche quella dell’umanità. Lasciando da parte i minuziosi e pretestuosi distinguo, queste e altre sostanziali necessità, non rientrano forse nel concetto di “diritti umani”, da applicare e non solo da proclamare?
Ci vuole davvero una ‘giornata mondiale’ per ciascuno di questi capitoli esistenziali? Non sono forse temi che andrebbero seguiti, analizzati, commentati, spiegati ogni giorno? Anche quando tutto, ma proprio tutto, e in particolare per il disimpegno il menefreghismo l’indifferenza di troppi anche in politica, sembra procedere nella direzione opposta, sembra in grado di spegnere ogni proposito, sembra muoversi gattopardescamente affinché nulla cambi, o molto troppo poco.
Meglio pensare, anche giornalisticamente, a un impegno quotidiano piuttosto che a una ‘giornata speciale’, a una ‘giornata mondiale’ che viene (tranne poche eccezioni) ritualisticamente, scontatamente, svogliatamente, molto inconsapevolmente e assai velocemente vissuta e ‘consumata’, in una sorta di celebrazione fatta delle stesse parole, stesse immagini, stesse invocazioni, stesse prediche. Immagino ora che per queste considerazioni si siano già alzati molti occhi al cielo, di disapprovazione. Ma certo, i riti sono comodi, facili, ’sacramentali’, quindi rassicuranti, e perciò da replicare con infruttuosa regolarità, senza porsi ‘inutili’ domande. Pazienza. E a domani.
Nell’immagine: Eleanor Roosevelt senza la Dichiarazione universale dei diritti umani
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