Il cantore appartato e ribelle della vita agra
A cento anni dalla nascita dello scrittore Luciano Bianciardi - Di Laura di Corcia
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A cento anni dalla nascita dello scrittore Luciano Bianciardi - Di Laura di Corcia
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A cento anni dalla nascita dello scrittore Luciano Bianciardi - Di Laura di Corcia
Il prossimo 17 dicembre ricorre il centenario della nascita di Luciano Bianciardi, uno degli scrittori più “irregolari” della narrativa italiana del secondo Novecento, che solo in questi ultimi anni, e dopo la sua scomparsa (avvenuta nel ’71) ha trovato progressivamente una giusta riconsiderazione critica ed un numero crescente di affezionati lettori.
Fra di essi, la scrittrice e poeta Laura di Corcia, che su Bianciardi ha scritto un originale radiofonico a puntate diffuso dalla Rete Due della RSI la scorsa estate e che per Naufraghi/e ha preparato questo personale omaggio. (red)
Mi sono avvicinata al percorso di Luciano Bianciardi tardi, una decina di anni fa, perché delle mie amiche autrici di Milano avevano proposto ad altri poeti e poete di trattare autori e autrici fuori dai canoni, dimenticati, rimasti ai margini della grande industria letteraria.
Per questo, un’estate, mi ero fatta arrivare in libreria il bellissimo “La vita agra” (1962) e lo avevo letto tutto d’un fiato durante una vacanza balneare. La sua ironia di matrice prettamente toscana mi aveva conquistata sin dalle prime pagine, portandomi ad estraniarmi dalla malia delle acque greche, e avevo seguito nello spazio di pochi giorni il suo percorso narrativo quasi autobiografico, in cui raccontava delle utopie giovanili e di Grosseto, del suo amore extraconiugale per Maria Jatosti, nel libro diventata Anna, del suo trasferimento prima a Roma e poi a Milano, l’amore-odio verso quella che Giancarlo Majorino aveva chiamato “La Capitale del Nord”, in un libro di poesia uscito quasi contemporaneamente a quel romanzo e volto a denunciare le brutalità striscianti e pungenti del terziario.
Bianciardi, oltre ad essere uno scrittore di grande talento e ruvido (non a caso è stato battezzato l’Henry Miller italiano, Henry Miller che lui stesso aveva tradotto per Feltrinelli), era soprattutto un uomo integro rispetto ai propri ideali. Quando Indro Montanelli gli propose, con “La vita agra” ancora fresco di stampa, di collaborare per il Corriere della Sera con un compenso non propriamente irrisorio, Bianciardi ebbe la faccia tosta di rifiutare. Un no coraggioso, ma coerente: il quotidiano di via Solferino aveva infatti minimizzato le colpe della Montecatini per l’incidente della Ribolla, che costò la vita a 43 persone nel 1954. Sulla Ribolla, oltretutto, Bianciardi si era speso in prima persona, insieme a Carlo Cassola, con un’inchiesta a quattro mani che denunciava condizioni di lavoro indegno e sfruttamento spinto da parte dell’azienda.
Accanto a questi no Bianciardi ne disse altri: no al lavoro fisso presso Feltrinelli, casa editrice con la quale continuerà a collaborare come traduttore free lance, no alle strette di mano e alle vie preferenziali, no a quello che lui definiva “Il lavoro culturale” (questo il titolo di un suo saggio del’64 piuttosto acuto e ancora oggi attuale), reo di svilire la cultura.
In effetti la delusione più grande Bianciardi la ebbe proprio dal suo più grande amore: la cultura. Insieme al già citato Majorino, Bianciardi condivideva l’idea che la rivoluzione dovesse partire dalla classe media. “La rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine – scrive nella Vita agra “Occorre che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che ha. La rinunzia sarà graduale, iniziando coi meccanismi, che saranno aboliti tutti, dai più complicati ai più semplici, dal calcolatore elettronico allo schiaccianoci. Tutto ciò che ruota, articola, scivola, incastra, ingrana e sollecita sarà abbandonato”.
Credo che sia essenziale prendere esempio da chi ha saputo incarnare con i fatti, e non solo con le parole, un messaggio politico. Per questo ancora oggi ha senso leggere i suoi romanzi e i suoi saggi, dialogare con lui a distanza.
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